mercoledì 17 ottobre 2007

Tennis



In questi giorni sono di nuovo alle prese coi cantautori svedesi (forse lo avrete
vagamente notato). Anche questa cosa ne parla, in senso lato. Inoltre è stato scritta in una data che, per vari e pittoreschi motivi, ha assunto una strana importanza nella mia storia: il 18 novembre. Per la cronaca, risale proprio al 18 novembre 2005, la stessa data in cui a Livorno, in via dell'Antimonio, è successo un fatto un po' strano.

In certi giorni le cose si accavallano. E così, proprio mentre mi sto leggendo e rileggendo i racconti di Osvaldo Soriano sul calcio (ma anche su altre cose, come quello, meraviglioso, sulla morte di Robespierre), sto traducendo a dritta e a manca i cantautori svedesi degli anni '70, da Björn Afzelius alla sua Hoola Bandoola Band, da Mikael Wiehe a Jan Hammarlund, da Dan Berglund (che è di Gävle, la città natale di Joe Hill) ad altri di cui non sto neppure a dirvi i nomi, da quanto sono noti…insomma, tutta una generazione di artisti, alcuni dei quali (come Afzelius) già bell'e morti, che hanno scritto e cantato delle belle cose, a volte bellissime, il cui solo torto è quello di non essere in inglese. Ma è un altro discorso, questo. E' sempre un altro discorso. E, del resto, accanto alle cose belle e bellissime, come tutti quanti (Dylan compreso) hanno scritto anche delle emerite cacate. Ma oggi mi sono imbattuto in una canzone (della Hoola Bandoola Band, per l'esattezza, e scritta proprio da Björn Afzelius e Mikael Wiehe) che mi ha riportato alla mente certe cose. Ve le voglio raccontare. La canzone è del 1975 e parla di un match di tennis.

Nel 1975 ero un ragazzino, ed avevo quell'età dove si segue qualsiasi sport. Ora il tennis lo detesto sinceramente, al pari dell'automobilismo e del motociclismo; ma allora seguivo con passione anche quegli sport, ed altri ancora che non mi dicono assolutamente più nulla da anni e anni. Oltre agli sport, mi garbava seguire tutto quel che c'era da seguire in questo pazzo pazzo mondo; un'abitudine che, fortunatamente e disperatamente, non ho perso. E così mi ricordo di quei giorni di settembre del 1973, del palazzo della Moneda bombardato e in fiamme, dei carri armati per le strade di Santiago, del Cile piombato nel buio della dittatura militare. Le canzoni degli Inti-Illimani e dei Quilapayún ho cominciato a impararle allora, mi stanno nella memoria lunga e sarà difficile che vi escano. La foto di Allende con l'elmetto e il fucile in mano ce l'ho da sempre negli occhi, così come le prime foto di Pinochet. Undici settembre 1973. Comincia, oltre alla repressione, ai massacri ed agli esili, anche il laboratorio ultraliberista di Milton Friedman e della Chicago School, che fanno del Cile di Pinochet l'esperimento privilegiato delle loro teorie. Campo libero. In Cile cominciano a vedersi anche un bel po' di neofascisti e stragisti italiani, così come dopo si vedranno nell'Argentina dei militari.

Un mese dopo il golpe, nello stesso Estadio Chile che aveva visto migliaia di prigionieri rinchiusi in armi e l'assassinio di Víctor Jara, si tiene una partita di calcio decisiva per la qualificazione ai mondiali di Germania del '74. Dovrebbe essere Cile-URSS. Ma l'URSS non c'è. Non si è presentata. Scende in campo la nazionale cilena di Galíndez, e basta. Viene dato il fischio d'inizio, e i giocatori cileni si passano la palla fino a infilarla nella porta avversaria vuota. Cile 1 - URSS 0. Il Cile va ai mondiali, dove verrà peraltro eliminato al primo turno (al pari dell'Italia di Chinaglia, Anastasi e degli oramai cotti Riva e Rivera).

Nel 1975, per la Coppa Davis di tennis, si deve giocare in Svezia un match sulla carta senza storia. Svezia-Cile. La Svezia è quella, fortissima, di una delle leggende del tennis di tutti i tempi: Björn Borg. Allora non ha manco vent'anni ed è già il più forte giocatore del mondo, quello che ha rivoluzionato il gioco inventando, ad esempio, il micidiale rovescio a due mani. In Italia non si è mai saputo come pronunciarne il nome; perlopiù lo si chiama Bìorn, con l'accento sulla "i"; e, a quei tempi, anche l'Italia tennistica è fortissima. E' quella di Nicola Pietrangeli, mezzo italiano e mezzo tunisino (ma con la madre russa), che fa da capitano non giocatore. E' quella di Adriano Panatta, di Paolo Bertolucci, di Corrado Barazzutti, di Tonino Zugarelli. E' quella che, per un match di Panatta a Wimbledon (poi perso) riesce a far slittare la trasmissione del TG1 delle 20 a orario da destinarsi. Ma nel 1975, in Coppa Davis, è già volata fuori quando la Svezia deve invece giocare il suo quarto di finale con il Cile, in casa, presso gli impianti di Båstad (che si pronuncia bòòstad). E in Svezia scoppia il cataclisma.

Fin dall'annuncio del match inizia in Svezia una enorme campagna per il boicottaggio dell'incontro con la squadra cilena, formata da dirigenti e giocatori favorevoli alla giunta di Pinochet ed espressione perfetta della Upper class che aveva sin dall'inizio sostenuto il golpe contro Salvador Allende e la Unidad Popular. In Svezia si forma immediatamente un gruppo denominato Aktion Stoppa Chilematchen (" Azione Stop al Match con il Cile "), cui presto si uniscono altre organizzazioni della sinistra istituzionale e extraparlamentare. Anche il Riksidrottförbundet (Federazione Sportiva Nazionale, il CONI svedese) e il Tennisförbundet (Federazione Tennistica Svedese) sono invitati a dimostrare il proprio appoggio al popolo cileno annullando il match (che avrebbe comportato l'automatica eliminazione della Svezia), che però, -naturalmente- rispondono picche nel consueto "nome dello sport" che "non deve entrare con la politica" (evidentemente, però, c'entra quando i giocatori cileni, da perfettissimi momios, nelle interviste, esaltano ben istruiti il "nuovo Cile libero dal comunismo" e l' "economia in rinascita" grazie alle ricette ultralibertiste di Friedman e della sua scuolina). Si tiene quindi una dimostrazione durante il match (che viene, per la cronaca, vinto dalla Svezia per 5-0, con Borg e Wilander che massacrano a pallate i malcapitati cileni ; la Svezia avrebbe poi vinto la Coppa Davis), cui partecipano oltre settemila persone. Sono liberati in aria migliaia di palloncini colorati, ognuno dei quali reca il nome di un prigioniero politico in Cile, ed anche i giornalisti e i commentatori televisivi cileni non possono evitare che la cosa sia vista, dato che la trasmissione in diretta avviene a cura della TV di stato svedese. C'è stata una generazione che ha visto di queste cose, insomma. E che ha, almeno in Svezia, ascoltato canzoni come quella della Hoola Bandoola Band di un altro Björn, che così dice (e stavolta vi risparmio il testo svedese; ma il titolo è Stoppa matchen, cioè "Fermate il gioco"):

I fascisti governano con il terrore e la tortura e poi cianciano di "spirito di legalità", sì, ci sarebbe quasi da vomitare. Mentre i contadini e i lavoratori son tenuti in scacco dai militari, così che i ricchi possano giocare a tennis. Ma, cazzo, qui non ci giocheranno. Fermate il gioco, fermate il gioco! Con le olimpiadi di Berlino del '36 Hitler si fece tanta di quella pubblicità che quasi ci rimase stupito lui stesso; e i generali cileni stanno per fare la stessa cosa. Ma noi non faremo propaganda per il loro apparato di terrore. Fermate il gioco! Fermate il gioco per non giocare a tennis, qui, con loro. Quelli di Båstad, che minacciano coi bastoni e coi fucili, vogliono solo difendere i profitti portati dal turismo. Hanno, come i generali, ben precisi motivi economici. E poi dicono che lo sport non c'entra con la politica. Fermate il gioco! Si deve scegliere da che parte stare, si deve prendere posizione. Non si può certo ritirarsi oppure mettersi da un lato. Se la partita si gioca la upper class cilena ne sarà fiera. Ma se la partita viene fermata, dimostriamo il nostro appoggio al popolo cileno. Fermate il gioco!

L'anno dopo, nel 1976, la stessa cosa accadde in Italia. Stavolta si trattava della finale stessa della Coppa Davis, che la squadra italiana di Pietrangeli, Panatta e Bertolucci doveva giocare a Santiago del Cile, dato che il Cile si era ritrovato in finale proprio grazie al boicottaggio della semifinale da parte, ma guardate un po', dell'Unione Sovietica. Anche in Italia vi fu un vastissimo movimento in favore del boicottaggio della finale contro il Cile, ma -ovviamente- prevalsero le "ragioni dello sport". Il match si tenne, trasmesso in differita dalla RAI, e l'Italia vinse la sua unica Coppa Davis della storia. Mi ricordo di averlo seguito in televisione, a orari stranissimi, con mio padre che da una parte moccolava perché si era andati a giocare in quel posto di merda e in mezzo a quella gente di merda, e dall'altra tifava per Panatta come un forsennato (lo stesso Panatta, però, che si era schierato decisamente per la partecipazione). Mi ricordo le inquadrature del pubblico, dove si vedeva gente sorridente, vestita bene e decisamente benestante. Era quel che si voleva far vedere, ovviamente. Come si stava bene senza quei maledetti comunisti dai quali Pinochet aveva salvato il Cile con il gentile aiuto del premio Nobel per la pace Henry Kissinger. Mica si faceva vedere Missing con Jack Lemmon. Però era la stessa RAI che, il 23 febbraio 1977, trasmise in diretta il concerto degli Inti-Illimani, di Isabel e Angel Parra e di Edmonda Aldini che cantavano e interpretavano il Canto para una semilla. Mi sia permesso di averne, per una volta, un granellino di nostalgia. Anche perché in quell'occasione ero pure davanti alla televisione, e il "Canto per un seme" me lo ricordo ancora a memoria dal primo all'ultimo verso, da Cantar es lindo deleite dell'introduzione al triplice Se acaben las pesadumbres dell'ultima canzone.

E così finisce questa cosa. Quasi quasi la dedico alla memoria di Osvaldo Soriano. Mica perché io sappia scrivere come lui, e di calcio vi si parla solo di sfuggita. Ma gliela dedico lo stesso, certo del resto che è morto fin dal 1997, lo stesso anno in cui è morto -due giorni fa- mio padre, e che quindi non gliene importa un accidente nel suo attuale lautes Nichts.

Ihn rührt kein Nun noch Hier. Ihn rührt kein Tennis noch Fussball
. Ma son cose che, a me, mi rühreranno per sempre. Saluti a tutti.

1 commento:

pappagheno ha detto...

Osvaldo Soriano è lo scrittore che tutto il mondo dovrebbe aver letto almeno una volta nella vita. e invece viene relegato ad una riga sulle antologie del novecento :-(

grazie per la traduzione, davvero perfetta...