venerdì 4 luglio 2014

Rotolando si porta via


Sicuramente Minchia signor tenente era una canzone del cavolo. Dei suoi thriller non ne ho letti nemmeno uno, anche se hanno il record di essere i libri che più ho notato sulle spiagge all'Elba, anche in quelle più riposte. I suoi sketch non mi facevano ridere, ma farmi ridere davvero è difficilissimo (ci riuscì, se ci ripenso, un film comico sovietico degli anni '70, Ivan Vassilievich cambia professione). I suoi quadri non li conosco. Gli ingredienti per l'indifferenza ci sarebbero tutti; e invece, non so nemmeno come dirlo, mi dispiace che Giorgio Faletti se ne sia andato. Mi dispiace per questa canzone qua sotto:



Già. Una canzone e forse una sola. Scritta da lui e cantata perdipiù da un altro che mi ha sempre detto abbastanza poco, nonostante i suoi sforzi di tradurre le amatissime Child Ballads. Succede così a volte: una canzone che parla della tua vita scritta e cantata da due persone lontane, lontane. Penso che sia addirittura bello che accadano di queste cose, come fossero un momentaneo incontro su strade differenti. Del resto, è abbastanza risaputo che non ho mai avuto velleità di essere sempre me stesso, e che le coerenze sbandierate e, perlopiù, di plastica mi fanno semplicemente orrore. O forse, chissà, questo è l'unico modo che conosco per essere davvero me stesso: quello di cercarmi, e a volte persino di trovarmi, negli opposti. E quello di non considerai mai sacro me stesso, perché sono quanto di meno sacro possa esistere.

Quindi, un addio a Giorgio Faletti, certo. Rotolando, qualcosa si è portata via la sua vita; e qualcosa si porterà via, prima o poi, la mia e quella di tutti, in mezzo a una luce che luce non è. Che riposi in pace mentre i signori tenenti e i loro sottoposti continuano a fare i servi dello stato ai famosi milleduecento euro al mese; ma quel giocatore di biliardo, magari, gli avrà tirato una pallata, o un colpo di stecca.