venerdì 22 febbraio 2019

Comunione e Incarcerazione



Il sig. Roberto Formigoni, da ieri sera carcerato a Bollate, a due passi da casa sua, e per la teorica durata di anni cinque, è nato il 30 marzo 1947. Sta quindi per compiere 72 anni.

Il sig. Cesare Battisti, incarcerato a Oristano, a diecimila e rotti chilometri da casa sua, e per la non teorica durata dell'ergastolo, è nato il 18 dicembre 1954. A fine anno compierà quindi 65 anni.

Naturalmente, già da stamani parecchi si chiedono, perlopiù pubblicamente, se sia giusto mettere in galera persone "di quell'età" (in esclusivo riferimento a Formigoni; in riferimento a Cesare Battisti non se lo sarebbe chiesto nessuno nemmeno se di anni ne avesse avuti 85).

Domanda d'obbligo, del resto, quando in galera ci finisce il potente, il personaggio, il politico, l'industriale di turno.

Il problema, quindi, sarebbe l'età. Nessuno, o perlomeno pochissimi, si fanno mai una domandina assai semplice: È giusta la galera?

Io me la chiedo, naturalmente da un insignificante blogghino del cavolo, come ne esistono ancora a migliaia nonostante siano, e da tempo, passati di moda.

Il fatto è che, per quanto ci provi a volte, non mi riesce gioire, o esultare, o manifestare alcun sentimento di giubilo nemmeno se in galera ci finisce un pezzo di merda come Formigoni.

Non sono uno da galere selettive: Formigoni hurrà, Battisti rabbia e dolore. Non mi riesce gridare alle ingiustizie per l'uno e per le "giustizie giuste" per l'altro. 

Che sia per un ergastolo con prelevamento forzato e sceneggiata all'aeroporto di due fascisti vestiti da Zorro o da Fata Turchina, o per cinque anni che, con tutta probabilità, verranno tramutati presto in arresti domiciliari perché Formigoni è vecchio.

Altrimenti bisognerebbe ragionare, che so io, sul 41 bis che ti fa restare in galera, e nelle condizioni previste dalla legge, fino all'ultimo respiro e anche se hai novant'anni.

Bisognerebbe ragionare su alcuni prigionieri e prigioniere che stanno in carcere da quasi quarant'anni perché queste persone non si sono mai pentite, o dissociate, e che in galera ci sono finite da giovani.

Bisognerebbe ragionare, soprattutto, sulla mentalità da galera che ci hanno scientificamente inculcato, tenendo naturalmente presente che, nella stragrande maggioranza dei casi, tale inculcamento è avvenuto su un brodo di coltura generalizzato.

Quello che si vede, ad esempio, tutti i giorni in giro. Gli striscioni con la "Giustizia per". "Giustizia per" significa: galera. Alfredo Bandelli cantava: "Delle vostre galere un giorno un buon uso sapremo far"; ma delle galere non si fa mai un buon uso. Servono solo come galere. Servono solo a invocarne altre. Servono a creare la base di ogni potere: la paura. Non sono mai state e non saranno mai il famoso "deterrente" di cui cianciano a milioni. Ignoro se il raro verbo deterrere abbia un participio passato in italiano, ma casomai me lo fabbricherò ad hoc: non hanno mai detèrrito un accidente che se li porti tutti quanti.

Servono come vendette, le galere. Nei confronti del vecchio terrorista di quaranta e rotti anni fa, per farne trofeo, e nei confronti del potente per il quale sarebbe stato opportuno chiedersi se fosse più o meno terrorista anche se, materialmente, non ha mai imbracciato un'arma da fuoco.

Servono, le galere, per creare la base fondante di ogni stato e di ogni potere: la sua magistratura. L'amministrazione della giustizia. La creazione del "magistrato-eroe". Dicono che sia la base del famoso stato di diritto; uno stato non è mai di diritto. Il diritto se lo fa da solo, e peraltro lo cambia a suo piacimento. Il "diritto" consiste in galere e, in parecchi casi, nella morte. Anche laddove la pena capitale è stata "abolita", come in Italia. Il numero di carcerati che crepano o si ammazzano in galera ogni anno fa leggermente dubitare di tale "abolizione". Il 41 bis condanna a essere morti da vivi.

Non è questione se si è vecchi o giovani. Non esiste un'età adatta per la galera. Le galere, ci dicono, sono piene di delinquenti, di stronzi matricolati, di persone pericolose per la società. Fuori dalle galere ce ne sono infinitamente di più. Non di rado, però, omaggiate, servite, riverite, elette, acclamate a gran voce quando esercitano il loro potere.

Un pericoloso delinquente come Matteo Salvini, attualmente, sta facendo il Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana; oppure, un fuorilegge conclamato come Jaír Bolsonaro sta facendo il presidente del Brasile. Mi piace sempre farlo presente.

Quando cadono per qualche motivo in disgrazia, non di rado per soldi, si passa allo sbrano. Uno sbrano che sa anche di stupida consolazione per gli stessi i quali, un minuto prima, stavano invocando qualche tortura per Cesare Battisti tramite i loro telefonini, e qualche anno prima osannavano il pio e casto Formigoni, esponente di spicco di un riconosciuto comitato d'affari in salsa mafiosa come Comunione e Liberazione.

Si passa allo sbrano, nonostante i lài dei giornalisti amici, nonostante gli appelli perché il carcerato è "vecchio", nonostante la clemenza che, indubbiamente, verrà applicata perché si tratta di un comunque di un comunicando liberato ed ex governatore della Lombardia, non di un proletario di Cisterna di Latina che faceva il portinaio di uno stabile a Parigi e scriveva noir.

Se si fanno poi i conti di quanta gente può avere ammazzato il proletario di Cisterna di Latina a vent'anni, e di quanta può averne ammazzata il devoto governatore della Lombardia durante l'esercizio del suo potere, occorrerebbe ragionare sui morti immateriali, e anche sull'essenza stessa della morte. La quale, dagli stati e dai loro servitori, viene amministrata anche facendoci nominalmente vivere biologicamente. A volte, è chiaro, anche non immaterialmente.

Formigoni in galera è soltanto un altro prigioniero. Null'altro. Per cinque anni, per cinque minuti, per una vita. E' come il comandante Schettino. E' come Nadia Desdemona Lioce. E' come lo spacciatore immigrato. E' come il pedofilo o Bossetti. E' come altri politicanti che ci sono finiti. E' come Raoul Gardini che in galera ci sarebbe finito a breve, prima di ammazzarsi. E' come Sole e Baleno. E' come Prospero Gallinari. E' come Pierluigi Concutelli. E' come Totò Riina e Salvatore Provenzano. E' come il Paska. 

E', infine, come tutti noi altri che la galera, oramai, ce la abbiamo dentro la testa. Come noialtri che ci raduniamo fuori dalle caserme dei Carabinieri quando portano via qualcuno, tirandogli sputi e sassate, invocando garrote e ghigliottine e non solo il carcere per sempre, preparandoci poi a linciarlo sui social visto che non possiamo farlo per la strada. 

Noi, piccoli e grandi macellai quotidiani. Per non sentirci insicuri. Per fare finta di non vedere i nostri piccoli e grandi crimini quotidiani. Per credere di essere bravi cittadini. Per invocare sempre più tutori in armi, gli unici autorizzati a servirsene legalmente perché ci proteggono. Per eleggere e mandare al potere assassini matricolati. E' una cosa generalizzata, comune. E' una cosa che porta voti e consenso. 

Questo potrebbe essere il vero senso della Comunione e Incarcerazione del titolo. Voleva essere una battuta, ma alla fine diventa la fotografia di un paese intero.

Fuori i Formigoni dalle galere! Dentro nessuno, solo macerie!