domenica 4 aprile 2010

A giro per blog (5 e fine): Ἐκβλόγγηθι Σεαυτόν Asocial Network


Prima di riprendere i miei raccontini lasciati in sospeso, vorrei con questo post mettere fine ad una delle cose che avevo iniziato. In realtà non doveva terminare qui, anche se l'intenzione primitiva era quella di parlare di un altro po' di blog altrui: il post in cui parlavo del mio doveva essere comunque l'ultimo. Poi, forte del vecchio detto per cui la via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, mi sono convinto a soprassedere. Non è automatico che i titolari di altri blog, che pure continuerò a trovare interessanti e degni di essere letti giornalmente, gradiscano le mie osservazioni. Indi per cui, anticipo la fine di questo "ciclo" con questo autopost, in cui proverò a parlare di questo blog ponendomi come osservatore esterno. Ritengo peraltro che sia sempre un utilissimo esercizio giudicare le proprie cose in modo assolutamente distaccato.

L'assunto è che un blog, in quanto diario personale, rispecchi almeno in parte il carattere, la personalità e le opinioni di chi lo scrive, e che ne registri le variazioni, le coerenze, le incoerenze e le posizioni. Francamente, non sono certo che mi sia sempre riuscito; e, forse, è un compito al di là delle possibilità umane. Non dico questo per giustificarmi né per trovare facili scappatoie, ma perché è quel che traspare dalle riletture che, periodicamente, effettuo di quel che ho scritto. Ho troppe più cose dentro, e addosso, di quelle che sono capace di mettere nero su bianco. Troppi grovigli, troppe contraddizioni, troppe strade che si intersecano a formare veri e propri labirinti. Giunto ad una certa età, e con sulle spalle la mia bella e ragionevole dose di ogni cosa e del contrario di ogni cosa, credo sia venuto il momento di accettarmi così come sono. Cosciente di quel che mi sono lasciato dietro, compresi i disprezzi. Senza pormi problemi di meriti, di giustizie o di ingiustizie. Senza più seguire, o inseguire, vite e fatti altrui. Accettarsi significa, principalmente, prendere coscienza dei propri fallimenti, perché la vita è un meraviglioso fallimento punteggiato da qualche scintilla.

Ora, davvero non so se di tutto questo è reso pienamente conto in questo blog. Quasi sicuramente no. Ci sono le mie storie, i miei posti, le mie "avventure" reali o immaginate, spesso con un viluppo di realtà e immaginazione assolutamente inestricabile. È, questa, una mia caratteristica. Praticamente da sempre non riesco a vedere il confine tra realtà e immaginazione, con tutto ciò che ne consegue in bene e in male. È come se vivessi sempre on the border, e con il grave difetto di dare tutto ciò per scontato. Trovo a volte impossibile che gli altri "non capiscano", ma devo oramai prendere atto che hanno tutti i sacrosanti diritti di non capirlo. In questo modo ho perduto molte persone cui tenevo; persone che comunque non andrò mai né a disturbare, né a richiamare. Gli eventi hanno seguito il loro corso, e gli eventi sono sovrani: faber est suae quisque fortunae. Se c'è una cosa che, però, vorrei che trasparisse da questo blog, è il mio totale rifiuto del rimpianto. Non perché non sia conscio dei miei sbagli (e anche di quelli altrui), ma perché il rimpianto è aggiungere irrisoluzioni a irrisoluzioni. Alla fine si taglia: quel che stato è stato.

È, quindi, un blog enormemente disuguale, e senza nessuna "regola". Ha cambiato nome, e non è escluso che lo cambi ancora. Va terribilmente "a periodi", saltapicchiando dalle attualità alle introspezioni, dalle allegrie alle tristezze più nere, dalle pesantezze alle leggerezze. Ci sono momenti in cui vi si scrive molto (e forse anche troppo), ed altri in cui non c'è niente. Ci sono, inutile dirlo, idiozie belle e buone. Vi si passa da un presupposto "impegno" a un disimpegno totale, ex abrupto, senza alcun preavviso. Vi si intuisce una pluralità che è una delle cose più complesse con le quali l'autore ha dovuto sempre fare i conti, e che gli ha provocato al tempo stesso le soddisfazioni più grandi e le delusioni più cocenti. Ma è solo un granello, un frammento. Tra le cose che è necessario accettare, e decisamente con rassegnazione, è l'impossibilità di raccontarsi appieno. Nonostante ciò, l'autore del blog persisterà nel farlo, dato che questo gli sembra l'unico motivo valido per tenere un blog che non sia "settoriale", vale a dire esclusivamente dedicato a uno specifico argomento.

Detto questo, e smettendola di parlare di me in terza persona, vorrei concludere parlando brevemente del modo in cui -attraverso questo blog- mi rivolgo agli altri, vale a dire a chi mi legge.

Questo blog non è niente di speciale. Non ha proprio nessuna "verità" da propagare, né esempi da fornire. È, a modo suo, una storia (o una storiella) continua. È principalmente un modo per dire a me stesso di essere vivo, e nient'altro. Può darsi che questo, a volte, risulti sgradevole; ma non sono più preoccupato di fornire "immagini" di me stesso, o di crearmi determinate aure. Tutt'altro. Troverei comunque artificiale e forzato mettermi a parlare dei miei difetti, che comunque appaiono chiaramente da tutto ciò che scrivo. Parlare troppo a viso aperto dei miei difetti sarebbe un'insopportabile captatio benevolentiae: "Hai visto bravo, com'è obiettivo nei confronti di se stesso, che ganzo". Nulla di tutto questo. Quel che avete di fronte è una persona che non conoscete e che non conoscerete mai, anche perché il diretto interessato già fa una fatica improba, e sovente vana, a conoscere se stesso (da qui il titolo del blog, che fa il verso al γνῶθι σεαυτόν socratico). Ho smesso da tempo di credere nei "rapporti in rete", e questo ne fa autenticamente un blog "asociale"; al tempo stesso, e con dei meccanismi che trovo impossibili da spiegare, il mio è un vero e proprio grido di socialità, di scambi, di relazioni.

Vorrei che chiunque leggesse questo blog lo trovasse davvero come gli pare. Anche orrendo. Anche imbecille. Anche falso. Tutto quel che vorrei è che mai lo si trovasse disumano. È stato scritto, a volte, in condizioni non facili da descrivere. È stato scritto, e continuerà ad essere scritto, perché in un buco qualsiasi di questo pianeta esiste un dato essere umano; e ne esistono altri, e altri, e altri ancora. Buonanotte.