giovedì 28 aprile 2011

Quando li toccano.


Quando li toccano.

Quando li toccano, coi loro etilometri,
con le loro usuali famigliuole (che a volte sterminano),
quando li toccano coi loro controlli
che potrebbero benissimo fare a meno di fare.

Quando li toccano coi loro giornali,
coi loro sindaci, coi loro parlamenti,
coi loro portatori di forche,
con quelli che "ma perché non hanno sparato"
quando li toccano coi loro giri di vite,
quando li toccano coi loro doveri,
quando li toccano con le loro regole,
con le loro certezze della pena
con i loro "devono pagare",
con le loro crocifissioni già pronte
con le loro interviste ai poveri genitori
con le loro bave
con i loro pesi e le loro misure,
quando li toccano.

E allora paginate, e titoli, e spiegazioni
e teletutto, e solidarietà, e penedimorte
che farebbero impallidire lo squartamento di Damiens.
Perché tutta la legge e l'ordine che invocano
stanno producendo soltanto più disordine.
Tamburi, grancasse, orchestre,
quando li toccano.

Dicono che fanno un mestiere pericoloso
ma non mi risulta che ne muoiano a migliaia ogni anno
come gli operai edili, come i vuotatori
di cisterne, come i manovratori di macchinari,
come qualsiasi altro lavoratore;
dicono che fanno un mestiere pericoloso,
che è quello di portare dentro
persone che nelle galere muoiono ben più di loro.
Lo sapranno, le loro mogli, i loro genitori,
i loro figli, quando li toccano?

E quando toccano loro.

Italiano, carabiniere, accusato di avere ucciso la moglie.
Baricella, 2 aprile, una donna di 35 anni.
Il marito, appuntato dei carabinieri.
Tre carabinieri e un vigile,
accusati di stupro.
Italiano, ex carabiniere, aveva già ucciso la compagna;
esce dal carcere e commette di nuovo violenza.
Ex carabiniere, Quartu Sant'Elena, Sardegna:
uccide l'ex suocera, ferisce l'ex moglie,
uccide il nuovo compagno della sua moglie, famigliuola, figli, dovere.
Questo soltanto nel 2011,
come leggo da Bollettino di Guerra.
Nessun sindaco.
Nessun articolista di giornali di regime.
Nessun presidente di consiglio, regione, quartiere, bocciofila.
Nessun "rave party".
Carabiniere, arriva a casa, sorprende la figlia
tredicenne, una bambina, su "Facebook"; le spara alla nuca,
lei morta, ferita la sorellina quindicenne.
Due righe.
Era stressato.
E lo stress, si sa, uccide.
Due righe se va bene.
Il "riserbo".
Bisogna capirlo, poveretto.
Tutti i giorni in mezzo agli etilometri,
0,57%, ritirare patenti, sequestrare,
arrestare.
O trascinare in un furgone Franca Rame.

Sorin Calin, rumeno, anni ventiquattro,
arrestato a Montecatini Terme per aggressione alla fidanzata,
massacrato in caserma dai carabinieri,
ventuno ottobre duemilanove.
Controlli, controlli, controlli! Sicurezza!
Rovereto.
Stefano Frapporti viene fermato a un semaforo
da due carabinieri in borghese:
era passato col rosso, in bicicletta.
Lo picchiano, lo trascinano in caserma,
lo portano in cella senza permettergli nessun contatto
né con la famiglia, né con l'avvocato;
la mattina dopo Stefano Frapporti lo trovano impiccato in cella,
quarantotto anni, la mia stessa età,
impiccato in cella.
Si chiamava Tarzan, Tarzan per davvero,
Tarzan Sulic, undici anni, piccolo nomade,
Ponte di Brenta, 24 settembre 1993.
Fermato per due piccoli furti
assieme alla cuginetta, Mira Djuric, tredici anni.
In caserma, botte, schiaffi
e poi a un carabiniere spunta la pistola,
quella che sui giornali giornaloni giornaletti
ora invocano a gran voce.
Tarzan Sulic, undici anni, morto sul colpo.
Mira Djuric, tredici anni, ferita gravemente.
La "certezza della pena":
il carabiniere assassino di bambini
e il comandante della caserma di Ponte di Brenta
vengono allontanati.
Nessun presidente di regione per loro.
Anzi, il presidente di una regione
si fa ricattare da dei carabinieri delinquenti
che lo hanno incastrato
nei suoi vizi privati
(corrispondenti naturalmente alle pubbliche virtù).

Pochi nomi e pochi fatti,
quelli sopra.
Li conoscevate?
Ne sentite parlare, di quando toccano?
Li avete visti i paginoni sui giornali?
E si osservi:
mi sono guardato bene, finora, dal nominare
genove e placaniche,
macellerie e estintori,
delorenzi e colpi di stato,
e gli obbedienti servitori delle leggi speciali,
padri di finti moralprogressisti
e di feroci conduttrici di trasmissioni false,
quelle coi giudici integerrimi in pensione.

Oh come ama i servi dello stato questo paese!
Il maresciallo Rocca, e addirittura
il tenente Riccardo Venturi.
Ama Salvo d'Acquisto
e magari ama anche i carabinieri di Salò,
e quelli collusi con la 'Ndrangheta
(Fiscarelli, Policano, Venuto i loro nomi)
e magari li ama ancora di più
quando una banda di ragazzini stracotti
strafatti stratutto li piglia
a randellate una serata qualsiasi
guadagnandosi l'odio perpetuo
di una nazione ricca di umanità e di virtù
com'è attualmente la Centocinquantànnia
unitissima e coi tricolori alle finestre
(peraltro già preda dello smog e dei piccioni).

Stigmatizzazioni,
quando li toccano.
Quando li toccano
s'aprano forche e segrete,
si compri la "Nazione",
e si osanni il Sindaco del Bello
che afferma: "Devono pagare".
Pagheranno carissimo un quarto d'ora di follia,
ma non ha pagato un bel nulla
il carabiniere ausiliario Francesco Tramontani,
braccio poggiato su un'auto per prendere meglio la mira
e poi una serie di colpi esplosi in rapida successione.
Bologna, undici marzo 1977.
Muore Francesco Lorusso
mentre sta scappando senz'armi.
La certezza della pena di Tramontani:
viene arrestato mesi dopo,
si fa un mese e mezzo di galera
e poi
processato
viene prosciolto
per aver fatto
"uso legittimo delle armi".
Quando toccano loro.

Dovrò terminare, ora.
Non provo alcuna simpatia per delle teste vuote
e per le loro feste, per i loro "sballi";
forse neppure sono in grado di capirli,
o non me ne importa nulla di capirli
e sono sempre più felice
di non avere avuto figli
perlomeno a me noti.

Vivo la mia vita coi miei amori e coi miei odi,
e con le mie indifferenze,
e con le mie paure e le mie vigliaccherie
e con i miei segreti e le mie sigarette spente a metà.
Ma di fronte all'ipocrisia merdosa
io mi ribello.
E non ho nessun timore
né pudore
nel dirlo.
Nessuna intenzione di santificare
le cretinate immonde che profferì San Pierpaolo.

Mi auguro che quelle persone
vivano e guariscano
perché non desidero rinunciare a quella
che ritengo una necessaria umanità,
ma non era loro "dovere"
perché il dovere è l'arma più tremenda
inventata per renderci tutti schiavi.
Non devono niente.
Che se ne rendano conto.
E ci risparmino le lacrime delle loro madri
perché le lacrime delle madri
di coloro che
sono caduti per mano loro
non le abbiamo mai viste,
non le vediamo
e non le vedremo mai.
Non sono "vittime del dovere", quelle;
l'unica cosa che intendevano dovere era dover vivere
e anche dovere sbagliare.
E hanno dovuto pagare spesso con la vita
il male fatto in un'ora
o in un quarto d'ora.
Come diceva un genovese
morto.

E a te, articolista, opinionista, istituzionista,
politichista,
auguro di cuore
che un giorno ti bussino alla porta
e traggano via tuo figlio.
Che vengano da te i tuoi colleghi
e che ti mostri piangente e esterrefatto
e che tu dica loro:
"è un bravo ragazzo...è sempre stato tranquillo..."
Ti auguro che te lo facciano ritrovare
tumefatto
picchiato a sangue durante il fermo,
e magari, perché no, morto.
Deve toccare soltanto al figlio di un qualsiasi signor Cucchi,
o al figlio di una qualsiasi signora Lonzi?
Deve toccare soltanto al tifoso della Lazio
puntato mentre dormiva in macchina?
Si vedrebbe allora
quante "certezze della pena" invocheresti,
quante forche, quanti pagamenti,
quanti sdegni.
Si vedrebbe allora il prezzo vero
del tuo sporco stipendio di mercenario.
Quando te lo toccassero.

E ti auguro di cominciare la trafila del "perdono",
obbligatorio in questo paese cattolico di merda
che Cristo stesso schiferebbe.
E ti auguro soprattutto che tuo figlio, invece,
se ne vada via, vivo, bello
e diverso
e senza nessuna divisa,
senza nessun'arma,
senza nessun "comandi"
perché nessuno deve
obbedire.