domenica 18 luglio 2010

Per chi parte e per chi resta



La canzone dice così:

Felice chi, come Ulisse
ha fatto un bel viaggio.
Felice chi, come Ulisse
ha visto cento paesaggi
e poi ha ritrovato
dopo tante traversate
il paese degli anni verdi.

Una mattina presto d'estate
quando il sole vi canta nel cuore,
quant'è bella la libertà!
La libertà.
Quando si sta meglio qui che altrove
quando un amico rende felici
quant'è bella la libertà!
La libertà.

Con il sole e con il vento,
con la pioggia e col bel tempo
si viveva proprio contenti
il mio cavallo, la mia Provenza e me,
il mio cavallo, la mia Provenza e me.

Felice chi, come Ulisse
ha fatto un bel viaggio.
Felice chi, come Ulisse
ha visto cento paesaggi
e poi ha ritrovato
dopo tante traversate
il paese degli anni verdi.

Una mattina presto d'estate
quando il sole vi canta nel cuore,
quant'è bella la libertà!
La libertà.
Quando son finite le sventure,
quando un amico vi asciuga il pianto
quant'è bella la libertà!
La libertà.

Battuti dal sole e dal vento,
perduti in mezzo agli stagni
si vivrà proprio contenti
il mio cavallo, la mia Camargue e me,
il mio cavallo, la mia Camargue e me.

Sebbene sia cantata da Georges Brassens, non la ha scritta lui. Un po' è un'antica poesia di Joachim Du Bellay, che la scrisse nel 1510. Un po' è il testo che un regista cinematografico, Pierre Colpi, scrisse per la colonna sonora di un suo film del 1969, che si intitola come la canzone: Heureux qui comme Ulysse. L'antico poeta pensava all'Ulisse dell'Odissea, Pierre Colpi ad un vecchio cavallo di nome Ulisse. Il suo film è la storia di due vecchi amici: un uomo e un cavallo. Fu l'ultimo film interpretato da Fernandel prima di morire.

La vorrei dedicare a una persona che sta partendo, forse per sempre. E gli vorrei dire che non è una dedica che significa particolarmente "buona fortuna", "buon viaggio", "vivi felice" e "mi mancherai"; al tempo stesso, però, significa anche tutte queste cose assieme, ed altre ancora che lascio, se vorrà, alla sua immaginazione. Non è neppure un volergli dare un arrivederci, quel posto che De André voleva raggiungere in una sua canzone: il fatto si stia parlando di un ritorno dev'essere inteso nel senso meno appariscente e più profondo. Può essere che il luogo verso il quale si sta partendo sia in realtà un ritorno, ai propri sogni e alle proprie speranze. Il "paese dei verdi anni" può essere stato quello di un sogno, e partire può voler dire finalmente tornarci. Tutte le strade sono aperte.

La vorrei dedicare anche a chi resta. Non c'è, e non ci deve essere, nessuna vergogna nel decidere di restare, che si sia o meno legati a qualcuno o a qualcosa. I cento paesaggi sono anche fuori appena l'uscio di casa. La storia passa con le sue figure, sovente squallide. I paesaggi, e anche più di cento, ce li abbiamo dentro di noi; e si vive cercando di coglierli. Tutti. E così si parte continuamente, e si torna, e si riparte, e si ritorna fino all'ultimo. In qualsiasi parte di questo mondo, che non è necessariamente migliore o peggiore. Ma sono tutte questioni a cui ognuno ha la sua risposta; e allora, un leb' wohl a chi parte, un mazal tov a chi resta, e i ricordi, quelli, sono sempre lì.