lunedì 16 febbraio 2015

Sandrino della Solvay


Rosignano (Livorno). Lo stabilimento Solvay visto dalle "Spiagge Bianche".
Qualche tempo fa, in una pagina di un sito che frequento, si ebbe un'interessante discussione sull'opportunità o meno di sparare ai padroni. C'è da dire che, in quel caso, si trattava di una cosa squisitamente teorica; non risulta infatti che l'autore della canzone in questione, Paolo Pietrangeli, abbia mai sparato a un padrone, nemmeno a quello d'un cane; in compenso i padroni hanno continuato imperterriti a ammazzare la classe operaja, con il gentilissimo aiuto, va detto, della classe operaja medesima. E così arriviamo ai giorni nostri, a' fulgidi tempi di Marchionne e Renzi, giorni di Amaro 18, giorni di accordi, di pomigliani, di camusse, di bonanni in anni pessimi, di mobilità, di tutto quel che si vuole e anche oltre.

La canzone che segue, scritta con ottima probabilità da Pino Masi (il “Deposito Canti di Lotta” gliela attribuisce tout court, ma per una canzone di quel periodo io preferisco rifarmi al collettivo del Canzoniere Pisano), ha tutta l'aria di rifarsi a un fatto vero, per nulla teorico, con tanto di nome, cognome e mansione e altamente edificante. Vado a riassumerlo brevemente.

Negli anni '50, alla Solvay di Rosignano (cittadina che si chiama ufficialmente Rosignano Solvay), in provincia di Livorno, lavora un operaio, tale Sandrino, che si distingue per il suo alto idealismo e per la decisione nella lotta in fabbrica: vuole cambiare il mondo e sa bene chi è il suo nemico di classe: il padrone. Tant'è vero che, in reparto, mette un cartello corredato da una corda da impiccato, a simboleggiare chiaramente la fine che deve fare il padrone in questione. Anni dopo, sempre alla Solvay di Rosignano, imperversa il sig. perito Fornai, capofabbrica che vessa gli operai distribuendo multe e penalità per ogni lieve mancanza. Ad un certo punto, però, le multe diminuiscono all'improvviso; gli è che qualcuno ha scoperto che il perito Fornai e il vecchio Sandrino, l'operaio che voleva impiccare il padrone, sono la stessa, precisa, identica persona. Stabilito certamente un gentile colloquio col signor perito, del quale è facile immaginare la perfetta vrbanità de' modi ed il linguaggio forbito, gli operai della Solvay comunicano ufficialmente al suddetto loro ex collega passato dall'altra parte che la corda è sempre lì (ce la aveva messa lui) e che essa verrà sì, in un primo momento, adoperata per il padrone; ma che, in un secondo momento, passerà al di lui collo. Così le multe scemano e la storia sembra finire.

La canzoncina è del 1969 e, nonostante i 45 anni che ha sul groppone e che non sia mai entrata nella hit parade (non si trova manco sul Tubo, dove ora c'è tutto), continua a dirci alcune cose interessanti. La prima, senz'altro, è che bisogna stare parecchio attenti ai super-radicali, ai troppo solforosi, agli esplosivi e ai dispensatori d'impiccagioni varie; perlomeno a certuni d'essi, in quanto non troppo raramente, fatti due conti, sono i primi a gettarsi nel caldo abbraccio del padronato. Cosa che, oggi, assume un valore generale, visto che nelle braccia -ad esempio- di un Marchionne si è gettata un'intera classe di Sandrini. La seconda è che la classe operaja ha avuto, in generale, la tendenza ad essere nemica di se stessa, e che questa è una cosa perfettamente logica nel sistema capitalista. E' andata a finire, sicuramente, che quella corda da impiccato è marcita assieme a tutto il resto, ed è un marciume che oggi puzza particolarmente forte; nel contempo, pur marcescente, quella corda la classe operaia se l'è messa al collo da sola, dissolvendosi come classe dotata di coscienza e rimanendo tale solo come forza-lavoro "concertante" con il padrone, rinunciando allo scontro sociale e alla contrapposizione dura.

Sarà quindi utile andare a vedere come si ragionava nelle fabbriche 45 anni fa, non foss'altro che per stabilire un paragone. Un Sandrino Fornai, ora come ora, sarebbe una figura non solo accettata, ma capita e giustificata. Non risultano essere avvenute impiccagioni alla Solvay, né di padroni e né di ex operai; però, quando te lo diceva una fabbrica intera, a te, ci pensavi due volte; e, magari, ci pensava due o tre volte anche il sor padrone. “Se io sto con chi lavora io non sto con il padrone”, diceva un altro di quel periodo, Ivan Della Mea, ma dicendolo già molti anni dopo, alle porte del 2000, in una canzone che si chiama “Rosso un fiore”; si vede che nel 1969 era un concetto generalizzato, mentre ora non lo è più. Si fa a gara, anzi, a chi sta di più col padrone; operai compresi.

La Solvay di Rosignano continua, naturalmente, a avvelenare l'avvelenabile; si prendano ad esempio le famose “Spiagge Bianche”, che d'estate attirano così tanti turisti visto che sembrano tropicali nonostante lo stabilimento alle spalle. Beh, sono bianche perché sono formate dagli scarichi della Solvay, al 90% di calcare cotto e per il resto di cloruro di calcio. Si entra in mare e se ne esce pulitissimi, visto che praticamente si fa il bagno nella soda. Secondo l'UNEP, si tratta di uno dei 15 tratti di costa più inquinati del Mediterraneo; a questo si aggiungano le circa 500 tonnellate di mercurio sversate in mare dalla Solvay nel corso degli anni. Buona lettura, visto che purtroppo non posso proporre l'ascolto diretto della canzone. E se, per caso, a qualcuno pungesse vaghezza di farsi tanti sinceri & democratici scrvpoli sulla violenza e nonviolenza, gli consiglio prima d'andarsi a fare un bel bagno a Rosignano, o nel Mar Piccolo a Taranto, o dove gli pare; poi se ne riparlerà. 

Rosignano Solvay: Le Spiagge Bianche. Più bianche non si può.

Anche nei giorni degli anni '50
le nostre vite erano tali e quali:
nella casa gente stanca,
nella fabbrica come animali.

C'era però chi voleva lottare
e chi voleva cambiare il mondo;
e fra i compagni era un certo Sandrino
il più aggressivo della Solvay.

Aveva in reparto messo un cartello
ed una corda da impiccato;
e c'era scritto: così finiranno
i traditori del proletariato.

Ai giorni nostri il perito Fornai
che è capofabbrica ai clorometani
fa un sacco di multe a noi operai,
per ogni cazzata si resta fregati.

E per multare tutto un turno
di motivi ne trova un milione:
bastan tre noccioli d'oliva
dimenticati sopra un bancone.

Ultimamente le multe sono
diventate meno frequenti;
gli avranno parlato di un certo Sandrino,
dei suoi proposito alquanto violenti.

Dimenticavo, corre la voce
dentro la fabbrica e in tutta la zona:
questo Sandrino e il perito Fornai
pare che siano la stessa persona.

Sandrino, la corda da impiccato
è ancora alla fabbrica della Solvay,
noi la useremo in un giorno di festa,
prima il padrone e poi tocca a te!