martedì 10 marzo 2009

Una gita sull'Aar



Me ne stavo con la mia barchetta nel punto più imo del fiume Aar, più noto come il fiume di Berna, leggendo le Eèe di Esiodo e grattandomi pigramente l'epa, quando ripensai preoccupato al mio conto corrente presso lo Ior, che stava pericolosamente assottigliandosi. "Mio Dio!" -esclamai-, "dovrò chiedere ajuto alla regina Ena di Spagna, altrimenti mi vedrò costretto ad affogarmi nell'Ema! Ma, in quel momento, un'allegra e graziosa ila passò gracidando e mi distolse da quei neri pensieri, anché perché mi trovavo già sull'Aar e quindi, casomai, avrei potuto già buttarmi là dentro senza dover ricorrere al fiume del Galluzzo. Così facendo, la mia barchetta s'arrovesciò, ma giunse a salvarmi un'inia, un simpatico delfino di fiume che di colà passava proveniente chissà come dalle rias spagnole: sicuramente l'aveva mandata Era, forse addirittura dalle acque dell'Era o dell'Omo! Saltellando allegramente nell'Aar in groppa all'inia, ebbi alfin più rosei pensieri: ci avrebbe pensato Opi a farmi nuotare nell'abbondanza e, magari, a farmi incontrare l'amore nella persona di una squisita e compìta giapponesina cui avrei volentieri slacciato l'obi del kimono. Ma mentre ero assorto (e quindi non corpèvole) in quei dolci e voluttuosi pensieri, l'inia andò a incagliarsi in un ciuffo maleolente d'ari affioranti; fui sbalzato e mi ritrovai sulla riva dell'Aar dove fui raccolto da un pietoso norvegese di nome Olav. Gesù, che giornata movimentata sull'Aar !


Della mia autentica e bruciante passione per le parole crociate, i rebus, le sciarade, gli enigmi e compagnia bella non ho sicuramente mai fatto mistero a nessuno; poiché non mi riuscirà mai parlarne compiutamente, questa storiella-nonsense vuole essere un omaggio a tale passione pluritrentennale; ma ha anche un preciso valore (a)sociale. Essa, infatti, è volutamente costruita utilizzando una serie di celeberrime parole che non si trovano in uso che nei cruciverba, e che ritornano da 950 anni circa in ogni fascicolo settimanale, quindicinale o mensile delle varie riviste. Si tratta di parole perlopiù molto brevi, variamente definite, che servono generalmente da "tappabuchi" nelle parti morte degli schemi liberi. A parte l'uso locale di alcune di esse (certamente al Galluzzo, che è una frazione di Firenze, tutti sanno cos'è l'Ema, e poco in là, a Ponte a Ema, è nato Gino Bartali e soprattutto abita Daniele del CPA; ma sicuramente tale rio -toh, a proposito!- sarebbe stato meno noto a Sondrio o a Carlentini se non fosse stato per la Settimana Enigmistica), il resto sono parole morte, utilizzate soltanto nelle riviste enigmistiche; persino il celebrato Bartezzaghi non se n'è mai privato. Col mio raccontino-nonsense ho inteso finalmente dar loro vita, consegnarle all'eternità di Google e alle sbirciatine di Echelon (per il quale, ovviamente, inia diverrà, da un innocuo e simpatico delfino fluviale, la pericolosa organizzazione terroristica INIA -International Nazist Islamocommunist Association-) e quindi, finalmente, immetterle nell'uso. Quante ancora di queste parole esisteranno, costrette a passare la loro sotterranea vita tra gli incroci obbligati, le cornici concentriche e le parole crociate ad anelli? Salviamole!

Nota Bene. La povera regina di Spagna Ena, moglie di Alfonso XIII, oramai è stata sloggiata da ENA, sigla della famosa École Nationale d'Administration (quella degli
énarques) che forma i funzionari dello stato francese. Era è assai più spesso il nome greco di Giunone che il rio toscano che forma la Valdera e passa per Pontedera, provocando così una crisi di gelosia tra fiumi; ma anche l'Ema comincia a non passarsela più tanto bene, spesso sostituito dal prefisso greco per "sangue". Le rias e l'inia non corrono alcun rischio, così come gli ari (detti anche gicheri, gigari eccetera) -pianticelle alquanto puzzolenti e anche non poco tossiche-, l'obi, la dea Opi, il norvegese Olav. Si giunge poi agli immarcescibili, agli imprescindibili, agli immutabili: le Eèe di Esiodo, l'aggettivo imo, la "raganella arborea" e l'Aar. Però, un giorno o l'altro, qualcuno dovrà andare a dire ai cruciverbisti che, in Svizzera, e massimamente a Berna, il fiume in questione si chiama Aare. Nella foto lo vediamo proprio attraversare Berna: si avvera il sogno di ogni cruciverbista, avere finalmente un'immagine di quel fiume, e la conferma che esiste (seppur proditoriamente privato della sua legittima "e" finale), che passa veramente per la capitale elvetica e che non è un'invenzione del Dott. Prof. Ing. Comm. Grand'Uff. Lup. Mann. Giorgio Sisini, conte di Sant'Andrea!