venerdì 12 novembre 2010

Chiese e fascismi (4a parte)


Chiese e fascismi
Una collezione di dati, di conoscenze ed altre cose per questi santi giorni, assemblata e compilata da Riccardo Venturi

4a parte
(it.politica, 11 aprile 2005)

Mons. Jozef Tiso (1887-1947)

Passiamo alla Slovacchia di un altro prelato assai celebre, mons. Jozef Tiso. Per il regime slovacco, Göbbels in persona coniò la definizione di "fascismo del buon Dio". Con la legge del 22 ottobre 1942, monsignor Jozef Tiso, presidente della repubblica slovacca e capo del "Partito dell'Unità Nazionale" (partito unico, ovviamente), fu elevato al rango di guida della nazione (ricordiamo che Führer significa per l'appunto "guida", in tedesco, al pari di dux in latino).

Nessuno può negare il ruolo nefasto di questo grand'uomo di chiesa in quanto leader di una parte della "Nuova Europa": creò la guardia Hlinka (in pratica le SA slovacche), promulgò il Codex Judaicus che portò alla deportazione di 57000 ebrei tra il marzo e il giugno 1942, istituì un buon numero di campi di concentramento, represse con ferocia ogni tipo di opposizione politica e la resistenza a tal puntoche persino il Vaticano, per mano di mons. Domenico Tardini, reagì discretamente (ma con una nota interna e top secret). In tale nota del marzo 1942, mons. Tardini scrive infatti: "In Slovacchia esistono due pazzi: Tuka (11) che fa e Tiso, sacerdote, che lascia fare." A tale riguardo, Henri Fabre si pose una domanda essenziale: "E chi è che lascia fare Tíso?" (12) In pratica, Tiso si mostrò condiscendente a tutte le richieste di Hitler (in primis la consegna degli ebrei slovacchi) e le reazioni della chiesa cattolica si limitarono a qualche privatissimo brontolio.

Dopo la fine della guerra, monsignor Jozef Tiso fu arrestato e processato. Condannato a morte da un tribunale nazionale per crimini di guerra e contro l'umanità, fu impiccato nel 1947 a Bratislava. La comunità ebraica mondiale imputa proprio a lui la deportazione di migliaia di persone. È per questo che ambienti ebraici, interpellati dall'agenzia di stampa Ap.Biscom si attesero invano da Karol Wojtyła, in occasione della sua "visita pastorale" in Slovacchia, il pronunciamento di un mea culpa sulle responsabilità storiche che gravano sui figli della Chiesa slovacca.

Va da sé che non tutti sono propensi a ritenerlo un criminale di guerra, sebbene le sue responsabilità apparissero chiare persino ai vertici vaticani dell'epoca. Basti solo pensare che, pochi anni fa, la rivista Studi Cattolici (vicina, casualmente, all'Opus Dei) (toh!), ospitò un saggio dello scrittore cattolico di estrema destra Rino Camilleri in cui monsignor Jozef Tiso veniva definito nientepopodimeno che un martire slovacco, e colui che "salvò il Paese dalle mani del Reich". Secondo la ricostruzione fatta da Rino Camilleri, Hitler cercò in tutti i modi di liberarsi di quel prete che guidava il governo di Bratislava, il quale fu capace di tenere i nazisti lontani dall'economia slovacca per tutto il conflitto. Tiso, poco prima di morire, lasciò un testamento spirituale in cui tra l'altro si legge: "Muoio come martire della legge naturale data a Dio a ciascun popolo di promuovere la sua libertà ecome difensore della civiltà cristiana contro il comunismo". Parole già sentite, e che ancora si sentiranno; proprio per questo la figura di mons. Tiso è discretamente popolare presso alcuni ambienti leghisti (si veda la foto sotto il titolo, dove il prelato fascista slovacco è celebrato da una sedicente Comunità Antagonista Padana).


Józef Klemens Piłsudski (1867-1935)

Passando alla Polonia, dal 1926 al 1939 (cioè fin quando non fu invasa dalle truppe hitleriane con il primo atto della II guerra mondiale),essa fu retta dal regime del maresciallo Józef Klemens Piłsudski e può essere considerata, senza alcuna esagerazione, come una dittatura a forte connotazione clericale (del tutto ovvia in quel cattolicissimo paese). Ma già con la costituzione del 1921 (anteriore quindi alla dittatura di Piłsudski), la chiesa cattolica polacca ottiene dei diritti e dei poteri a dir poco esorbitanti, per altro addirittura rafforzati con la firma (nel 1925) del concordato con il Vaticano. A partire dal 1925, la Polonia divenne una vera e propria teocrazia, dove al Codice di Diritto Canonico fu ufficialmente dato valore di legge dello stato. Di che far pensare coloro che si indignano tanto per l'applicazione della Shari'a nei paesi islamici, verrebbe da dire.

Con i suoi frenetici appelli alla "lotta contro il comunismo" da parte di una chiesa come quella polacca, che era ed è tornata ad essere la più grande proprietaria immobiliare e terriera del paese e la maggiore potenza finanziaria, la gerarchia cattolica polacca si rese complice perfetta della repressione nazionalista che colpiva tutti coloro che manifestavano la minima opposizione: comunisti, certamente, ma anche anarchici, socialisti e persino membri del "Partito Contadino" e del Partito Cristiano Sociale.

Nel 1935, 7000 oppositori vengono imprigionati e migliaia di altri internati in campi di concentramento come semplice "misura amministrativa"; particolarmente terribile si rivela il lager di Bereza Kartuska. Si intensifica in seguito la violenza antisemita tanto ben descritta da Art Spiegelmann nel suo Maus : la chiesa cattolica fa, per esempio, tradurre in polacco e pubblicare i Protocolli dei Savi di Sion su suggerimento dei membri del "Campo Nazional-Radicale" (NARA), la versione locale del partito nazista (ma con le ovvie connotazioni ultracattoliche), che prestano il loro giuramento di fedeltà alzando il braccio teso nel saluto fascista davanti all'immancabile "Madonna Nera" di Częstochowa (che, in questo caso, diviene nerissima). Man mano che la campagna antisemita in Polonia procede (senza alcun intervento dei "nemici" tedeschi, va detto; i polacchi fecero tutto da sé), si assiste a boicottaggi sistematici degli ebrei, a restrizioni sempre più terrificanti e, soprattutto, ad un numero di pogrom che fa impallidire persino i nazisti tedeschi: se ne contarono oltre 3000 (tremila) prima del 1° settembre 1939. La popolazione cattolica polacca vi partecipa con fervore, assecondando l'antisemitismo del clero cattolico che ha radici medievali (13); nel febbraio 1936 il primate di Polonia, l'arcivescovo di Varsavia August Hlond, invia una "Lettera pastorale" in cui si invita la popolazione polacca a "partecipare attivamente all'eradicazione dal suolo polacco del popolo deicida". In pratica, un'anticipazione perfetta della Endlösung hitleriana, che trovò in quel paese un terreno fertilissimo; non a caso, quindi, nella raffigurazione animale del Maus di Spiegelmann, ai polacchi vengono attribuite le fattezze di maiali.

NOTE alla 4a parte

11 Vojtech Tuka era il primo ministro slovacco, anch'egli cattolico praticante.
12 Fabre, Henri, L'Eglise catholique face au fascisme et au nazisme. Les outrages à la vérité, Bruxelles, 1994, p. 332.
13 Della "Dieta" (parlamento) polacco facevano parte ben 46 preti.

(4. continua)