lunedì 15 dicembre 2008

Deviazioni


Sono stata sparata, credo, dall'arma di un soldato o di un poliziotto, in una piazza di una città, e c'era tanta gente. Perché noialtre pallottole non abbiamo né anima, né cuore; né occhi per vedere, né orecchi per sentire. Forse. Ad ogni modo, ci infilano in un tubo di metallo, si sentono grida secche, tumulti, altre voci e rumori sovrapposti; poi partiamo. Sparate. Ma non partiamo mai da sole, ci dev'essere sempre qualcuno che ci spara, e quel qualcuno è un uomo in mezzo ad altri vestiti uguale.

E' l'unica cosa di cui ci accorgiamo, l'impulso, la compressione, l'attrito; poi cominciamo a volare. C'è, tra noi, chi raggiunge immediatamente il bersaglio; e allora si ritrova impantanata, conficcata, a finire il suo volo dentro un essere vivente; e la fine di quel volo si chiama morte. Morte per entrambi, morte organica, morte inorganica. Cadiamo entrambi a terra, io dentro a un cuore, a un fegato, a una testa. E non esiste, poi, più nessun rumore. Finito tutto. Scopo raggiunto. Bersaglio centrato. Restiamo là, inutilizzabili. Una vita che non c'è più, assieme all'oggetto che gliel'ha tolta.

Io non ho avuto questa sorte. Ne ho avuta una ancora più stupida e triste. Mi ha sparata un giovanotto di belle speranze, che credeva nella giustizia e nella legalità, e di poter difendere queste due nobili cose obbedendo a degli ordini. Gli dicevano: “Spara!”; e lui sparava. Sotto le sue belle speranze ce n'era un'altra, più grigia, che non si poteva dire; al massimo pensare, o sussurrare tra sé. C'era la speranza di poter sparare a chi voleva lui, senza ordini, senza obbedienza. C'era una giustizia del tutto personale, condita d'invincibilità, insaporita da quell'arma che gli avevano messa in mano. Di fronte, persone che di armi non ne avevano. Che cosa volevano? Pane? Lavoro? Una vita migliore? Essere pagate di più? Oppure, più semplicemente, non lo sapevano neppure loro che cosa volessero? Oppure, ancor più semplicemente, si trovavano a passare di lì? A noialtre pallottole cosa importa. A noi ci sparano. Altro che essere sparate non sappiamo fare.

Mi ha tirata, quel giovanotto, e non ho colpito il bersaglio che intendeva centrare, se mai lo intendesse. Ho colpito qualcos'altro. Un muro, un automezzo dalla carrozzeria particolarmente robusta, un albero dal legno durissimo, non lo so; e ho cominciato il mio viaggio. Sono stata deviata. Appartengo al novero delle pallottole deviate. Quelle costrette a vedere il mondo senza sapere cosa fare. Quelle che finiscono nelle perizie di parte. Quelle che servono sempre a far continuare ad avere speranze più o meno belle a quell'imbecille di giovanotto che doveva essersi accorto che differenza corre fra un poligono di tiro e una pubblica piazza, e tra un bersaglio di cartone e uno di carne viva.

Ho sentito un colpo su un mio lato. Ci sono anche di quei muri, di quelle carrozzerie, di quei legni che si lasciano conficcare; e non è poi malaccio. Almeno non abbiamo ammazzato nessuno. Ma ce ne sono di quelli perfidi, di muri. Di quelle carogne, di carrozzerie. Devo averne beccata una di questa categoria, ed eccomi deviata in alto, verso il cielo, verso lo spazio. Entrare in orbita? Che sogno. Un sogno, appunto. Neanche per sogno. La ringhiera di un balcone al terzo piano, sì, dev'essere stata quella, ed eccomi a volare per una via cittadina, affollata, coi negozi aperti, le chiacchiere, i bambini che tornano da scuola, gli innamorati che si baciano, i nonni che attraversano e tutte le consuete figure d'ogni giorno, tutti miei potenziali bersagli.

Mi ci stavo quasi abituando, o rassegnando; ma le vie cittadine hanno un terribile difetto, quello di terminare e di sbucare da qualche parte. Stònk, un altro muro, e sempre di quelli duri. Maledetta città di pietra, di cemento armato, di materiali imperforabili; ma le traiettorie impazzite mica le decidiamo noi. Dicono che le decide Dio. Su molte di noi, pensate, la parola “Dio” ce l'hanno pure incisa, e Dio sta sempre con chi ci ha sparate; mai con chi ci riceve.

Nulla da fare. Ancora a vagare per il cielo, in questo mio destino ridicolo. Qualcuno, forse, mi vede passare; no, vedere no, vado troppo veloce. Mi sente, impercettibilmente. Sta in terrazza a innaffiare i fiori e ode un bizzarro sibilo, wiiiiiiiiiiii....! Si domanda che sia. Una signora che stende i panni quasi sorride. Poi mi tocca un altro affare, un'altra deviazione. Sono oramai quasi fuori città, vedo degli stabilimenti, chissà se c'è anche quello dove sono stata forgiata. Ci lavora tanta gente, in quello stabilimento. Siamo prodotte in serie. Non abbiamo nome, ma un calibro. Il calibro serve a farci passare per il tubo giusto. Anche quel palo lì davanti, sembra un tubo; maledizione. Preso di striscio, ma di quel tanto che basta a farmi di nuovo cambiare direzione; e rientro in città. In un altro quartiere, con altra gente alle finestre e sui balconi, con altre tonnellate di vita che potrei far terminare in un attimo.

E via, e via, per altre strade, per piazze, per vicoli e viali. A rimbalzare di qua e di là, senza meta, senza un obiettivo. Ad un incrocio tra due strade, sembra anche a me di sentire un sibilo; dev'essere una mia compagna vagante, una che condivide il mio destino, magari sparata dallo stesso giovanotto che ancora se ne sta lì a difendere l'ordine; e chissà quante altre ancora ce ne saranno. Però sta succedendo qualcosa di strano.

Mi sembra di riconoscere, dopo un po', la via per la quale sto rimbalzando in volo. Accidenti, ma sì che è quella. C'è la signora che stende ancora i panni, deve aver fatto il bucato per tutto il condominio. C'è il signore che prima stava innaffiando i fiori; ora ha finito, si è messo a armeggiare ad un vaso, è sporco di terriccio; wiiiiiiiiiii....! Ed ecco quella via qualunque, ma sembra cambiato tutto. I negozi sono tutti chiusi. Non c'è più nemmeno l'ombra di bambini, di innamorati, di nonni. Solo un gruppetto di ragazzi che urlano qualcosa a qualcuno; ma guarda tu che roba. Mi sono fatta una visita della città, un city sightseeing. Ora potrei anche.....ma porca puttana, ragazzino, che fai! Spostati! Spostati! Vattene via! Sono stata ridevia......