domenica 3 giugno 2007

Il testamento di Dimaco


Ciò che segue è qualcosa cui sono molto legato. Poiché gli scarsissimi lettori di questo blog mi conoscono più o meno tutti di persona, qualcuno forse si ricorderà che, quando alle Piole viene intonato il Testamento di Tito di De André, io non canto mai l'ultima strofa. Dal newsgroup it.fan.musica.de-andre, 7 gennaio 2000. Sul thread che si sviluppò, fu detto di far vivere i personaggi delle canzoni di Fabrizio; è una cosa che non ho mai scordato.

Genti diverse, da tutti gli angoli della Terra, e mai uno straccetto di dio che fosse qui accanto a me. E pensare che ci credevo pure, che mi avevano insegnato a crederci con vuoti atti, con storielle edificanti, con recite, con la preghierina della sera. E com'è possibile credere, dovrei farlo nel salire l'ennesimo Calvario d'una vita? Ne ho saliti tanti, non sarà che l'ultimo. Non avrò altro dio all'infuori di te, e avrei fatto a meno anche di questo. E se ho nominato il tuo nome, è stato, quasi sempre, un intercalare. Spesso neanche malevolo, indifferente sempre. Indifferenze ai tuoi paradisi, ai tuoi inferni; mi son sempre bastati i miei qui nel mondo. Non posso dirti neanche "non mi buttare per questo la croce addosso"; me l'hanno buttata eccome.

Ma mio padre, io lo onoro anche senza i tuoi comandamenti, senza la tua legge. Lo onoro per quel che è stato, per nulla di più e per nulla di meno; onoro il suo tacere e il suo parlare, onoro i suoi sbagli che sono stati anche i miei. Lo sbaglio di credere in troppe cose che si sono accavallate l'una con l'altra, per poi sortir fuori in una melma che è più pesante di questa croce che mi porto addosso. Non onorerò né un bastone, né bacerò una mano. Mio padre non ha mai camminato col bastone e non l'ho mai baciato. Quando gli si è fermato quel cuore malandato che aveva, madre, ho imparato il dolore.

E le feste mi danno noia, come quelle appena finite, con i soliti lustrini, le solite fandonie; i visi dei cavalieri e dei pontefici, le solitudini del mondo trasformate in tragiche gag. Ascolta, se hai orecchi; non le avrei santificate le tue feste neanche se avessi creduto in te. Non sarei stato "solidale", e non sarei stato neanche buono. Ma quante volte hanno scambiato la bontà con l'arrendersi alla menzogna, quante volte; e neanche i bambini dovrebbero essere buoni, dovrebbero essere quelle simpatiche carogne che è giusto che siano. Nella calza dell'ultima Befana ho trovato del carbone che sapeva di rabbia, dei dolci che sapevano di sudore.

E sarei un ladrone. S'immagina un ladro enorme, con delle mani come badili, la barba lunga, le spalle da scaricatore; ma è solo l'accusativo latino di latro, latronis. Latronem. Ladro deriva dal nominativo. Eccola qua, facitore di comandamenti; sul Golgota con la croce, accanto a 'sto poverocristo e a quell'altro che imparerà l'amore, un ultimo pensiero all'origine delle parole. Perché io ho rubato parole, ho rubato versi, ho rubato pensieri. Ma ho cercato di restituirli sempre, e se non l'hanno capito vadano al diavolo. Tanto non esiste neanche lui.

Come si chiamava quel tizio che spargeva il seme per terra, ovvero si tirava delle belle seghe? Onan? Onan il Barbaro? E così è nato l'onanismo, e sempre 'sto seme di mezzo. Grazie a te e ai tuoi colleghi, un umanissimo atto d'amore e di piacere s'è trasformato nel metro della purezza e dell'impurità. Mi domando, se è vero che ci hai creato, perché tu l'abbia fatto. Potevi tenerti gli elefanti, le rane, gli ippopotami, i criceti. Ah già, dimenticavo; saremmo a tua immagine e somiglianza. Dobbiamo riprodurti, insomma. Perpetuarti. Ci entri nelle camere da letto, sui sedili della macchina, in una tenda, ovunque; tanto c'è il libero arbitrio. E che credevi, che non ne approfittassimo?

E non si dovrebbe ammazzare; e ora che mi stanno facendo, eh? Mi stanno portando a fare una gita in collina assieme a questi due compagni di viaggio, uno dei quali si dice tuo "figlio"? Je n'ai jamais tué, jamais violé non plus, y a déjà quelque temps que je ne vole plus...oh scusa, mi canticchio anche Brassens, una canzone che si chiama "Il Miscredente"...e insomma, caro il mio fai-e-disfai, che dici di non ammazzare e poi fai ammazzare milioni di persone nel tuo nome...bella prova, complimenti! Sai, fra un paio di millenni verrà fuori uno che te le canterà 'ste cose, che canterà questa storia. Si stamperà nella mente di molti.

E poi basta, a che serve continuare? Non mi ricordo se abbia mai testimoniato o giurato il falso, ho amato tre donne di cui una mi ha tradito metodicamente, facendo finta sempre di pentirsene; ma era la sua vita e la sua libertà. Non le avevo mai chiesto di pentirsi, però; ogni tanto aveva una specie di crisi mistiche. Tradire. Non mi sarebbe neanche passato per l'anticamera del cervello, se qualche sinedrio d'ogni epoca m'avesse permesso di vivere la mia vita qualsiasi. La roba degli altri l'ho desiderata eccome, altrimenti non avrei fatto il ladro, Anzi, il ladrone. Un ladrone innamorato.

Ma adesso che viene la sera ed il buio, sento un gran male in tutto il corpo. Ma non venitemi a raccontare storie, in questo momento. Ma quale dolore dagli occhi verrebbe tolto con dei chiodi conficcati nelle mani e nei piedi, con le ossa che si spezzano poco a poco, soffocadoti? Madre, quale amore dovrei imparare vedendo me e questi due disgraziati qui accanto che provano le stesse cose? Ma non stare lì a piangere, prendi una spada, falli fuori tutti quanti 'sti pezzi di merda! Vai a chiamare un po' di gente e tiraci giù prima che sia troppo tardi!

Io voglio vivere, lo capisci?
Non voglio diventare un pezzetto d'un vangelo apocrifo, e neanche d'una canzone di Fabrizio de André.

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