venerdì 30 dicembre 2016

Per chi è di, o si trova a Firenze: CAPODANNO E PRESIDIO A I'ROVO!



CAPODANNO E PRESIDIO A I'ROVO
SABATO 31 DICEMBRE A PARTIRE DALLE ORE 20.30
I'ROVO - PER UNA TERRA SENZA PADRONI
Via del Guarlone 25 - Firenze Sud (Rovezzano) - Capolinea bus 20 via Comparetti

QUEST'ANNO, I' CAPODANNO NOIALTRI 
LO SI PASSA A I'ROVO.

Il capodanno scorso, I' Rovo non era ancora presidiato e abitato stabilmente come ora.
Per questo, la notte tra il 31 dicembre 2015 e il 1° gennaio 2016, 
qualcuno ne approfittò per attaccarlo, gettandoci una molotov dentro.
I danni furono enormi.

Quest'anno la situazione è cambiata radicalmente; magari, se ti viene la voglia,
approfittane anche tu per venire a vedere.

QUEST'ANNO SIAMO LA', SI PRESIDIA E SI FA FESTA.

A partire dalle ore 20.30 di sabato 31 dicembre,

VIENI A I' ROVO
PORTA QUELLO CHE TI PARE 
(roba da mangiare, dolci, vino, bottiglie), MA PORTALO.
LASCIA UN CONTRIBUTO LIBERO.

C'è la luce elettrica grazie a un pannello solare
Ma i tuoi contributi liberi saranno utilizzati per comprarne un altro.
Le stanze sono riscaldate.
Vèstiti comunque peso perché il 31 notte sono previsti i meno due o meno tre.
La roba gli è bona.

PE' VENIRE A I' ROVO:

- Puoi prendere il bus 20 e scendere al capolinea di Via Comparetti
(ma stai attento perché il 31 l'ultima corsa è circa alle 20, informati !)
Poi ti fai 300 metri a fettoni per via del Guarlone

- Puoi prendere il treno da Firenze SMN o Firenze Campomarte
scendendo a Firenze Rovezzano (vale anche biglietto bus)
(partenze da SMN: 18,22 - 19,22 - 20,22
arrivo a Rovezzano: 18,31 - 19,31 - 20,32)
Attraversi il sottopasso e sei già a I'Rovo

- Se vieni in macchina o con mezzo proprio:
Prendi via del Guarlone
dalla rotondona di via del Gignoro davanti all'Esselunga

CAPODANNO E PRESIDIO A I' ROVO

- Se sei stufo della solita festa in casa
- Se sei allergico a i' cenone alla Fantozzi
- Se 'un ti va il concertone di merda di Nardella & co.
- Se 'un sei lo snob che passa il capodanno da solo
bevendo buon whisky e ascoltando jazz più palloso di una conferenza di Mario Monti
- Se vuoi conoscere tipi parecchio strani, NO TAV pistoiesi e parkouristi di Gaza
- Se 'un ti va più nemmeno la cucina pentastellata d'i solito centrosociàle stalinista
- Se vuoi conoscere una realtà diversa nel tuo quartiere e nella tua città

VIENI A I' ROVO !!!! 



lunedì 26 dicembre 2016

Alessia, Centoquattordici.

Questa cosa qui, che mi accingo a scrivere, non parlerà di nulla.

Non parlerà di Aleppo, degli ambasciatori russi o degli insediamenti sionisti. E non parlerà nemmeno di vicende del mio quartiere, di impressioni dicembrine o di buffe cose viste sugli autobus.

Non parlerà di storie, vere o di fantasia. Non parlerà nemmeno di squallide vicende avvenute in centri sociali a Parma, in mezzo a presupposti antifascisti che filmano i loro stupri fascistissimi.

Come ho detto, non si parlerà di nulla. Il nulla è rappresentato da una ragazza chiamata Alessia, una delle tante.

Alessia sta passando, in queste ore, fugacemente da qualche giornale, da qualche sito. La si vede in una foto mentre sta baciando la sua bambina di quattro anni. Entrambe, la madre e la figlia, hanno sulla testa delle passate rosse, con cuoricini e babbo natale; Alessia, la madre, è, naturalmente, morta.

Alessia è, mi sembra, la centoquattordicesima donna ammazzata nel 2016, in Italia, dal cosiddetto partner: marito, fidanzato, amante. Oppure da un familiare. Oppure da un uomo; fa nulla, come il nulla.

Qualche tempo fa imperversava il “fare qualcosa per fermare”. E' nata pure una nuova parola che sembra essersi consolidata nel lessico italiano: femminicidio. Imperversavano, ovviamente, anche le discussioni: tutte e tutti volevano, appunto, fare qualcosa.

A suo tempo mi ci ero dedicato pure io. Dicevo sempre che tutto questo ha a che fare sia con le strutture sociali e relazionali, sia con il senso del possesso che trasforma, invariabilmente, una persona in cosa, in oggetto.

Strutture la cui modifica comporterebbe una presa di coscienza, personale e collettiva, che andrebbe a minare nel profondo alcuni capisaldi inalterabili. Come, ad esempio, la cosiddetta famiglia; ma non soltanto quella, chiaramente. Questo dicevo; poi ho praticamente smesso.

Il femminicidio si è consolidato; consolidandosi, è automaticamente tornato ad essere una cosa banale, quotidiana, che “fa notizia” solamente per la cronaca. E' tornato ad essere allegramente raptus, “delitto passionale”, resoconto più o meno commovente, pura “storia” il cui uso e consumo dura due, tre giorni al massimo.

Chiaramente, nessuno ne parla più, al pari mio. Andare a toccare strutture sociali e relazionali, sistemi interi e capisaldi di una società intera non va di moda, e non è mai andato.

E', esattamente, come toccare un altro pilastro, vale a dire il lavoro. Di “nemici del lavoro”, in questi anni, ne ho incontrati non pochi; però nessuno, io compreso, che non “lavorasse” e che non percepisse emolumenti più o meno regolari per il suo rendersi in varia misura schiavo.

Posso anche restare convinto di tutto quanto sopra. Posso anche restarlo, ed è il nulla. Non ho nessun mezzo efficace per non gettarmi nella solita lotta solitaria contro i mulini a vento. Sono uno che non sta scrivendo nulla, mentre termina l'ennesimo “natale”. E, intanto, anche Alessia è morta ammazzata, le trenta coltellate di prammatica, il raptus del suo compagno, l'oggetto quotidiano che si trasforma in perfetta macchina di morte (tratto da un cassetto della cucina), la villetta, il paesino, la bambina, la foto presa da Facebook, tutto.

Violenza, genere, “gelosia”, possesso. Violenza, famiglia, centoquattordici, possesso. E posso anche restare convinto, anzi molto convinto, di non stare scrivendo niente di niente; però sono tutte parole che mi vengono e mi ritornano in mente.

In questo anno 2016, tra le centoquattordici donne ammazzate dal partner, o ex partner, o chiunque, ce n'è stata anche una a duecento metri da casa mia. Una sera di metà maggio; l'ultimo incontro, il chiarimento tra due persone, un uomo e una donna, stati marito e moglie, stati “famiglia”, stati chissà cosa. Dentro una macchina, a duecento metri da casa mia, mentre non mi ricordo che cosa stavo facendo. Dormendo, scrivendo, fumando, guardando la televisione, qualsiasi cosa. Lei se n'era andata, perché esiste la libertà di andarsene. Aveva un altro compagno, perché esiste la libertà di innamorarsi, di perdere l'amore, di trovarne uno nuovo. Esiste anche la libertà di non trovare più nessun “amore”. Esiste la libertà, che è l'esatto opposto del possesso. Quaranta coltellate, date da lui a lei in quella macchina. Poi lui si è pure ammazzato, accoltellandosi da solo.

Qualche giorno dopo, nel quartiere, c'è stata una fiaccolata. Un piccolo corteo partito dall'abitazione di quell'essere umano di sesso femminile, e terminato al luogo dove quell'essere umano è stato fatto a pezzi dall' “amore”, dalla gelosia, dal possesso e da un sistema mentale e sociale.

Portava, quella giovane donna, lo stesso cognome di una persona di cui, tanti anni prima, ero stato brevemente ma follemente innamorato. Tutto è stato scordato, e non si può nemmeno pretendere che non avvenga.

E così, in questo scrivere e riscrivere del nulla, due giorni prima di “natale” è toccato a Alessia.

La cosa curiosa è che, da quel paesino, sono quasi convinto di esserci passato una volta. Ha un nome assai curioso. Sì, mi sembra proprio di esserci stato, una volta, nonostante sia lontanissimo da casa mia. La lontananza e i duecento metri.

Si dovrebbe, a questo punto, disquisire delle modalità, che poi sono, ovviamente, quelle che si leggono sui giornali e sui siti. Ma le modalità sono sempre quelle: tu mi appartieni. Tu non puoi “lasciarmi”. Noi siamo una famiglia.

Ecco, è questa -casomai importasse a qualcuno, e non ne sono per nulla certo- la cosa di cui non mi stancherò mai di essere contro. La famiglia. Io vado a toccare, nulla per nulla che sia, il nocciolo, l'atomo della materia. Vado a toccare l'elettrone del possesso sociale ed economico. Continuo a ritenerlo l'unico modo per fare qualcosa per davvero. Se si vuole rivoltare sul serio, non si attaccano le macrostrutture che sono effetti; si attaccano le strutture fondamentali, costitutive.

Già; ma come “attaccarle”. Con un “post” su un “blog”, per caso? Fosse poi un “blog” di quelli “top”; non mi occupo di moda, di fashion. Sono antifashista.

E posso anche esprimere il ribrezzo che mi fanno vicende come quella di Parma; posso anche esprimere solidarietà alla ragazza che è stata stuprata dai “compagni”, una parola che sarebbe meglio cassare definitivamente dal vocabolario in quanto anch'essa oggetto di ripetuto stupro. Posso anche, ma al tempo stesso non me ne stupisco. Frequentando certi luoghi, non mi è accaduto di rado di sentirli auto-definirsi cose come una “grande famiglia”, tutti per uno e uno per tutti, si va e si torna tutti assieme (magari fermandosi cinque minuti a violentare una tizia). E così, rieccolo il possesso. In posti, peraltro, strapieni di famiglie e famigliuole, di “amori”, di sessi e possessi, di storie e controstorie, di strutture umane lievitate e imposte come da qualsiasi altra parte.

Ed è quindi così che anche Alessia, centoquattordicesima del 2016, è morta. E sta già scomparendo dalle sue quarantott'ore di medio-bassa notorietà. Le famiglie oggi avranno festeggiato, comprese quelle dove si sta preparando una strage, dove qualcuno tirerà fuori dal cassetto, nel 2017, lo stesso coltello con cui era stato affettato, oggi, l'arrosto tanto buono o il panettone.

Nel 2017? Alt. Alla fine del 2016 mancano ancora sei giorni. Secondo le statistiche, domani dovrebbe toccare a un'altra ragazza, a un'altra donna. Toccherà a un altro oggetto posseduto e inalienabile. C'è ancora il 29 dicembre per la numero centosedici; poi si passerà al 2017.

Intanto, poiché ho parlato del nulla, mi arrotolo una sigaretta col tabacco “Pueblo”. Ultimamente sono passato ai drummini, come si dice quaggiù. Sul pacchetto del tabacco c'è l'immagine di una mamma fumatrice e snaturata, che tira una boccata di fumo in faccia a un bambino, biondo e decisamente brutto.

lunedì 5 dicembre 2016

Morto un cazzaro, se ne fa un altro



E così, il Cazzaro Fiorentino® (*) è stato mandato a casina sua, a Pontassieve, assieme alla brava e fedele mogliettina e a tutta la sua famigliuola. Impareggiabile, ieri sera, la commozione di Matteino mentre, annunciando le sue dimissioni dopo la spaventosa pedata nel deretano che gli è stata ammannita, ringraziava l'Agnese sapientemente inquadrata per qualche secondo dai cameramen, riuscendo anche in quel süpremo momento a coniugare finzione e arroganza; ma gliele avranno insegnate pure quelle, nei Boy Scout (visto che li ha citati pure nel suo discorsetto di dimissioni)? Chissà. 

Altrettanto impareggiabile, va detto, l'atteso teatrino dei vincitori. La "costituzione italiana" che Renzi voleva riformare, come sarà peraltro noto alle 14 persone che ancora leggono 'sto blog, non mi ha mai né entusiasmato, né sdilinquito o altro, e non sono mai riuscito a capire perché dovrebbe essere "la più bella del mondo" o, comunque, più bella di quella francese, o sudafricana, o del Suriname. Le "costituzioni" degli stati, generalmente, sono tutte la medesima zuppa di meravigliosi princìpi, di eguaglianze, di parità, di libertà e quant'altro; peccato che siano tutte quante carta straccia, fuffa nata da compromessi, da "assemblee costituenti", da gran giuristi per i quali "diritto" e "astrazione" hanno sempre fatto rima baciata. Però, vedere certi individui che ora fanno i "difensori della costituzione" è uno spettacolo assolutamente comico, e non lo dico perché i comici® sono oramai diventati parte integrante della politica istituzionale di questo paese.

Insomma: Morto un cazzaro, se ne farà un altro. Si passerà dal Cazzaro Fiorentino® al Cazzaro Genovese®, o al Cazzaro Milanese® (Milano, di cazzari, ne sforna a getto continuo). Dal cazzaro delle "riforme" con tutta la sua corte leopoldiana (aveva arruolato persino, nella sua kermesse, la donna sfregiata con l'acido e il medico dei profughi; ma si saranno resi conto a che cosa si sono prestati, e a quale scopo?), ai cazzari del populismo, delle "exit" e di tutto il resto. Cazzari che non aspettano altro che di "riformare" a loro volta, vale a dire di riformare il Nulla®. Ci attendono altri tsunami di Rinnovamenti, di Anti-Casta e via discorrendo, magari sulla scorta del Megacazzaro® che è andato di recente al potere negli Stati Chiave d'America battendo una congerie di altri cazzari che, peraltro, avevano recentemente ospitato in pompa magna il Cazzaro Fiorentino® e la sua corte alla Casa Bianca. 

Ci toccava vedere, ieri sera, uno come Renato Brunetta che sembrava, dai toni che praticava, appena sceso dalle montagne col fucile in mano, dopo avere eroicamente lottato per la libertà. Ci toccava vedere un nazista grassoccio e untuoso come Salvini che faceva il Costituzionòfilo®; il che, agghiacciantemente, forse la dice tutta sia sul suddetto, sia sulla "costituzione" stessa. E, più che altro, ci tocca eternamente vedere una "incazzatura popolare" che si traduce in matite (più o meno cancellabili), in urne, in cabine, in percentuali e in bandiere.

Dicono che, col voto di ieri, siano state "sconfitte" le tecnocrazie finanziarie nazionali e internazionali, e che i loro esecutori (come Renzi, ma ovviamente non solo lui) siano stati "spazzati via". Ora, vorrei fare una retorica domanda a tutti e tutte: ma ci credete veramente? Cioè, credete che un minus habens come Grillo, munito d'altrettanta corte fatta di giovanottine in tailleur e trentacinquenni dalla faccina pulita più o meno imbarbettata, abbia intenzione di prescindere dalle tecnocrazie eccetera? D'accordo, non ce lo vedete. Allora ci vedrete Salvini, ci vedrete Brunetta, ci vedrete tutti quelli delle ricettine semplici semplici, l'uscita dall'Euro, l' "exit" dall' "Europa" munita di immancabile prefisso e quant'altro. Insomma, dàài, ci vedrete tutta una serie di altri cazzari che non sarebbero capaci di uscire nemmeno da un cesso con la serratura guasta, figuriamoci da un sistema. Perché è quella, la paroletta che non si può nemmeno azzardare a pronunciare.

Dicono anche che, ieri, il "popolo" si sia rotto i coglioni di essere "trattato come merce".

Quando il "popolo" si incazza davvero, di essere trattato come merce, di solito però fa in un altro modo, o perlomeno faceva, in modi un po' diversi da un referendum del cazzo. Io non sarei così certo che il "popolo" abbia poi poi tutta questa gran voglia di non essere trattato come merce, quando la merce è ciò a cui aspira, ciò che fa la differenza, ciò che sta profondamente dentro la testa e che, oramai, impronta le vite di (quasi) tutti, le relazioni umane e sociali, l'esistenza fin dalla sua prima scintilla. I mercati, insomma. Dal Mercato, nessuno (o quasi) vuole uscire. Nessun "mercatexit". Meglio uscire dalle "unioni europee" e dalle "monete uniche"; pensate un po' se saltasse fuori qualcuno, invece, che vuole uscire fuori dal Denaro. La "soldexit". O qualcuno che vuole uscire fuori -ahhhhh, lo sto per dire!- dal Capitalismo®. 

Con cosa, con un referendum? Cambiando un cazzaro di destra di Firenze con un altro cazzaro di destra di Genova, di Milano, di Timbuctù, in un paese peraltro assolutamente marginale, e che riceve attenzione solo in quanto tassello, o ingranaggio? Se vi contentate, auguro a tutte e tutti un buon Cambio di Cazzaro®. Magari il prossimo, la vostra cara e bella costituzione, che oggi difende tanto accoratamente assieme alla Democrazìa® e alla Libertà®, ve la cambierà pure senza il referendum; ma tanto, su, confessate: non è che ve ne fregava granché, della Costituzione, del Senato, del "CNEL" e di quant'altro.

Ve ne fregava, e anche giustamente, di mandare a casa un arrogante pupazzetto, l'ennesimo imbonitore prodotto da una matrjoška di poteri, il solito riformatore innovatore di qualcosa che non può essere né riformato e né innovato, perché i suoi meccanismi sono sempre quelli. Ora soltanto con un po' di tecnologia di controllo in più, mettiamola così. Benissimo: lo avete, lo abbiamo mandato a casa, almeno per un po'. Nunc est bibendum. Domani è un altro giorno, e in questo domani sarete, saremo esattamente la stessa merce di prima, in attesa che Dio ci veda in un'altra cabina elettorale, prima o poi. O anche no.

Altre dimissioni, poi. Altre mogliettine, altre lacrimucce, altre "riforme". Terminerà anche la stagione del "populismo", e verrà chissà che cosa nel rimescolamento interno di qualcosa che non dovrebbe essere rimescolato, ma fatto esplodere. Costa carissimo, non essere più merce. Costa molto più del marchingegno elettronico, o del pranzo a strippapelle, o di qualsiasi oggetto e merce che ti accingi ad acquistare per il Natalino prossimo venturo. Costa molto di più anche della tua fame, autentica o finta, della fame che ti spinge a montare su un barcone o di quella che dichiari perché hai la "famiglia che non arriva a fine mese" o roba del genere. Costa troppo, e allora è meglio spedire a casa il Cazzaro Fiorentino®.

(*) Usuale definizione di Alessandra Daniele su "Carmilla Online". (ndr)

Post Scriptum:
Che goduria, però!
(e vabbè.)

domenica 4 dicembre 2016