martedì 10 giugno 2014

Piero Ciampi? State zitti tu e i tuoi servi, cisterne di merda!



Dei "risultati" delle "elezioni comunali" e di qualsiasi altra elezione, m'importa meno che della sega d'un colibrì. Da chi abbiano "scelto" di farsi amministrare quella metà di livornesi (50,44%) che sono andati, domenica scorsa, a votare per un'accozzaglia di gente in contrapposizione al PND (Partito Nazionaldemocratico der Arbeiter)  che da settant'anni, in varie forme, non si spiccicava peggio che se l'avessero incollato con l'Attak, sono cazzi loro, 'ni vo in culo e porto sei. Certo che, ancora una volta, a Livorno come altrove, non si vuole proprio vedere che cosa sia stato in realtà "votato": è stato votato il non votare. Metà della popolazione di una città di 160.000 abitanti che, il giorno del "decisivo & storico ballottaggio", decide di non ballottare e se la patullino un po'quegli altri a base di "cambiamenti".

Anche per questo, sapere e leggere oggi che una serie di cisterne piene zipille di merda, vale a dire Giuliano Ferrara e un suo servo (tale Camillo Langone) si sono permessi, sul loro "Foglio" (sì, ma di carta da culo), di tirare in ballo Piero Ciampi a proposito delle "elezioni livornesi", mi ha fatto balzare sulla sedia con la voglia di averci accanto, e bello carico, un AK47. Non ci credete? Leggete qui. Questi qui mi farebbero vomità anco ir cacciucco der Sottomarino, dé. "Ma domenica a votare è andata a votare la Livorno di Ciampi, inteso il cantautore Piero: il primo che cantò 'ma vaffanculo' ", scrive 'ver popo' di bodda marina al servizio di 'ver butriolo ar cubo di Ferrara; provi magari a immaginare quale vaffanculo cosmico si sarebbero beccati lui e ir su' padrone da Piero Ciampi, che nella sua agra vita fu magrissimo e servo di nessuno.


La Livorno di Piero Ciampi non esiste più. Visto che, anni fa, l'ho fatto perzino risuscità in un racconto, è come se me lo sentissi dire che, quella Livorno là, almeno un po' se l'era inventata lui; come, del resto, me la sono inventata io quando ci stavo. Livorno ne combina di queste cose; è ir 'zu bello, o forse era. O forse, da qualche parte che non so, s'è rintanata in attesa di riuscì' fora. O forse ancora se n'è andata via, schifata; c'è caso che, pe fa' un dispetto, un pezzo se ne sia andata addirittura a Pisa. Ma quella Livorno là,  quella, bisogna soprattutto sapersela inventare, magari in certe nottate d'inverno passate a camminare con in tasca una bottiglia di 'varcosa che, a voialtri, vi farebbe stiantà' solo a sentinne ir puzzo. Quella Livorno triste triste, stranita, inafferrabile come il mare, che potrà essere stata, magari, anche quella di Piero Ciampi ma che è soprattutto la tua, con le canzoni di Ciampi a fa' da colonna sonora. Quella Livorno che sta sotto a patine più o meno colorite e colorate. Quella Livorno arroìta da' ponci. Quella Livorno de su' gatti sotto agli Scali delle Cantine. Quella Livorno dell'ombra di piazza Colonnella che mi dette l'addio regalandomi un euro per le sigarette. Quella Livorno che potrei andà' avanti pe' du' ore a parlanne, compreso spiegà che dose abissale di pezzi di merda ci stanno, da' pottaioni der viale Italia ai fascisti dentro che magari "votavano" pe'r grande Piccì di merda come loro. Ché Livorno ha, o aveva, il cuore duro; non "grande" come si blatera. Ché Livorno non è le macchiette del "Vernacoliere" e men che mai i miti che si è costruita addosso, o che le hanno fabbricato per neutralizzarla, per renderla innocua. La Livorno der ventuno. E così è andata; ce l'ho lasciato per davvero, il cuore sul porto di Livorno. E me la sono portata dietro dappertutto. Divago, vero? Divago, e divago sperando che il maglione di gran marca che regalai a una gatta per avvolgere i suoi gattini appena nati abbia fatto il suo dovere; me lo levai di dosso e rimasi in camicia di novembre. Livorno, non lo sapete, è un novembre. E' il novembre della faccia e della vita di Angelo Froglia. 




E' un novembre, Livorno, che non è dato a utilizzare a dei servi dei servi dei servi. Mi verrebbe la voglia di piglià un treno e d'andà in via Pellettiè davanti ar dodici a urlallo. In culo a voi e alle vostre elezioni. La "Livorno di Piero Ciampi" vi sdraierebbe a picchi ne' denti, brutti sudici. Ferrara. Mi fa sbudellà dar rìde' solo a pensacci; c'è chi colleziona i francobolli o i tappini, e quello è uno che ha collezionato servitù e leccate di culo, a tutti. Ar Piccì der babbino suo, a Crassi, a Berlusconi, ora si dà da fà' con Grillo (uno cui Piero Ciampi avrebbe detto: Dé, ma te li vòi taglià que' 'apelli che sembri ir pupazzo dell'Orzoro...?). E vi ci vorrebbe sì un po' di Livorno, di 'vella 'e dìo io, di 'vella soda; con Ferrara ci si farebbero du' tonnellate di 'Iteat (*) per' tutti i gatti della Fortezza Nova. Poi fa scrìve l'artìolo sulla "Livorno di Piero Ciampi" ar figliolo d'un forgorino; uimmèna. Chissà se ar babbino dell'articolista hanno rovesciato dalla finestra un pitale di piscio sur capo mentre sfilava facendo ir saluto romano.

E Piero Ciampi, brutti pezzi di merda, servi der potere, 'un vi dovete nemmanco azzardà a nominallo. Vi càa sur muso, Piero Ciampi; e pe' unn'èsse da meno, vi cào sur muso anch'io. A voi, alle vostre elezioni, a' vostri sindaci e alle vostre percentuali. Parlatene pure, ma Piero lo dovete lascià stà'. Sennò c'è ir caso che, un giorno, ve lo vedete arrivà' co' un sottomarino; e poi si ride.

(*) Kitekat