mercoledì 28 aprile 2010

Plunder


Prima bisognerà sorbirsi una pur sommaria descrizione del posto. È il vialetto d'ingresso ad un istituto dove, praticamente ogni giorno, porto o vado a riprendere con un mezzo attrezzato dei disabili gravi. Credo di averne già parlato qualche volta, e sicuramente sarà così: sono una persona piuttosto limitata. Parlo sempre delle stesse cose, sovente banali, però con il vizio di viverle in prima persona. Non amo le glorie mai vissute e non ho unici periodi in cui è stato decente vivere. Vivo a Firenze nel duemiladieci, e stop.

Il vialetto in questione, sbarrato da due cancelli elettronici paralleli, è una cosa che fa bestemmiare. Per infilare bene l'entrata bisogna prima allargare a sinistra, poi mettersi completamente di traverso per la strada e, infine, scendere a suonare il campanello. A volte passa un minuto buono prima che aprano, e bisogna restare là, intraversati, a aspettare. Nel frattempo sfrecciano macchine e motorini; alla fine aprono. Il vialetto, lungo un centinaio di metri, è incassato fra muretti di pietra con delle sporgenze dove sono sistemati degli ulivi; a un certo punto c'è pure una curva. È talmente stretto, che una persona normale farebbe fatica a passarci con una Panda; a noi, invece, tocca passarci con un Ducato attrezzato gentilmente regalato dall'ATAC di Roma. Passo d'uomo? No, perché un uomo va più veloce. Ciononostante, i mezzi attrezzati che fanno quel tipo di servizio hanno delle fiancate che fanno pietà, ed anche la gioia dei carrozzieri.

Una descrizione pallosissima. Lo so. Cazzo ve ne dovrebbe fregare di quel vialetto. Un paio di giorni fa, ad esempio, alle otto e mezzo di mattina stavo cominciando la manovra d'ingresso, allargandomi sulla sinistra eccetera. Solo che stava passando una signora di mezz'età, a bordo di una Clio. Mi sono fermato, e ho compiuto un gesto irreparabile. Mi è venuto di farle segno di passare, con una mano fuori dal finestrino. Apriti cielo; e si è aperto.

La signora deve avere equivocato. Quel che voleva essere, ed era, un gesto di gentilezza, è stato preso come un'offesa mortale. Un insulto lesivo della dignità personale. Ha inchiodato. Ma lei vada a farlo a sua madre quel gesto! Io, esterrefatto. Volevo dirle che si era sbagliata, che era solo un cenno per dirle che l'avevo vista, e che stavo fermo -allargato sulla sinistra- per farla passare. Invece non ce l'ho fatta nemmeno a dire . Questa qui che dava in escandescenze. Poi mi è venuto di fare un gesto ancora più scemo: quello di indicare le persone che avevo a bordo. Le cui condizioni sono immaginabili (o forse no). Chissà. Forse volevo dirle: Signora, porti pazienza, non vede che cosa sto facendo, chi sto trasportando? Direi che ho fatto malissimo. Qualsiasi cosa accada, non sono persone che devono essere prese a pretesto. Nemmeno quando non si è fatto niente di male, e si ha solo davanti un'imbecille matricolata e arrogante.

La quale ha guardato un attimo, si è resa conto, e ha esclamato: Sì, bellini! Ma vai a buttarli nel cassonetto questi qui, che è meglio! Poi ha sgommato e se ne è andata via. Solo allora mi sono ripreso dal torpore primaverile. Lì per lì mi è presa la voglia di andarle dietro col furgone e di fare qualcosa di molto disdicevole. Mi sono tenuto, naturalmente. Sono rimasto là, due secondi, poi mi sono regolarmente messo di traverso, sono sceso per suonare il campanello e ho cominciato il malefico vialetto.

Dietro di me, sulle loro carrozzine, spazzatura. L'ha detto la signora sulla Clio. Non persone, ma rifiuti da buttare nel cassonetto. E, se tanto mi dà tanto, non sarà nemmeno l'unica a pensarla così; tutt'altro. Come ho detto prima, vivo nel duemiladieci; e questo è il duemiladieci. Bisogna prenderne atto e percorrere malefici vialetti lunghi migliaia di chilometri. Constatare che è sempre più valido quel che disse Brecht in A coloro che verranno: "Noi che volevamo approntare il mondo alla gentilezza, noi non si poté essere gentili". Non si può più, quando la stupidità incontra quotidianamente la crudeltà gratuita, sbattuta sul muso, normale, alle otto e mezzo di mattina di un giorno qualsiasi.