lunedì 11 gennaio 2021

Il lungo sonno


Ahhhhhhh....!!! Che dormita! Mi ci voleva proprio, una pennichella di quelle serie!

Solo che, perdiana, mi sono risvegliato in un posto un po' singolare. No...niente di esotico, non sono certo su una spiaggia delle Maldive o in una strada di Santo Domingo; sono su un treno. Dico, un posto un po' singolare per risvegliarsi da una dormita veramente galattica; ma non che un treno sia il primo posto dove ritrovarsi al risveglio da un lungo, lungo sonno. Ma è, almeno a una prima occhiata dopo la stiratona di prammatica, un normalissimo treno, mi sembra un "Intercity", coi vagoni e tutto il resto, che corre su delle rotaie, passa per certe stazioni e si ferma a certe altre. Il problema è che, a bordo di questo treno, le cose singolari non sono affatto terminate; lì per lì non ci avevo fatto caso, mezzo assonnato e con gli occhi ancora impastati; poi mi sono alzato per andare a sciacquarmi un po' la faccia in bagno, e ho constatato che la mia dormita deve essere stata davvero interminabile. Per un momento ho temuto di aver dormito i famosi vent'anni di Rip van Winkle, ma poi mi sono accorto che è soltanto il 2021. Undici gennaio duemilaventuno. Ho dormito per un anno e quattro mesi; il 9 settembre 2019 ho ricopiato una lettera di un condannato all'ergastolo, e poi mi sono addormentato. Certo, un anno e quattro mesi non saranno i venti del protagonista della novella di Washington Irving, ma è pur sempre un sonnellino rispettabile.

Ma dicevo delle cose singolari assai che ho notato a bordo del treno in cui mi sono risvegliato. I passeggeri, prima di tutto; pochi, e tutti con sulla faccia una mascherina chirurgica a coprire la bocca e il naso; e la cosa più singolare di tutte e che, prendendomi la voglia di grattarmi il naso, mi sono accorto che ce la avevo anche io, la mascherina. Qualcuno deve avermela messa mentre dormivo, di sicuro. E, grattandomi la pera, mi sono ovviamente chiesto che cosa stia succedendo. Mi sono detto che i casi sono due: o siamo stati invasi dai giapponesi, che hanno imposto a bordo dei mezzi pubblici l'uso della mascherina come sulla metropolitana di Tokyo, oppure deve essere in corso qualcosa di estremamente grave di cui non mi riesce comprendere bene l'entità. Mi guardo attorno, e vedo davanti a me una signora che legge un libro e che, ogni tanto, si disinfetta le mani con una boccetta di Amuchina. Passa il controllore, e ha pure lui la mascherina (ma col "logo" delle Ferrovie); passano gli agenti di polizia, e pure loro con la mascherina. Tutti mascherati, tutti travisati. Che sia stata finalmente abolita la Legge Reale?

Mi alzo per cercare di capirne qualcosa di più; come risveglio, insomma, lo si capirà, è abbastanza bizzarro, nonostante sia una radiosa giornata invernale e il convoglio passi per distese di campi lungo la pianura, dove sicuramente neri alberi stanchi son come amanti dopo l'avventura. Le stazioni mi sono familiari: "Fidenza", "Parma", "Reggio Emilia"...ma guardando dai finestrini, non si avverte il consueto viavai di gente. Vado in bagno un'altra volta, per una pisciatina e per sciacquarmi, stavolta, la faccia un po' meglio; su un sedile, abbandonata, la copia di un giornale, non so se la Gazzetta della Sera, il Quotidiano del Giorno o il Corriere delle Quattro e un Quarto; c'è un titolone che parla di Decreti, di Zone Rosse e di Coprifuoco. 

Ecco, ora la terribile verità mi appare chiara; mentre dormivo, è scoppiata la guerra. Alla fine, dài pìcchia e mena, ce l'abbiamo fatta a arrivarci, perdiana. Le mascherine? Del tutto ovvio: figuriamoci se, nel 2021, non c'è il pericolo di una guerra batteriologica. Il coprifuoco, persino; bella roba! Quindi, fra un po', seguendo la logica, ci sarà anche l'oscuramento. E ci credo, allora, che mi sono fatto una dormita cosmica. E dove staranno bombardando? Le nostre truppe al fronte come si comportano? L'abbiamo finalmente presa quella maledetta Gorizia?

Certo che, durante questo mio sonno, mi devo essere perso un bel po' di cose, e tutte estremamente interessanti; mentre dormivo, in effetti, avvertivo un brusio continuo, un ronzio planetario; era il flusso della Comunicazione. Tutti che mi comunicavano addosso, e io dormivo. Nel mio sonno profondo, mi sembrava di sentire un armonioso canto di uccellini, e invece era Whatsapp. Quante analisi, quanti approfondimenti, quante immagini, quante battute, quante notizie, quanti filosofi, quanta libera espressione mi devo essere perso! Sentivo tutto quel "zzzzzzzzzz", e quasi quasi mi conciliava il sonno; e, nel frattempo, il mondo entrava a capofitto dentro la catastrofe.

Però, poi, mi sono accorto, guardando meglio la prima pagina del quotidiano abbandonato, che non tutto deve essere cambiato. Sotto il titolone del coprifuoco, vedo una grossa foto di Matteo Renzi, e noto che non è cambiato per niente: la solita faccia a bìschero. Distrattamente, vedo che stavolta, in piena guerra batteriologica, ce l'ha con tale "Conte"; mi chiedo che cosa mai gli abbia fatto l'allenatore dell'Inter, forse che la Fiorentina stia lottando con l'Ambrosiana per lo scudetto, e abbia subito un grave torto arbitrale? Oppure Renzi, per un motivo che mi resta francamente incomprensibile, ce l'ha col cantautore astigiano, quello che faceva l'avvocato e gli piacevano le Topolino amaranto...? Mah. Vallo a capire, quel personaggio. Nella foto, tra l'altro, sembra averci i capelli ancor più unti del solito.

Il treno corre; il risveglio si completa. Do un'occhiata al mio vecchio portafoglio, mezzo disfatto, e -con mia estrema sorpresa- ci trovo dentro un regolare biglietto ferroviario e ben quaranta euro in contanti. Sul biglietto c'è scritto che devo scendere a Firenze Rifredi, e quindi significa che sto tornando a casa. Qualcuno, sì, deve avermi infilato su questo treno, e lo capisco; anche mentre dormo, sono una presenza piuttosto ingombrante. Oppure che abbia dormito sui treni per un anno e mezzo? Certo, vacca boia, mi chiedo che ne sia stato di casa mia, poerammé. Sempre che nel frattempo non la abbiano pignorata e assegnata alla Pia Confraternita di S. Filomena de' Sottaceti, o non l'abbia occupata il Centro Pranoterapeutico Ayurvedico, cosa ci troverò dentro? Il Museo Nazionale delle Ragnatele? Una colonia di gufi? Una famiglia di kossovari? E chi lo sa; nel qual caso, caro lettore, cara lettrice -sempre che qualcuno di voi esista ancora,- sappi che fra qualche ora mi vedrò costretto a bussarti alla porta e a chiederti ospitalità per stanotte. Mi contenterò di un morbido letto a baldacchino e di una frugale cenetta a base di Blinis Strogonoff e caviale Malossol, innaffiata con un modesto Chateauneuf-du-Pape del 1952. Non ti chiedo molto, in fondo, e soltanto per una notte.

Ad ogni modo, appena sceso alla stazione di Rifredi, una cosa me la concederò senz'altro, perdìo. Quale risveglio può esistere senza un buon caffè? Mi siedero al tavolino del primo bar, stravaccando i miei piedacci e restando seduto almeno una mezz'oretta servito e riverito; con quei quarant'euro che ho in tasca potrei concedermi persino la cena in pur modesta trattoria familiare. E poi? Boh. Poi torno a casa. E domani, magari, mi riaddormento; la vida è suegno.