7.
Via Grande, in realtà, non esiste più dal 28 maggio
1943, quando lei e mezz'altra Livorno furono polverizzate
dal primo bombardamento angloamericano. Al loro
posto ci son gli anni cinquanta e sessanta, ci sono i cubi
con gli avvolgibili, ci son de' portici che, se li vedessero
quelli di Bologna, si piscerebbero addosso dal ridere. Era
passato il maledetto vento della storia, come aveva scritto
un famosissimo poeta di cui Piero Ciampi non riusciva
a ricordarsi il nome, e aveva lasciato quella cosa lì. Ma
la gente ci passava sempre; e c'erano i negozi, e c'era il
teatro della Gran Guardia, e c'erano le ragazze che andavano
al passeggio, e c'era persino una piazza Grande
che ora non era più tanto grande, visto che in mezzo ci
avevano costruito una specie di mostro fronteggiato da
una chiesa che doveva essere stata dedicata a San
Lego, il santo patrono dei mattoncini di plastica. C'era
pure un autentico cartello giallo con una scritta nera
che avvertiva che là sorgeva l'antico Duomo; e chissà
che fine avevano fatto la Sinagoga israelita, il tempio
armeno, la chiesa evangelica.
Piero Ciampi non si decideva a finirsela, quella via
Grande; sembrava quasi che la prospettiva di ritrovarsi
sul porto lo avesse bloccato.
Camminava svagato, a
testa ora bassa, ora rivolta al cielo; aveva sbattuto contro
un paio di passanti, uno dei quali lo aveva mandato
in culo malgrado le scuse, aveva rischiato di esser
messo sotto da un motorino che viaggiava contromano
mentre traversava la strada per la ventesima volta
da un lato all'altro, e aveva anche pestato una merda
di cane, e chissà chi aveva inventato che portasse fortuna.
Arrivato quasi in fondo, tornò indietro fino a piazza
Grande; pareva davvero che il porto lo respingesse.
Si mise a sedere su un gradino vicino alla stazione della
SITA, accanto a una donna che cantava una nenia in una
lingua strana mentre allattava il suo bambino al seno; per
un momento, a Piero Ciampi sembrò quasi di capire bene
quel che diceva. Si accese una sigaretta, constatando che
oramai non gliene restavano che quattro o cinque nel pacchetto;
fu attraversato, proprio mentre l'accendino si spegneva,
da una microfiamma che gli ricordava d'esser di
nuovo vivo, e che non era uno di quegli strani sogni che a
volte pigliano ai morti. In quel preciso momento, la stessa
cosa era pensata a migliaia e migliaia di chilometri di distanza,
in altri continenti, in altri imprecisati punti dell'universo.
"Mi dai zigareda, pe' piacere?"
"Eh...?"
"Zigareda, fumare." Era la donna seduta accanto a lui, che aveva finito di
dar la puppa al bambino, si era riallacciata davanti e
stava cullando il piccolo con dei gesti che sembravano
venire da un altro mondo e da un altro tempo. Piero
cavò fuori il pacchetto oramai tutto sgualcito, e le
porse una sigaretta; quella se la mise in bocca, chiedendo
anche da accendere con un gesto delle dita.
Piero Ciampi s'alzò tranquillo mentre la donna aveva ricominciato
a cantare la nenia nella sua lingua, avvolta da
una nuvola di fumo; fu proprio allora che intervenne la
coda dell'occhio. La coda dell'occhio, a volte, pare comandata
da un destino che sta aspettando lì, da anni o da
secoli, e che ha deciso si veda qualcosa solo in un dato
momento, in un dato punto, in un dato frangente.
Era un
manifesto, già mezzo scollato, attaccato proprio accanto
alla porta della SITA, giusto sotto un avviso comunale
d'affissione vietata. Ce n'erano altri, di manifesti di quella
che Piero Ciampi associò nella sua mente fuori moda alla
parola réclame; uno d'una banca dove si vedeva una faccia
a culo in giacca e cravatta che prometteva investimenti
sicuri con la Cassa di Risparmio di Pisa; un altro
dove si vedeva una specie di "M" gialla con sotto un panino
con la svìzzera e un cartoccio di patatine fritte; un altro
ancora d'un partito politico che esortava la popolazione
livornese a farla finita con sessant'anni di comunismo.
Ma a Piero cadde l'occhio sul lembo inferiore sinistro sollevato
d'un altro manifesto; e l'occhio seguì il bordo risalendo
poi in diagonale verso il lembo superiore destro, fermandosi
su una parola. Su un nome: Ciampi.
"Sarà ir presidente della repùbbria", fece in tempo Piero a
elaborare in un ciampèsimo di secondo; ma non aveva
ancor finito di riabbassare lo sguardo, che l'occhio completò
la sua opera. Accanto a Ciampi c'era anche un nome: Piero. Recuperò nella sua seconda vita la sensazione
del tremito. Si avvicinò quasi andando a sbattere sul
muro; durante quel passo, pensò di tutto. Che lo avessero
scoperto e che fosse un avviso della polizia. Che si trattasse
davvero di un sogno e che si sarebbe risvegliato
morto, com'era da venticinqu'anni a quella parte; che, infine,
fosse già briaco come un soffione di Larderello al barbera.
Addirittura, in quei due secondi scarsi, trovò pure il
tempo di stropicciarsi gli occhi che s'erano annebbiati. Si
ritrovò col muso appiccicato al manifesto; lesse; c'era
scritto che al Teatro Goldoni, dal 19 novembre al 3
dicembre 2005, si sarebbe tenuto l'annuale "Premio
Piero Ciampi" riservato a giovani cantautori.
Seguiva l'elenco dei partecipanti nelle varie sezioni, dove
c'erano parole incomprensibili ("Ma che cazzo è una cover?");
cominciò a legger dei nomi sconosciuti, che dovevano
essere i giovani cantanti e i complessi; e c'erano i
"Marmaja", e c'era "Massimiliano Larocca"; e c'erano
"Les Ondes Martenot" ("Dé, ma che soneranno davvero
l'onde Martenò, questi? E magari anco ir thèremin!"); e
c'era "Andrea Parodi"; e c'era "Davide Giromini"; e ce n'erano
dell'àrtri, e tant'àrtri, mentre a Piero Ciampi oramai
girava il capo come se fosse ir carcincùlo der lunapark.
S'appoggiò con il braccio sinistro al muro per leggere
più in basso, dov'era scritto più piccolo.
C'era una presentazione del premio. Piero la saltò
quasi a pie' pari.
C'era, poi, anche una stringata presentazione della vita
e dell'opera del "grande artista livornese" scomparso
nel 1980, e delle sue "indimenticabili canzoni" come
"Tu no", "Sul porto di Livorno", "Quaranta soldati quaranta
sorelle", "Adius"...
"Misconosciuto in vita, Piero Ciampi è oramai da anni un
punto di riferimento per tutta la canzone d'autore italiana,
che trova nella sua figura e nelle sue canzoni l'espressione
più elevata della poesia in musica. A venticinque anni
dalla sua morte, questa edizione del premio Ciampi si
caratterizza per l'elevato spessore artistico dei partecipanti
e delle canzoni proposte, dalle quali spira l'anelito di
libertà che anche Piero Ciampi" e bla e bla e bla.
Seguiva la firma del sindaco, che Piero scoprì con sollievo non chiamarsi Ciampi anco lulì. Pensò a uno scherzo; sì, sì, era sicuramente
uno scherzo. Non poteva essere altro che uno
scherzo di qualcuno che ancora si ricordava del suo
nome Il teatro Goldoni, poi! "Dé, ma se è chiuso da
dopo la fine della guerra!" Il punto di riferimento per
tutta la canzone italiana, poi! Ma se, quand'era vivo per la
prima volta, lo conoscevano sì e no tre briachi come lui,
De André, Califano e la Nada del Gabbro. L'elevato spessore
artistico dei partecipanti. Doveva essere per forza un tiro mancino
di quel pezzo di merda di Califano, di sicuro,
accidenti a lui e a tutta Roma, che ancora non gli aveva
perdonato di quando lo aveva preso a cazzotti al Piper.
Ma guarda te. Ma guarda se almeno un po' di rispetto
non se l'era guadagnato neppure da morto.
"Saòsa fo? Ora quasi quasi vo ar teatro Gordoni a vedé'. Tanto so' du' passi. Voglio proprio vedé cosa c'è, dé! L'ùrtima vorta 'e ci so' passato, ci crescevano l'ortìe..." E s'avviò, riuscendo a finirsi il pacchetto di sigarette e con il cuore che gli andava a dumìla all'ora. "Ir premio Piero Ciampi. Dé, ma ciànno pròpio voglia di ruzzà', ancora...saòsa mèttano in palio...trecento litri di vino, e un sottomarino!"; fumando e camminando, riuscì di nuovo a sorridere. Imboccò la stradina che portava alla piazzetta del teatro, certo di trovar come sempre delle macerie in una città dove le macerie, edilizie e umane, erano il pane di tutti i giorni. Marciava a testa bassa. "Dé, ora arzo l'occhi e mi ritrovo du' muri sbrecciati, le siringhe e la giungla dentro...."
Alzò la testa, e davanti all'occhi si ritrovò ir teatro tutto bello novo, rifatto com'era, con le lampade for dalla porta, e otto manifesti uguali a quello che aveva visto in piazza Grande. Si dovette appoggiare a una macchina. Non s'accorse nemmeno che dentro c'erano una e uno che si baciavano, i quali, a loro volta, continuarono a slinguarsi senza nemmeno accorgersi di lui. Sudava. Non sapeva se freddo o caldo. "Porca madonna, ho finito le sigarette. Il diciannove novembre. Ho bisogno d'un mezzo litro. Dé, lo daranno un mezzo litro a un punto di riferimento! Budello d'eva, devo trovà una chitarra. Anco scordata, va bene lo stesso. Accidenti a loro e a chi 'un fa i pacchetti da trenta. Quanto m'è rimasto in tasca? Dé, chissà quanto 'osta ir biglietto. Ma che biglietto e biglietto, mi ci devo iscrìve."
"Dé, signore, guardi che sant'Appoggino era ieri!"
Piero Ciampi si riscosse non subito da' su' accavallati pensieri.
"Signore! Dìo a lei! Si vole levà che si deve andà via...?"
Piero, finalmente, riuscì a intuire vagamente che qualcuno ce l'aveva con lui. Si girò, e vide la testa d'una ragazzotta d'una ventina d'anni, pitturata strana su' 'apelli e con una specie di bùccola che invece di stà attaccata all'orecchio, 'ni pendeva dar labbro di sotto. Accanto a lei, al posto di guida d'una vecchia Polo blé targata Ravenna, un tizio molto più vecchio di lei, spettinato, con degli occhialetti tondi e una faccia che sembrava sortita appena da un Girrrrrrmi.
"Signore! Lo 'apisce l'italiano?...Si deve andàààà..!!!"
"Pardonnez-moi...je ne comprends pas, vous devez partir?"
"Uì, uì, si deve partì! Tesoro, guarda un po' di parlacci te co 'sto rincoglionito, che te parli tutte le lingue..."
Il tizio accanto alla ragazza alzò la chiorba e gli disse in modo calmo:
"Monsieur, soyez gentil, nous devons partir...foutez le camp s'il vous plaît...!" E Piero Ciampi, ancora intontito, s'alzò quasi barcollando.
"Oh, finarmente s'è levato...a che ora dovevi èsse' a casa te?"
"Casa?..."
"Aggià, m'ero scordata..."
La macchina si mise in moto sputando semi di zucca e topi morti dal tubo di scappamento, e scomparve. Piero Ciampi si rimise la testa nelle mani, ma dallo squarcio tra l'indice e il medio sinistro riuscì a scorgere un bar tabacchi. Quello che gli ci voleva, sì. Proprio quello che gli ci voleva.
"Vuole qualcosa da bere?"
"Se c'è, anche qualcosa da mangiare..."
"Mi' so' rimasti du' panini di stamani, uno 'or presciutto 'otto e fontina e l'àrtro 'or crudo e maionese." "Dé, vanno bene...e un litro di vino rosso, per piacere."
"Lo vole sfuso?"
"Se ce l'ha..."
"Ciò ir vino di Cenaia, è bono."
"Ma dé...sa che a Cenaia ci so' sfollato durante la guerra?..."
"Durante la guerra? Ma è siùro? Mi sembra troppo giovane..."
"So' der trentavattro."
"Der trentavattro? Complimenti, li porta bene l'anni! Io so' der trentotto e sembro la su' nonna....!"
Era la signora dell'altro tavolo, di cui s'intuiva vagamente la faccia dietro alla nuvola puzzolente del toscano fatto nel canton Ticino. Quello con la pipa, continuava invece a scrivere qualcosa sul suo quaderno. Piero Ciampi lo guardava incuriosito, finché l'altro non se ne accorse e gli rivolse la parola. "Le interessa...?"
"E' tanto che 'un vedo 'varcuno scrìve in un bàrre..."
"Io ci scrivevo sempre, sa. Quand j'étais jeune, surtout." ("Ma dove l'ho visto, questo qui?" -pensò all'improvviso Piero Ciampi con qualcosa che gli s'era accesa dentro).
"Vous êtes français, monsieur?"
"Oui, je suis un vieux garçon du Languedô, comme le conscrit de la chanson", rispose l'altro posando la penna biro sul quaderno dopo averla tappata con calma, e accennando a un sorriso. "Vous parlez français, je vois."
"Oui...je l'ai appris...ça fait vraiment longtemps, à Paris, mais je ne me souviens pas quand, exactement."
"Vous habitiez Paris?"
"Oui...dans le...putain...près de l'avenue d'Aléria?"
"L'avenue d'Aléria? C'est curieux, vraiment, c'est le quatorzième. Moi aussi j'y ai habité, vous savez. Vous connaissez l'impasse Florimont?"
"L'impasse Florimont? Non, je suis désolé...ça doit être une ruelle..."
"Oui, une ruelle...e c'était bien piètre."
"J'ai comme l'impression de vous avoir déjà vu quelque part, monsieur."
"Ça se peut...vous étiez quand, à Paris?..."
"Vers...'59 ou '60, sais pas..."
"Bon, moi aussi j'étais là vers '59 ou '60. Vous m'avez peut-être rencontré par la rue, surtout si vous habitiez dans les environs."
"Ouais...vous savez, moi je chantais dans des locaux..."
"C'est vrai? Vous chantiez quoi exactement?"
"Tout. Mes chansons, aussi."
"Vous écrivez des chansons?"
"J'en ai écrites longtemps....jusqu'à..."
"C'est marrant, vraiment. Moi aussi j'ai écrit des chansons jusqu'à."
"Vous en écrivez encore, je vois. C'est une chanson, n'est-ce-pas?"
"Oui. Vous voulez la lire?"
"Non, merci. Je n'aime pas lire une chanson avant qu'on ne l'ait écrite. "
"Vous me ressemblez beaucoup, monsieur. Moi non plus je n'aime qu'on lise mes chansons avant que je ne les aie chantées, vous savez."
"Vous faites quoi à Livourne? Vous êtes là pour le prix...?"
"Le prix?"
"Oui...vous avez vu le théâtre là-bas? Il paraît qu'il y a un prix musical..."
"Pardonnez-moi, je ne sais pas de quoi vous parlez."
"Ça ne fait rien."
"Vous êtes de Livourne?"
"Oui. Je suis né à Livourne, mais je viens d'y revenir pour la première fois depuis très, très longtemps..."
"Moi aussi, c'est la première fois que j'y viens. Une drôle de ville."
"Oui, vous avez raison. Une drôle de ville."
"Je voyage beaucoup maintenant. On m'a dit que c'est la ville où Modigliani est né, et je voulais la visiter. Je suis juste en train d'écrire une chanson sur Modigliani."
"Sur Modigliani?"
"Oui, sur Modigliani qui renaît 80 ans après sa mort et revient à Livourne."
Piero Ciampi si fermò un attimo per inghiottire un gotto di saliva vinosa.
"Je cherche une guitare."
"Une guitare?"
"Oui. Je n'ai plus d'instruments. Et je n'ai pas assez d'argent pour en acheter une."
"Cherchez des orties, alors."
"Des orties?"
"Oui, ça marche. Moi, une fois, quand j'étais très pauvre, j'ai trouvé une soutaine de curé dans les orties, et tonsuré de frais, ma guitare à la main..." ("Boia dé....ma dove l'ho sentite 'ste parole?" -pensò Piero Ciampi, ma sempre an fransè).
Piero Ciampi si mise a ridere sommessamente, versandosi un bicchiere di vino.
"Santé!"
"Santé à vous, monsieur....monsieur?"
"Litalien."
"Litalien?"
"Oui, je m'appelle Pierre Litalien, mon père venait de Castelnaudary..."
"C'est incroyable. Mon grand-père aussi venait de Castelnaudary. Il faudrait bien se taper un bon cassoulet, oun bon caçolet del Castelnòu d'Arri!"
"Vous vous appelez comment, monsieur?"
"Archibald. Archibald Lignebrisée."
"Santé à vous, monsieur Lignebrisée. Vous avez dit quoi à propos des orties?"
"Cherchez des orties. Vous y trouverez une guitare, peut-être."
"Je vais chercher des orties, alors."
"C'est bien fait."
"Je vous laisse écrire votre chanson sur Modigliani."
"Je vous laisse chercher votre guitare."
"Au revoir, monsieur Litalien."
"Au revoir, monsieur Lignebrisée."
Piero Ciampi finì di bere il suo litro con studiata lentezza. Ogni tanto guardava ancora il signor Lignebrisée che fumava con arte la sua vecchia pipa, e scriveva, scriveva, scriveva. S'alzò, alla fine. La signora del sigaro era andata via. Il gestore sonnecchiava con la testa reclinata sul bancone.
"Mi scusi...quant'è...?"
"Eh...? Oh! Scusi...m'ero addormentato..."
"Non fa nulla...tanto parlavo con quel signore...?"
"Quale signore?"
"Quello lì al tavolo....che scrive...."
Piero Ciampi e il gestore del bar si voltarono; al tavolo vicino alla porta del bagno non c'era più nessuno.
"Le MS e il vino...fanno sette e quaranta."
"Sette e quaranta, eccoli qui."
"Arrivederci".
"Mi scusi...una cosa. Lei sa mica se qui vicino c'è qualche cespuglio d'ortica?"
"Ortica?"
"Sì...mi serve un po' d'ortica per farmi il risotto, stasera."
"Ah, capisco. Mah...prima ce n'era tanta quando il Goldoni era in rovina...ora hanno rifatto tutto. Ma magari, nel giardinetto dietro ce n'è rimasto ancora qualche cespo. Provi un po' là..."
"Grazie, proverò."
"Prego."
Piero Ciampi s'avviò di nuovo verso il teatro; nel vicolo dietro, senza nome, s'apriva, se ben si ricordava, un cancelletto che portava a un piccolo giardino. Non sapeva più nemmeno che ore erano; ma la luce cominciava a declinare, e visto ch'era novembre, dovevano essere qualcosa fra le quattro e mezzo e le cinque del pomeriggio. Il cancelletto c'era ancora; e c'era anche il giardino, che però era stato tutto potato per benino e rimesso in sesto, giusto per tornare a fare schifo due giorni dopo. Era aperto. Piero Ciampi entrò. Non c'era nessuno. Non fece che pochi passi, e trovò un cespuglio d'ortica rigogliosissima. Dalle foglie spuntava una corda rotta di chitarra.
(7/8 continua).
"Saòsa fo? Ora quasi quasi vo ar teatro Gordoni a vedé'. Tanto so' du' passi. Voglio proprio vedé cosa c'è, dé! L'ùrtima vorta 'e ci so' passato, ci crescevano l'ortìe..." E s'avviò, riuscendo a finirsi il pacchetto di sigarette e con il cuore che gli andava a dumìla all'ora. "Ir premio Piero Ciampi. Dé, ma ciànno pròpio voglia di ruzzà', ancora...saòsa mèttano in palio...trecento litri di vino, e un sottomarino!"; fumando e camminando, riuscì di nuovo a sorridere. Imboccò la stradina che portava alla piazzetta del teatro, certo di trovar come sempre delle macerie in una città dove le macerie, edilizie e umane, erano il pane di tutti i giorni. Marciava a testa bassa. "Dé, ora arzo l'occhi e mi ritrovo du' muri sbrecciati, le siringhe e la giungla dentro...."
Alzò la testa, e davanti all'occhi si ritrovò ir teatro tutto bello novo, rifatto com'era, con le lampade for dalla porta, e otto manifesti uguali a quello che aveva visto in piazza Grande. Si dovette appoggiare a una macchina. Non s'accorse nemmeno che dentro c'erano una e uno che si baciavano, i quali, a loro volta, continuarono a slinguarsi senza nemmeno accorgersi di lui. Sudava. Non sapeva se freddo o caldo. "Porca madonna, ho finito le sigarette. Il diciannove novembre. Ho bisogno d'un mezzo litro. Dé, lo daranno un mezzo litro a un punto di riferimento! Budello d'eva, devo trovà una chitarra. Anco scordata, va bene lo stesso. Accidenti a loro e a chi 'un fa i pacchetti da trenta. Quanto m'è rimasto in tasca? Dé, chissà quanto 'osta ir biglietto. Ma che biglietto e biglietto, mi ci devo iscrìve."
"Dé, signore, guardi che sant'Appoggino era ieri!"
Piero Ciampi si riscosse non subito da' su' accavallati pensieri.
"Signore! Dìo a lei! Si vole levà che si deve andà via...?"
Piero, finalmente, riuscì a intuire vagamente che qualcuno ce l'aveva con lui. Si girò, e vide la testa d'una ragazzotta d'una ventina d'anni, pitturata strana su' 'apelli e con una specie di bùccola che invece di stà attaccata all'orecchio, 'ni pendeva dar labbro di sotto. Accanto a lei, al posto di guida d'una vecchia Polo blé targata Ravenna, un tizio molto più vecchio di lei, spettinato, con degli occhialetti tondi e una faccia che sembrava sortita appena da un Girrrrrrmi.
"Signore! Lo 'apisce l'italiano?...Si deve andàààà..!!!"
"Pardonnez-moi...je ne comprends pas, vous devez partir?"
"Uì, uì, si deve partì! Tesoro, guarda un po' di parlacci te co 'sto rincoglionito, che te parli tutte le lingue..."
Il tizio accanto alla ragazza alzò la chiorba e gli disse in modo calmo:
"Monsieur, soyez gentil, nous devons partir...foutez le camp s'il vous plaît...!" E Piero Ciampi, ancora intontito, s'alzò quasi barcollando.
"Oh, finarmente s'è levato...a che ora dovevi èsse' a casa te?"
"Casa?..."
"Aggià, m'ero scordata..."
La macchina si mise in moto sputando semi di zucca e topi morti dal tubo di scappamento, e scomparve. Piero Ciampi si rimise la testa nelle mani, ma dallo squarcio tra l'indice e il medio sinistro riuscì a scorgere un bar tabacchi. Quello che gli ci voleva, sì. Proprio quello che gli ci voleva.
8.
(Avvertenza: Questo capitolo della storia contiene una lunga parte interamente in francese, che non ho la benché minima intenzione di tradurre. Arrangiatevi.)
Entrò nel bar tabacchi, ch'era tutt'altro che affollato. Il
gestore, uno d'una cinquantina d'anni completamente
pelato e grassoccio, se ne stava in piedi al bancone,
vicino al registratore di cassa; a un tavolino c'era un'attempata
signora che leggeva il Bollettino Diocesano,
mentre a un'altro tavolo, vicino alla porta del bagno, un
tizio d'oltre sessant'anni dai capelli e dai folti baffi grigi,
magrissimo e dal viso scavato che però lasciavano
intuire un'antica costituzione assai robusta, sedeva
con una pipa spenta in bocca e scriveva qualcosa su
un quaderno a righe con gli anelli. Davanti a sé aveva
un quarto di vino bianco e un bicchiere.
Piero Ciampi, per prima cosa, si comprò un pacchetto
di sigarette. Le MS normali, perché aveva visto che
costavano poco. Si ricordò del divieto di fumare nei bar,
quello del ministro Tirchia, e fece gesto d'uscire; ma il
gestore lo fermò e gli disse, "Dé...se vole fumà...tanto si
fuma tutti e 'un c'è nessuno....anco lei, signore, se si
vole accènde' la pipa...."
Non aveva nemmeno finito la frase, che già l'attempata
signora aveva tirato fuori dalla borsetta un Pedroni
già mezzo fumato. Dal tavolo vicino alla porta del bagno
si sentì invece un "Merci...grassie", e lo sfregare d'uno
zolfanello sulla cartavvetro. Piero Ciampi si mise a sedere al tavolino accanto a
quello del signore con la pipa, e s'accese una MS."Vuole qualcosa da bere?"
"Se c'è, anche qualcosa da mangiare..."
"Mi' so' rimasti du' panini di stamani, uno 'or presciutto 'otto e fontina e l'àrtro 'or crudo e maionese." "Dé, vanno bene...e un litro di vino rosso, per piacere."
"Lo vole sfuso?"
"Se ce l'ha..."
"Ciò ir vino di Cenaia, è bono."
"Ma dé...sa che a Cenaia ci so' sfollato durante la guerra?..."
"Durante la guerra? Ma è siùro? Mi sembra troppo giovane..."
"So' der trentavattro."
"Der trentavattro? Complimenti, li porta bene l'anni! Io so' der trentotto e sembro la su' nonna....!"
Era la signora dell'altro tavolo, di cui s'intuiva vagamente la faccia dietro alla nuvola puzzolente del toscano fatto nel canton Ticino. Quello con la pipa, continuava invece a scrivere qualcosa sul suo quaderno. Piero Ciampi lo guardava incuriosito, finché l'altro non se ne accorse e gli rivolse la parola. "Le interessa...?"
"E' tanto che 'un vedo 'varcuno scrìve in un bàrre..."
"Io ci scrivevo sempre, sa. Quand j'étais jeune, surtout." ("Ma dove l'ho visto, questo qui?" -pensò all'improvviso Piero Ciampi con qualcosa che gli s'era accesa dentro).
"Vous êtes français, monsieur?"
"Oui, je suis un vieux garçon du Languedô, comme le conscrit de la chanson", rispose l'altro posando la penna biro sul quaderno dopo averla tappata con calma, e accennando a un sorriso. "Vous parlez français, je vois."
"Oui...je l'ai appris...ça fait vraiment longtemps, à Paris, mais je ne me souviens pas quand, exactement."
"Vous habitiez Paris?"
"Oui...dans le...putain...près de l'avenue d'Aléria?"
"L'avenue d'Aléria? C'est curieux, vraiment, c'est le quatorzième. Moi aussi j'y ai habité, vous savez. Vous connaissez l'impasse Florimont?"
"L'impasse Florimont? Non, je suis désolé...ça doit être une ruelle..."
"Oui, une ruelle...e c'était bien piètre."
"J'ai comme l'impression de vous avoir déjà vu quelque part, monsieur."
"Ça se peut...vous étiez quand, à Paris?..."
"Vers...'59 ou '60, sais pas..."
"Bon, moi aussi j'étais là vers '59 ou '60. Vous m'avez peut-être rencontré par la rue, surtout si vous habitiez dans les environs."
"Ouais...vous savez, moi je chantais dans des locaux..."
"C'est vrai? Vous chantiez quoi exactement?"
"Tout. Mes chansons, aussi."
"Vous écrivez des chansons?"
"J'en ai écrites longtemps....jusqu'à..."
"C'est marrant, vraiment. Moi aussi j'ai écrit des chansons jusqu'à."
"Vous en écrivez encore, je vois. C'est une chanson, n'est-ce-pas?"
"Oui. Vous voulez la lire?"
"Non, merci. Je n'aime pas lire une chanson avant qu'on ne l'ait écrite. "
"Vous me ressemblez beaucoup, monsieur. Moi non plus je n'aime qu'on lise mes chansons avant que je ne les aie chantées, vous savez."
"Vous faites quoi à Livourne? Vous êtes là pour le prix...?"
"Le prix?"
"Oui...vous avez vu le théâtre là-bas? Il paraît qu'il y a un prix musical..."
"Pardonnez-moi, je ne sais pas de quoi vous parlez."
"Ça ne fait rien."
"Vous êtes de Livourne?"
"Oui. Je suis né à Livourne, mais je viens d'y revenir pour la première fois depuis très, très longtemps..."
"Moi aussi, c'est la première fois que j'y viens. Une drôle de ville."
"Oui, vous avez raison. Une drôle de ville."
"Je voyage beaucoup maintenant. On m'a dit que c'est la ville où Modigliani est né, et je voulais la visiter. Je suis juste en train d'écrire une chanson sur Modigliani."
"Sur Modigliani?"
"Oui, sur Modigliani qui renaît 80 ans après sa mort et revient à Livourne."
Piero Ciampi si fermò un attimo per inghiottire un gotto di saliva vinosa.
"Je cherche une guitare."
"Une guitare?"
"Oui. Je n'ai plus d'instruments. Et je n'ai pas assez d'argent pour en acheter une."
"Cherchez des orties, alors."
"Des orties?"
"Oui, ça marche. Moi, une fois, quand j'étais très pauvre, j'ai trouvé une soutaine de curé dans les orties, et tonsuré de frais, ma guitare à la main..." ("Boia dé....ma dove l'ho sentite 'ste parole?" -pensò Piero Ciampi, ma sempre an fransè).
Piero Ciampi si mise a ridere sommessamente, versandosi un bicchiere di vino.
"Santé!"
"Santé à vous, monsieur....monsieur?"
"Litalien."
"Litalien?"
"Oui, je m'appelle Pierre Litalien, mon père venait de Castelnaudary..."
"C'est incroyable. Mon grand-père aussi venait de Castelnaudary. Il faudrait bien se taper un bon cassoulet, oun bon caçolet del Castelnòu d'Arri!"
"Vous vous appelez comment, monsieur?"
"Archibald. Archibald Lignebrisée."
"Santé à vous, monsieur Lignebrisée. Vous avez dit quoi à propos des orties?"
"Cherchez des orties. Vous y trouverez une guitare, peut-être."
"Je vais chercher des orties, alors."
"C'est bien fait."
"Je vous laisse écrire votre chanson sur Modigliani."
"Je vous laisse chercher votre guitare."
"Au revoir, monsieur Litalien."
"Au revoir, monsieur Lignebrisée."
Piero Ciampi finì di bere il suo litro con studiata lentezza. Ogni tanto guardava ancora il signor Lignebrisée che fumava con arte la sua vecchia pipa, e scriveva, scriveva, scriveva. S'alzò, alla fine. La signora del sigaro era andata via. Il gestore sonnecchiava con la testa reclinata sul bancone.
"Mi scusi...quant'è...?"
"Eh...? Oh! Scusi...m'ero addormentato..."
"Non fa nulla...tanto parlavo con quel signore...?"
"Quale signore?"
"Quello lì al tavolo....che scrive...."
Piero Ciampi e il gestore del bar si voltarono; al tavolo vicino alla porta del bagno non c'era più nessuno.
"Le MS e il vino...fanno sette e quaranta."
"Sette e quaranta, eccoli qui."
"Arrivederci".
"Mi scusi...una cosa. Lei sa mica se qui vicino c'è qualche cespuglio d'ortica?"
"Ortica?"
"Sì...mi serve un po' d'ortica per farmi il risotto, stasera."
"Ah, capisco. Mah...prima ce n'era tanta quando il Goldoni era in rovina...ora hanno rifatto tutto. Ma magari, nel giardinetto dietro ce n'è rimasto ancora qualche cespo. Provi un po' là..."
"Grazie, proverò."
"Prego."
Piero Ciampi s'avviò di nuovo verso il teatro; nel vicolo dietro, senza nome, s'apriva, se ben si ricordava, un cancelletto che portava a un piccolo giardino. Non sapeva più nemmeno che ore erano; ma la luce cominciava a declinare, e visto ch'era novembre, dovevano essere qualcosa fra le quattro e mezzo e le cinque del pomeriggio. Il cancelletto c'era ancora; e c'era anche il giardino, che però era stato tutto potato per benino e rimesso in sesto, giusto per tornare a fare schifo due giorni dopo. Era aperto. Piero Ciampi entrò. Non c'era nessuno. Non fece che pochi passi, e trovò un cespuglio d'ortica rigogliosissima. Dalle foglie spuntava una corda rotta di chitarra.
(7/8 continua).