giovedì 21 gennaio 2010

Spazzatura 2, ovvero Il signor D.T., il "razzismo" e il Modello Prào


È cosa buona e giusta ('άξιον έστί), anche se magari non sarà fonte di eterna salvezza, colpire nel segno. Quando si colpisce nel segno, non lo si vede da eventuali reazioni positive da parte di persone che hanno almeno un barlume di comune sentire; lo si vede, al contrario, dalle reazioni opposte. Come, ad esempio, quella che al mio post di ieri (il link non lo metto, basta scorrere la pagina) ha avuto un signore pratese di cui, ovviamente, riporterò soltanto le iniziali: D.T. Per onestà, però, e anche ad onore del signor D.T., dirò che si è palesato con nome, cognome, indirizzo e numeri di telefono; e questa è una cosa che io apprezzo sempre oltremodo.

Il signor D.T., per farla breve, mi ha spedito la seguente e-mail che mi pregio di riportare integralmente:

Salve Volevo ringraziarLa perchè, come dicono gli odiati yankee ha " raised the bar ", dei luoghi comuni dell'invidia anarco-sinistroide, ovvero quella area di pensiero talmente slegata dal sentire comune, così distante dalle necessità reali delle persone e dalla serena visione delle cose, che ormai neanche suscita quella rabbia che tanto cerca. Il divertente di tutto è che, al di là di alcuni Suoi commenti magari condivisibili nel merito sia pure non nella forma, traspare dalle Sue parole una violenza ed un razzismo assolutamente incomparabilmente più grande dei disperati esasperati cittadini pratesi. Nella speranza di vederLa abitare accanto ad uno stanzoncino di PERSONE cinesi La saluto cordialmente.

Mi sono premurato di inviare immediatamente tre righe di risposta al signor D.T., che peraltro vorrei ringraziare in pubblico: chi aderisce comunque all'invito di contattarmi personalmente merita sempre un ringraziamento. Però la mail del signor D.T. mi dà lo spunto per addentrarmi un po' più nella questione, cosa che vado a fare.

Il signor D.T. mi accusa in primis di fare ricorso ai luoghi comuni dell'invidia anarco-sinistroide, cosa che a suo dire sarebbe slegata dal sentire comune e dalle necessità reali. Così facendo, ohimé, usa a sua volta tutta una serie di luoghi comuni. Mi pregio invece di non appartenere, orgogliosamente, a nessuna "area di pensiero", tranne il mio. Ciò detto, bisognerà che faccia presente al signor D.T. alcune cose, e lo farò in forma di domande retoriche. Del tutto serene, come la visione invocata dal signor D.T.

1) Dov'erano, i disperati esasperati cittadini pratesi quando, prima della calata dei cinesi, tolleravano che nelle ditte e dittarelle tessili si lavorasse venti ore al giorno, con gli operai che a volte dormivano in locali improvvisati all'interno dei capannoni? La cosa non li toccava? La consideravano legale? Invocavano le retate? A Prato, fùlgida isola felice, non esisteva il lavoro in nero? Erano tutti regolari, i lavoratori che invece di venire da Guangdong, Pingpong o Kingkong, venivano da Castrovillari, Marcianise o Tricarico? E come mai, ben prima dei cinesi, c'erano così tanti incendi di capannoni? Tutti corti circuiti? Autocombustione?

2) E dov'erano, i cittadini pratesi disperati esasperati quando qualcheduno, sicuramente anch'egli tacciato di essere slegato dalla realtà e magari anche anarco-sinistroide, diceva loro che il "modello di sviluppo" basato su un solo settore, senza alcuna diversificazione e perdipiù frammentato in miriadi di ditte con meno di quindici dipendenti (al di fuori, quindi, dello Statuto dei Lavoratori), avrebbe prima o poi portato ad una crisi drammatica? Preferivano, i cittadini pratesi e in particolare il loro illuminato ceto imprenditoriale, accumulare, accumulare, accumulare senza rendersi minimamente conto (per miopia, per scarsa intelligenza, per ingordigia) che nel mondo stava nascendo e crescendo una concorrenza a bassissimo costo di manodopera che li avrebbe prima o poi travolti. Un ceto imprenditoriale serio avrebbe programmato dei sistemi per fare fronte a tale evenienza che si stava profilando sempre di più; macché. Gran discorsi, spesso arroganti, tronfi e boriosi, sulla locomotiva trainante, un senso di superiorità assolutamente fuori luogo, progetti faraonici (poi andati al macello), eccetera, eccetera.

3) Dov'erano i citoyens pratois esasperati & disperati quando, alle prime calate dei cinesi, affittavano loro case, casette, capannoni, capannucce, locali, sgabuzzini, laboratori, stamberghe e appartamenti, senza storcere tanto il nasino perché i cinciampài arrivavano con paccate di soldi che passavano direttamente nelle loro mani? Chi ce li ha attirati i cinesi a Plào? Ci sono arrivati in massa perché hanno visto il terreno fertile, e gente che per il denaro era disposta a farli arrivare a migliaia. Nel frattempo, in Cina si stava sviluppando un'enorme industria consimilare, con una forza lavoro in confronto alla quale Plào fa la figura del Prato Calcio rispetto al Real Madrid. Ma che importa: bastava averci i sòrdi, i quadrìni, i' conquibus. Spesso utilizzato per ostentare un benessere e una ricchezza che si stavano trasformando in un boomerang. E lo si è visto.

4) Dov'erano i Pratese citizens disperesasperati quando qualchedun altro (sempre anarcosinistroide & slegatodallarealtà, ça va sans dire) diceva loro: "Beh, occhèi, la Cina sta diventando la prima potenza economica mondiale, voi ci state già facendo affaroni, ormai ce li avete in casa: fate da ponte, in qualche modo. Dimostrate di essere aperti, sia dal punto di vista economico che da quello culturale, ché non ve ne potrebbero derivare che benefici." Nulla da fare. Si è preferito insistere sui luoghi comuni, quelli sì autentici, dell'isolamento, dell'autosegregazione, dei cinesi tutti uguali, delle mafie, del puzzo di fritto, del rumore 24 ore al giorno. O che non ce n'erano, di puzzo e di rumore a Prato, anche prima dei cinesi? Cos'era, un Eden che olezzava di verbena? Le mafie cinesi sono diverse dalle mafie "imprenditoriali" al di fuori di ogni controllo sindacale, con la complicità di un potere politico che faceva finta per di più di essere "comunista"? Com'era la qualità della vita quando gli operai non avevano altra prospettiva che lavorare, lavorare, lavorare e basta? Glielo rinfacciate ai cinesi, ora?

5) Infine, che tipo di "società modello" sarebbe quella pratese, fatta esclusivamente di denaro, di famiglie intere che fanno a gara a buttarselo nel didietro tra genitori, figli, cugini, zii nel nome del profitto (sono peraltro stato, in termini che non posso rivelare, testimone diretto di un clamoroso caso del genere), di lussi di arricchiti, di vuotezza, di ville e villette, di macchinoni, di matrimonioni con 600 invitati, di corna istituzionalizzate? Sarebbero questi i famosi valori?

Queste le domande retoriche alle quali il signor D.T., e chiunque altro, potrà dilettarsi -se lo vorrà- nel rispondere. Ve ne sarebbero molte altre, ma per ora mi fermo qui -anche per non far assumere a questo post le dimensioni dell'elenco del telefono.

Ovviamente è stato comodissimo, a un certo punto, fare dei cinesi il capro espiatorio di tutti i mali di Prato. Comodissimo, perché il pratese non ha mai amato ripensare a se stesso, al proprio "modello" dove si specchiava e rimirava come Narciso, alla propria scarsa capacità di previsione, e in parecchi casi anche alla propria boriosa stupidità. Noi 'e s'è sempre andahi avanti, A noi 'un ci fa le scarpe nessuno, Noi s'è sempre trovaho i' sistema, Tutti i cenci prima o poi hanno da passà pe' Prào, 'E ci s'ha Curzio Malaparte, i' Cihognini, i' Buzzi e i' Museo Pecci co'i bananone, 'E ci s'ha Pratilia e via discorrendo. Argilla. A Prato ci sono tanti cinesi quanti ce ne stanno in tre isolati di Pechino o di Shanghay, e gli sembrano pure tanti. Questi stanno oramai conquistando il mondo, e i' ssindaho 'e gni fa cancellà' le insegne.

Io trovo logico, e questo lo dico del tutto sinceramente al signor D.T., che a un certo punto sia stata abbandonata la farsa della "sinistra" in una città che di sinistra non aveva, e probabilmente non ha mai avuto, assolutamente niente. Tutto è accaduto in un momento in cui, grazie anche alla minuziosa e criminale preparazione mediatica, alla crisi che puntualmente si è abbattuta come un maglio su Prato (mettendo a nudo tutta l'inconsistenza, la fragilità e la falsità di un "modello" economico e sociale superato dalla storia, e in un mondo dove volenti o nolenti non esiste oramai più nemmeno la geografia) e all'insorgere di paure, insicurezze, razzismi e intolleranze mai viste prima, il cambiamento tanto agognato si è verificato nelle modalità oramai consuete.

Fumo negli occhi. Le "retate", la "lotta contro l'illegalità" (ma da una parte sola: l'illegalità cinese viene "retata", quella italiana viene non solo tollerata ma addirittura incoraggiata), le "ordinanze spettacolari" che fanno tanto notizia (non soltanto a Prato, ovviamente), la carogneria oramai senza più freni. E, ovviamente, l'esaltazione da parte di qualcuno. Vorrei a questo punto chiedere al signor D.T. che effetto gli fa essere additato, proprio oggi, a "modello", da quest'altro signore qui -che ha parlato esplicitamente di "modello Prato":


Sì, proprio lui, con tanto di cravatta verde, nonché ministro dell'interno. Lo chiedo al signor D.T., visto che Meadow (come direbbero gli yankee, e visto che io ho rasato i' bàrre o come cazzo si dice) sta funzionando da perfetta "testa di ponte" per lo sbarco dei padani in terra di Toscana; o stai a vedere che, prima o poi, il Bisenzio verrà deviato per andare a sfociare nel Po. E stai pure a vedere che, magari, un giorno o l'altro i cinesi se ne andranno tutti quanti via da Prato, lasciandola marcire nella sua meritatissima merda. Se ne andranno a far cenci in Cina, sommergendo il mondo di stracci cinesi, e spanciandosi dalle risate a proposito di un'insignificante cittadina vicina a Firenze, che annaspa e affonda senza più né rumore, né puzzo, né capacità di reinventarsi. Prato aveva una una sua funzione, una sua ragion d'essere ed una sua utilità in un mondo e in un mercato che non esistono più; ed è simpatico che questa cosina, assolutamente elementare, la debba far presente un anarcosinistroide ad un "realista" come si presenta il signor D.T. Prato, nel mondo d'oggi, non serve più a un cazzo. I cenci li fanno e li lavorano dappertutto. Un tessile di qualità mediobassa come quello in cui Prato è sempre stata specializzata, esiste oramai ovunque e a prezzi concorrenziali. Prato paga la sua cecità; altro che "cinesi".

E lo dico forte e chiaro al signor D.T. che mi dà di razzista "viulento". Glielo chiedo anche perché, en resumidas cuentas, non mi sembra affatto un "leghista", un "fascista" o roba del genere; tutt'altro. Sono anzi relativamente certo che sia (o sia stato) un elettore o un simpatizzante del Partito Democratico, con il suo richiamo al "sentire comune" e alle "necessità reali". Addirittura un ex adepto del grande Partito Comunista Italiano; e, del resto, pure Maroni era di "Democrazia Proletaria". Ma tanto, se non saprà rivoltolare davvero e completamente le sue radici, guardando dentro se stessa, Prato è fottuta lo stesso. Si figuri il signor D.T. a cosa serviranno le "retate", l'assessore Milone, i' ssindaho Cenni, il Morganti legaiolo e tutti questi altri buffi personaggi (ivi compresi i ministri) di fronte a un paese di due miliardi di abitanti che si avvia ad essere la prima potenza mondiale. Allora la collina di Spazzavento adempierà al suo nome.