mercoledì 5 ottobre 2016

Elena Ferrante sono io


Da un po' di tempo non scrivevo nulla su questo blog. Avevo cose più importanti da fare, come si scoprirà qui di seguito.

Giunge, ad un certo punto della propria vita, il momento di rivelare la verità a tutto il mondo (la quale, come si sa, è sempre e comunque rivoluzionaria, scordando che le migliori e più riuscite rivoluzioni sono state costantemente fatte con tonnellate di meravigliose menzogne). Qualcuno, mi è stato detto, lo aveva già sospettato; altri, invece, si sono dilettati di attribuire fantasiose identità a un pittoresco e assai variegato campionario di figure (impiegate delle poste, mogli di scrittori, boscaioli umbri, Mauro Corona, giornaliste di "Libertà" di Piacenza...), arrivando persino ad ipotizzare con un certo grado di ragionevolezza che si trattasse -naturalmente- di Roberto Saviano. Oggi, 5 ottobre 2016, mentre sulla stampa imperversa l'ennesima attribuzione certissima assieme agli A.A. (Appelli Accorati) affinché non sia violato il diritto all'anonimato (o meglio, all' "assenza"), sarà invece ricordata come la data in cui a questa vicenda viene finalmente messa la parola "fine", dato che dell'anonimato mi sono sinceramente un po' stufato e ho una maledettissima voglia di presentarmi con la mia facciazza al Premio Strega, al Premio Campiello, al Premio Bancarella, a Premium TV, al Premio Nobel e possibilmente anche anche a un Gran Premio di Moto GP per buttare fuori pista quello stronzetto di Marc Márquez. Ebbene sì, Elena Ferrante sono io.  Ma questo lo avevate, spero, già letto nel titolo.

Ora però, su, non mi venite a dire di essere poi poi così sbalorditi. Se ci pensate bene, non era difficilissimo capirlo. Che, comunque, io avessi una certa qual dimestichezza con la scrittura lo avevate già visto anche mentre mi dilettavo di emerite bojate sugli antichi newsgroups, sulle decrepite "mailing list" e, poi, sui primi tentativi (abortiti) di blog ed infine su questo che perdura oramai da un bel po' di anni. Era palese che nessuno credeva alla mia presupposta squattrinatezza cronica, al fatto che io vivessi in un garage ristrutturato in via dell'Argingrosso (mi ero inventato pure il numero, "65/C"), alle mie macchine scalcagnate, alle anarchie e a tutto il resto; vi sto scrivendo dalla mia lussuosissima villa, avvolto in una preziosa vestaglia di seta leggera, dove mi sto godendo -naturalmente- i milioni di euri che mi piovono addosso grazie ai diritti d'autore; e pensare -ah ah-, che qualche volta mi ero divertito a scrivere persino dei post dove dicevo peste & corna della SIAE!

Invece è dal 1992, da quando ho pubblicato presso le edizioni E/O il mio primo romanzo, L'amore molesto, che mi sto facendo lucrosissime beffe di tutto il globo terraqueo (lo vedete che so scrivere? Voi, senz'altro, ignoranti che non siete altro, avreste scritto terracqueo). Non è mica che avrete pensato -no?- che, con tutto quel che raccontavo sulle mie condizioni finanziarie, io fossi ancora qui bel bello senza essermi suicidato! E che diàmine, in questi anni si sono suicidati fior d'imprenditori, direttori di banca, alti funzionari...santiddìo, avevo già pubblicato L'amore molesto (che, prima o poi, mi dovrei pure decidere a leggere...) che si era suicidato persino Raul Gardini con tutto il Moro di Venezia e le strambate di bolina, e pensavate che uno nella situazione che andava via via raccontando non si fosse ancora deciso a buttarsi da un quindicesimo piano o a ingerire un decottino di aconito napello? Però, dài, sono stato bravo, no? Scrivevo romanzi, pubblicavo, pure un saggio e un libro per bambini, amiche geniali, figlie oscure, frantumaglie e quant'altro, facendo così, ed assai sapientemente, nascere il mito di Elena Ferrante; intanto però, tale "Riccardo Venturi" vi pigliava per i fondelli sull'Internèt cianciando di centri sociali, di manifestazioni, di "NO-TAV", di lingue & linguaggi (in realtà conosco solo l'italiano, ma con le legioni di traduttori sparsi in tutto il mondo che ho, mi posso tranquillamente permettere di farmi tradurre in ogni momento qualche frasetta ad effetto), di famiglie elbane, di varia umanità...

Nel frattempo ricevevo manifestazioni di stima persino da Barack (ci diamo del tu da tempo, a dire il vero mi avrebbe più volte anche invitato a prendere un teìno con lui e Michelle alla Casa Bianca, ma ho sempre risposto di no perché non mi piace granché il tè, mica perché "non volevo apparire"...), la rivista Foreign Policy mi ha "definita" tra i pensatori più influenti al mondo e via discorrendo...beh, per Giove, ci voleva pure la rivistina americana per capirlo! Di essere tra i pensatori più influenti al mondo, lo sapevo già anche come Riccardo Venturi ortonimo e come titolare di un blog dal nome strampalato assai. Come sempre, negli Stati Uniti d'America arrivano dopo la musica.

Certo, non è stato sempre così facile mantenere l'anonimato; o meglio, a volte ho dovuto fare un po' di acrobazie. Fare la donna scrittrice, in primis; ma penso tutto sommato di essermela cavata benino. Sarà per quella mia certa e pronunciata "componente femminile", e forse anche per la mia storica facilità nell'assumere personalità molteplici (cosa che, in passato, mi ha provocato non poche pene ma che, almeno dal 1992, mi ha anche fatto fare quattrini a carrettate). Più difficile è stato fare la napoletana; non perché abbia qualcosa contro Napoli, ci mancherebbe altro, ma perché confesso candidamente che, tuttora, Napoli è la città che meno conosco al mondo a parte qualche frammento di comune vulgata, un paio di volte che ci sono stato giurando di non azzardarmi mai più a guidarci la macchina e un tentativo di traduzione della Tammurriata Nera. Inutile anche pensare di farmi dare qualche lezione di napoletano; la mia -oramai confessata- incapacità con qualsiasi genere di lingua straniera me lo avrebbe impedito in partenza. Però, inutile negarlo, per questo genere di cose ci vuole Napoli. Napoli fa sempre un'audience tremenda, e questo -dev'essere riconosciuto- va sempre a suo onore. No, dico io, ve lo immaginate se Saviano avesse ambientato Gomorra a Treviso? Eppure, anche a Treviso ci sarà un po' di malavita organizzata....ma lasciamo stare Treviso, neppure Milano e Roma non avrebbero funzionato così (Roma, poi, era stata già presa dalle vicende della Banda della Magliana). E così, vi immaginate Elena Ferrante che traspone nelle sue opere un'atmosfera, un'aura, un background dell'Isolotto? L'amica geniale in via Pio Fedi? I giorni di chi fugge e di chi resta sulla Passerella delle Cascine? La figlia oscura a Villa Vogel? Le cronache del mal d'amore in via Torcicoda, i giorni dell'abbandono in piazza Batoni al capolinea del 9 (che però, in effetti, spesso abbandona tutti saltando le corse)? No, dài, non si poteva proprio. E Napoli fu, sempre col costante dubbio che alcuni scoprissero qualche vaga incongruenza. Forse anche in questo risiede il fatto che io abbia avuto maggior successo all'estero che in Italia; fondamentalmente, Obama sa una sega di Napoli come la sa di piazza Batoni all'Isolotto. La pizza? In via del Sansovino c'è il Pizzaman, va bene lo stesso per un mio lettore del Kentucky.

Ugo Ferrante.
Devo a tutti voi, però, una sia pur breve spiegazione sul come io mi sia scelto, come nom de plume, quello di "Elena Ferrante". "Elena" è dovuto all'allora fidanzata di un mio vecchio compagno di classe del liceo (sì, il liceo l'ho fatto ma, ovviamente, ero un'autentica schiappa in latino e greco e credevo che l'aoristo fosse un famoso piatto di carne della cucina spartana, l'aoristo al forno). Costei, dal cognome decisamente slavo, è divenuta nella sua vita un'ottima storica, e mi capitò verso il '92 di leggere un suo breve saggio, pur avendola persa di vista da tempo. E così mi decisi per Elena. "Ferrante", invece, è un'omaggio alla mia ben nota passione calcistica e, in particolare, all'ultimo scudetto vinto dalla Fiorentina (e che resterà l'ultimo), nel lontanissimo campionato 1968-'69. E' il cognome del roccioso e biondissimo difensore Ugo Ferrante, indimenticabile gladiatore di quella squadra invincibile, purtroppo scomparso nel 2004 in ancor giovane età per un brutto male. Che il Labaro Viola garrisca al vento nel suo nome che ha commosso milioni di lettrici e lettori in tutto il mondo grazie ai miei romanzi! 

Starnone.
Così mi sono presentato al mondo delle lèttere grazie all'ex fidanzata di un mio compagno di classe e al libero della Fiorentina del '68-'69; il quale, va detto, pure lui ci aveva assai poco a che fare con Napoli, visto che era di Vercelli. Non giocò mai nemmeno nel Napoli, ma terminò la sua carriera nel Lanerossi Vicenza. Insomma, capirete che adesso la verità è finalmente rivelata, e che Repubblica può pure smetterla con tutte le notizie e contronotizie pubblicate da giorni in prima pagina. Ora dico io, pure le analisi patrimoniali del Sole 24 Ore, il quotidiano della Confindustria; d'accordo, va bene, capisco di essere anch'io una risorsa, un'eccellenza di questo paese al pari degli stilisti di moda, delle Ferrari e del lardo di Colonnata, però, sinceramente, mi è un po' dispiaciuto che, per colpa mia, degli esperti di finanza siano andati a rompere le scatole e a ficcare il naso nei conti di una povera innocente, moglie di un altrettanto incolpevole scrittore dal cognome decisamente galliforme. Ma insomma, mi dite un po' che colpa hanno questi due poveri cristi? Quella povera donna che magari si è beccata, meglio per lei, un'eredità dallo zio Piero o dalla zia Guendalina? Ma il Sole 24 Ore non avrà di meglio da fare? A questo punto, non nascondo che la mia decisione di svelare finalmente al mondo la vera identità di Elena Ferrante è stata presa anche per tutelare un po' il diritto alla privacy di una cittadina di specchiata onestà e di buoni costumi. 

In questi ultimi mesi, dicevo all'inizio, sono stato/a un po' assente da questo blog. La stesura del mio ultimo romanzo ferrantiano, intitolato (ed è un'anteprima che, penso, farà notizia) Storia di un orsacchiotto bisunto - L'amica geniale volume quinto, mi ha assorbito completamente. La pubblicazione è prevista per la primavera del 2017 e, inutile dirlo, sarà la prima in cui comparirà anche il mio vero nome accanto a quello di "Elena Ferrante". Mie care lettrici, miei cari lettori, sono certo che non mancherete di dimostrarmi, come sempre, il vostro interesse e il vostro affetto; garantisco però che, una volta libero dalle fatiche della letteratura, tornerò ad essere il vostro Riccardo Venturi senza il becco d'un quattrino, che vive all'Isolotto in un vecchio garage, che va alle marce NO TAV, a i' Rovo e alle occupazioni. Ma anche lì, prima o poi, ne vedrete (anzi, ne leggerete) delle belle; ho già in mente il prossimo romanzo, L'amica geniale al Next Emerson. Naturalmente dovrò dire alla Ann Goldstein di far capire a Obama che cosa sia il Next Emerson; figuratevi un po' se faranno presidente Trump.

Post Scriptum. Poco prima di pubblicare questo Post Rivelatorio, è stato giocoforza informarne, per telefono, la mia compagna, che era sempre rimasta all'oscuro di tutto. Glielo dovevo, senz'altro, anche perché la poveretta, in tutti questi anni, è dovuta veramente venire a trovarmi nell'ex garage dell'Isolotto e prendere l'autobus alle 22.05 da piazza Batoni (sempre lei!) per arrivarci. In realtà ho dovuto confessarle di avere due ville enormi a Portofino, un loft vicino a Times Square, una Rolls Royce e persino l'Aston Martin usata per i film di James Bond. Inutile dire che si è dimostrata sì molto felice, ma che mi ha anche mandato sonoramente in culo. Cercherò di farmi perdonare dedicandole il prossimo romanzo di Elena Ferrante.