Me ne stavo con la mia barchetta nel punto più imo del fiume Aar, più noto come il fiume di Berna, leggendo le Eèe di Esiodo e grattandomi pigramente l'epa, quando ripensai preoccupato al mio conto corrente presso lo Ior, che stava pericolosamente assottigliandosi. "Mio Dio!" -esclamai-, "dovrò chiedere ajuto alla regina Ena di Spagna, altrimenti mi vedrò costretto ad affogarmi nell'Ema! Ma, in quel momento, un'allegra e graziosa ila passò gracidando e mi distolse da quei neri pensieri, anché perché mi trovavo già sull'Aar e quindi, casomai, avrei potuto già buttarmi là dentro senza dover ricorrere al fiume del Galluzzo. Così facendo, la mia barchetta s'arrovesciò, ma giunse a salvarmi un'inia, un simpatico delfino di fiume che di colà passava proveniente chissà come dalle rias spagnole: sicuramente l'aveva mandata Era, forse addirittura dalle acque dell'Era o dell'Omo! Saltellando allegramente nell'Aar in groppa all'inia, ebbi alfin più rosei pensieri: ci avrebbe pensato Opi a farmi nuotare nell'abbondanza e, magari, a farmi incontrare l'amore nella persona di una squisita e compìta giapponesina cui avrei volentieri slacciato l'obi del kimono. Ma mentre ero assorto (e quindi non corpèvole) in quei dolci e voluttuosi pensieri, l'inia andò a incagliarsi in un ciuffo maleolente d'ari affioranti; fui sbalzato e mi ritrovai sulla riva dell'Aar dove fui raccolto da un pietoso norvegese di nome Olav. Gesù, che giornata movimentata sull'Aar !
Della mia autentica e bruciante passione per le parole crociate, i rebus, le sciarade, gli enigmi e compagnia bella non ho sicuramente mai fatto mistero a nessuno; poiché non mi riuscirà mai parlarne compiutamente, questa storiella-nonsense vuole essere un omaggio a tale passione pluritrentennale; ma ha anche un preciso valore (a)sociale. Essa, infatti, è volutamente costruita utilizzando una serie di celeberrime parole che non si trovano in uso che nei cruciverba, e che ritornano da 950 anni circa in ogni fascicolo settimanale, quindicinale o mensile delle varie riviste. Si tratta di parole perlopiù molto brevi, variamente definite, che servono generalmente da "tappabuchi" nelle parti morte degli schemi liberi. A parte l'uso locale di alcune di esse (certamente al Galluzzo, che è una frazione di Firenze, tutti sanno cos'è l'Ema, e poco in là, a Ponte a Ema, è nato Gino Bartali e soprattutto abita Daniele del CPA; ma sicuramente tale rio -toh, a proposito!- sarebbe stato meno noto a Sondrio o a Carlentini se non fosse stato per la Settimana Enigmistica), il resto sono parole morte, utilizzate soltanto nelle riviste enigmistiche; persino il celebrato Bartezzaghi non se n'è mai privato. Col mio raccontino-nonsense ho inteso finalmente dar loro vita, consegnarle all'eternità di Google e alle sbirciatine di Echelon (per il quale, ovviamente, inia diverrà, da un innocuo e simpatico delfino fluviale, la pericolosa organizzazione terroristica INIA -International Nazist Islamocommunist Association-) e quindi, finalmente, immetterle nell'uso. Quante ancora di queste parole esisteranno, costrette a passare la loro sotterranea vita tra gli incroci obbligati, le cornici concentriche e le parole crociate ad anelli? Salviamole!
Nota Bene. La povera regina di Spagna Ena, moglie di Alfonso XIII, oramai è stata sloggiata da ENA, sigla della famosa École Nationale d'Administration (quella degli énarques) che forma i funzionari dello stato francese. Era è assai più spesso il nome greco di Giunone che il rio toscano che forma la Valdera e passa per Pontedera, provocando così una crisi di gelosia tra fiumi; ma anche l'Ema comincia a non passarsela più tanto bene, spesso sostituito dal prefisso greco per "sangue". Le rias e l'inia non corrono alcun rischio, così come gli ari (detti anche gicheri, gigari eccetera) -pianticelle alquanto puzzolenti e anche non poco tossiche-, l'obi, la dea Opi, il norvegese Olav. Si giunge poi agli immarcescibili, agli imprescindibili, agli immutabili: le Eèe di Esiodo, l'aggettivo imo, la "raganella arborea" e l'Aar. Però, un giorno o l'altro, qualcuno dovrà andare a dire ai cruciverbisti che, in Svizzera, e massimamente a Berna, il fiume in questione si chiama Aare. Nella foto lo vediamo proprio attraversare Berna: si avvera il sogno di ogni cruciverbista, avere finalmente un'immagine di quel fiume, e la conferma che esiste (seppur proditoriamente privato della sua legittima "e" finale), che passa veramente per la capitale elvetica e che non è un'invenzione del Dott. Prof. Ing. Comm. Grand'Uff. Lup. Mann. Giorgio Sisini, conte di Sant'Andrea!