mercoledì 8 ottobre 2008

Bocca di Rosa


Per questa cosa devo un ringraziamento speciale a Franco Senia, che me la ha ritrovata negli archivi della mailing list "Fabrizio" (non mi ricordo nemmeno di che anno è; da un riferimento sembra però il 2001). Una "Bocca di Rosa" leggermente aggiornata ai "nuovi tempi". Mi ricordo che, a suo tempo, in lista qualcuno la prese per una notizia vera; si vede che era considerata del tutto plausibile. Mala tempora currunt. La "Gazzetta del Levante" non esiste; o meglio, esiste dovunque.

La chiamavano Bocca di Rosa, che era -così dice la "Gazzetta del Levante"-, la traduzione esatta del suo nome in lingua yoruba; Okôbwa Gblé. Sbarcata clandestina su qualche improbabile costa italiana, uscita da qualche camion rumeno o ucraino, arrivata in aereo dalla Nigeria assieme ad altre quattro ragazze di nemmeno vent'anni, con i biglietti pagati dal solito non-si-sa-chi.

Che cosa le avevano detto? Basta dir poco ad una ragazza che vive in una baracca della periferia di Lagos; basta una promessa vaga, un lavoro, qualcosa da guadagnare per una madre e sei tra fratelli e sorelle, di cui quattro ammalati di AIDS. Una bellissima ragazza, di quelle da far girare la testa; violentata a undici anni e mezzo da uno zio mezzo "ras" della baraccopoli. Non c'è mica da stupirsi, poi; succede anche da noi.

E il lavoro l'ha trovato, Bocca di Rosa; accolta da un misto di suoi connazionali e di "italiani", è stata destinata alla sua zona. Le è andata anche relativamente bene: un quartiere dell'estrema periferia del levante genovese, Sant'Ilario, che un tempo era un paesino ed ora si confonde con gli altri quartieri a base di autostrade al quinto piano delle case, "Lavatrici", viadotti e antichi campanili colorati che sembrano davvero diamanti nel letame.

Sul nuovo viale di accesso al quartiere-paese, ottenuto dopo tanti anni grazie alla battaglia del solito comitato civico (presieduto dal notaio, cav. Tiberio Deogratias, e dal locale preside di scuola media -di cui non si ricorda il nome, ma che era noto, alquanto curiosamente, come "Baffi di Sego"), la ragazza nigeriana Okôbwa Gblé -gli accenti non sono messi lì a caso; indicano dei precisi "toni" della sua complicata lingua- sembra abbia ottenuto immediatamente un grande "successo". Assieme ad altre compagne di strade -albanesi, rumene, senegalesi- arrivava quando, d'estate, era ancora giorno pieno. Un lavoro come un'altro, si diceva. Meglio che morire di fame a casa. Meglio che morire di AIDS. Qui, perlomeno, tutti sono belli puliti e si mettono il preservativo. Il "Mal d'Africa" lo hanno inventato i bianchi, no?

La "Gazzetta del Levante", come tutti i giornaletti locali di questo mondo, indulge molto ai particolari di "cronaca vera"; magari non si sa quali sono quelli autentici e quali quelli inventati di sana pianta; ma tutto fa brodo, e bisogna pur sopravvivere alla concorrenza spietata del GQC (Grande Quotidiano Cittadino, di tendenze filogovernative a prescindere dal Governo). Sembra dunque che, per passare qualche mezz'ora con Bocca di Rosa, arrivassero persino dal centro e addirittura dall'estremo ponente. Da Voltri e Arenzano, insomma; e, se conoscete Genova, è un bel viaggetto. Inutile dire, poi, che la popolazione maschile di Sant'Ilario formava spesso, tra le undici e mezzanotte, qualche piccolo ingorgo sul vialone. Qualche volta c'era stata la regolare retata della Polizia o dei Carabinieri, e siccome la ragazza risultava in attesa di permesso di soggiorno, un commissario magro, che era noto per sequestrare valigie di ciondoli, le aveva emesso un foglio di via. Ma Bocca di Rosa, poi, doveva tornare al suo viale; quelli della banda non erano teneri con chi sgarrava.

Questa storia ha un andamento singolare; qualcuno, chi lo sa, potrebbe un giorno scriverci sopra una canzone (anche se, francamente, non si vede attualmente chi potrebbe). Sant'Ilario, come abbiamo detto (e come, peraltro, specifica anche la "Gazzetta del Levante") è un paese da non molto inurbato; il risultato è che vive i problemi della grande città e delle periferie degradate senza aver perso i caratteri e i difetti del villaggio. Visto che mariti, fidanzati e amanti dai venti ai sessant'anni mostravano intrattenersi un po' troppo volentieri con quella "sporca negra" (lo facevano anche prima, con altre, ma s'intuisce che Bocca di Rosa doveva essere leggermente più bella della media), le comari erano comprensibilmente e visibilmente preoccupate. "E se mi torna a casa con l'AIDS, quel porco?" "Le dovrebbero ributtare tutte in mare!" "Maledette, se ne stessero a casa loro!" "Io mio marito non lo tocco più neanche con un dito! E' infetto!" "Ma possibile che lo Stato e la Polizia non facciano nulla?"

Come riferisce la "Gazzetta del Levante", questo è un campionario delle frasi più frequenti che s'udirono ad un infuocata assemblea pubblica convocata presso il locale cinema "Odeon" (o "Metropolitan" ? "Gambrinus"? Boh.). Bisognava far qualcosa; fuori dal cinema stazionava una piccola folla, capitanata dalla sezione della Lega d'Azione Popolare (un movimento che stava cominciando ad avere qualche successo anche a livello nazionale). C'erano cartelli gialli con scritte nere (il giallo e il nero erano i "colori ufficiali" del movimento); qualcuna diceva "Fuori Bocca di Rosa", oppure "Bocca di Rosa go home"; qualcuno più audace degli altri, ma certo d'interpretare correttamente i sentimenti della massa, s'era azzardato a scrivere "Via la sporca negra da Sant'Ilario" .

(Beninteso, diversi di coloro che manifestavano erano stati visti -tra le undici e mezzanotte- sul viale d'accesso al paese; ma su questo particolare la "Gazzetta del Levante" sorvola leggermente).

Come in tutte le assemblee del genere, non si arrivava però ad una conclusione chiara. Sembrava essere la solita manifestazione di muscoli che si risolve in una bolla di sapone, quando, all'improvviso, prese la parola una vecchia del quartiere. Mai stata sposata, senza figli e -per unanime giudizio di tutti- brutta come la fame, disse poche parole. C'era chi continuava a invocare la Polizia e chi lo Stato; lei, invece, disse semplicemente che "ci dobbiamo pensar da soli, e in maniera definitiva". On la laissa partir avec des ovations, come diceva Brassens nel Mécréant.

La notte dopo -e qui la "Gazzetta del Levante" si fa vaga, perché c'è un'indagine in corso e la Procura non ammette fughe di notizie- pare che un auto con a bordo tre uomini si sia recata nel luogo dove Bocca di Rosa soleva stazionare in attesa dei clienti. Prelevata con la scusa di un sostanzioso compenso, la ragazza nigeriana Okôbwa Gblé, di anni 19, clandestina in attesa di regolare permesso di soggiorno, viene portata su un viadotto dall'altra parte della città. Forse intuisce qualcosa, forse no; ad un certo momento spunta un coltello da cucina. C'è, come si legge sempre nel giornalese, una "breve colluttazione" ; e per forza che è breve. Una ragazza sola contro tre energumeni. Ne ha riconosciuti pure uno; era quello che le chiedeva sempre di fare il "pissing".

La prendono di peso. E' gia' tramortita. Sono le quattro del mattino, non c'è un anima a giro. Ottanta metri di volo; e nessuno l'ha vista volare.

L'ha trovata, alle sette e mezzo di mattina, un ragazzo che andava a scuola; ha raccontato tutto alla Polizia, ma alla "Gazzetta del Levante" non vuol dire nulla. Lo capirete. Avete mai visto qualcuno che è precipitato per anche la metà o un terzo di quei metri? Io sì, perlomeno una decina; e vi assicuro che è uno spettacolino al quale non ci si abitua mai. Più si vede la morte, e meno ci si abitua.

Dunque, addio Bocca di Rosa. Qualcuno ti ha fatto un funerale di terza categoria, senza vergini in prima fila. Sei finita in un cimitero qualsiasi, col tuo nome e la tua età. Niente foto. La famosa "pietà anonima" ogni tanto deposita un fiore sulla tua tomba, che peraltro appassisce alla svelta. Tu pensa che roba: un cantante di quelle parti, tanti anni prima, su una cosa del genere ci aveva davvero scritto una cosa. Una che era "volata in cielo su una stella". Purtroppo, quel cantante è morto qualche anno fa; per te nessuna canzone e nessuna stella. Non sei volata in cielo, ma solo da un viadotto in una notte senza luna.

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