venerdì 11 giugno 2010

Rapimenti, ovvero Il trionfo del Buonocore


Di poche cose sono davvero certo nella vita; ma, nei giorni scorsi, almeno di una ho avuto, all'istante, l'assoluta sicurezza. L'avete presente, no, il rapimento del neonato avvenuto nell'ospedale Umberto Primo di Nocera Inferiore, conclusosi fortunatamente con il rapido ritrovamento del pargoletto? Ebbene, quando i telegiornali della sera hanno dato la notizia, sono assolutamente certo che sessanta milioni di persone, insomma l'Italia tutta, sono prorotte in un grido di sdegno: è stata una zingara!

Ho immaginato immediatamente, accanto agli immediati propositi di spellamento, squartamento, bollitura a fuoco vivo e scioglimento nella calce viva della suddetta, espressi davanti a piatti di pastasciutta fumante da casalinghe, ragionieri di Paderno Dugnano e professori di semiotica (nonché, magari, da qualche muratore rumeno finalmente abilitato all'integrazione nel razzismo), tutto lo svolgimento dell'azione. Il tiggì diceva che la rapitora era vestita da infermiera? Beh, dalle zingare questo ed altro! Si travestirebbero anche da astronauta o da Marilyn Monroe per rapire un succulento poppante italiano dalle braccia della mamma. La zingara travestita da infermiera si è allontanata a bordo di un'auto di grossa cilindrata? Embè, è nota la passione delle zingare per i macchinoni; ho ancora negli occhi il catorcione targato Brescia della Rezijana, che avercelo avuto ora sarebbe finito de iure nel Treggia's Blog. La zingara aveva, secondo le testimonianze di mezzo ospedale "Gaetano Bre" "Umberto I", dei lineamenti occidentali? Parlava un ottimo italiano? Eddìo, capirai. Una zingara che vuole rapire un bambino (per poi, a scelta, dissanguarlo per un rituale secolare oppure avviarlo alla criminale mendicità) non si ferma davanti a questo: si fa prima una perfetta operazione di chirurgia plastica a cura degli abilissimi manipolatori di visi del suo campo, e quanto alle lingue, posso assicurare che ogni zingaro ne parla alla perfezione almeno quattro, e di ben più difficili dell'italiano (se non ci credete, provate a imparare a esprimervi decentemente in ungherese o in albanese); ne ho conosciuto uno, lo zio Beçir, che -non so come- era capace di sbavare e fare versi e pernacchie in almeno cinque lingue; e si capiva benissimo che una data pernacchia era in romanès, mentre il verso dopo era in albanese kosovaro.

Insomma, già tutto risolto. Non escludo che già si stessero preparando fiaccolate, perché le fiaccolate fanno sempre òdiens, Studio Aperto le riprende tutte e poi le fiaccole servono benissimo a dare fuoco al campo più vicino, magari coadiuvate da un po' di carburante e di odio. Poi, accidenti, è intervenuta la cosiddetta realtà dei fatti.

Si è scoperto, insomma, che la rapitora non era una zingara, bensì la signora Annarita Buonocore (ma qualcuno, forse, avrà ipotizzato che fosse la traduzione dallo zingaro Anarita Lachojilo). Che l'Annarita non era travestita da infermiera, ma proprio vestita visto che era un'infermiera dello stesso ospedale "Bava Beccaris" "Umberto Primo". Che la signora, madre di due ragazze, aveva rapito il neonato per un'autentica gravidanza simulata, in quanto -a suo dire- voleva dare 'nu figghio al suo amante, uno sposato eccetera; e che -cosa assolutamente degna di una qualche rubrica della Settimana Enigmistica- aveva intenzione di restituire immediatamente il bambino alla sua mamma, una volta presentato il frutto dell'amore al suo spietato e ammogliato drudo.

Scene di giùbilo e letizia; interviste alla mamma (quella vera) distesa in fondo a un letto d'ospedale; conferenze stampa; la nazione tira un sospiro di sollievo e può concentrarsi finalmente su quel che più conta, i mondiali di calcio. Con quale spirito la nazionale di Lippi sarebbe scesa in campo se il bambino non fosse stato ritrovato? Gilardino e Buffon avrebbero fatto degli appelli agli zingari? Oddio, magari sarebbe già stata pronta la scusa in caso di sconfitta col Paraguay. Insomma, niente da fare. Restava solo una carta da giocare, una carta che funziona sempre: il perdono.

Ed è stata una gara, un certame di buoni sentimenti. La Buonocore, pur regolarmente associata alla più vicina galera, è stata perdonata da tutti, mamma (vera) del neonato in prima linea. Pòle una mamma 'un capì le ragioni d'i' core di un'altra mamma? Perché, è chiaro, se un bambino lo rapisce una mamma italiana, ci son tutte le ragioni possibili e immaginabili. Lo avrebbe comunque accudito con amore e fatto diventare un perfetto teleutente e consumatore di Kinder più latte e meno cacao. L'âge venu, avrebbe avuto come tutti la sua pagina Facebook. Ci mancherebbe altro. Se invece, con invenzioni giornalistiche varie, un bambino dicono che lo ha rapito una mamma zingara, niente cuore. Niente perdono. Si va e si dà fuoco al campo, senza nemmeno aspettare un minuto. Non importa nemmeno che il bambino sia effettivamente portato via: basta un gesto. Ponticelli non è mica lontana da Nocera Inferiore, no? E così, siamo tutti a posto e la notiziona rientra. Niente interrogazioni parlamentari. Niente sdegno. Niente Forza Nuova. Niente Lega. Nessuno che tira manco un raudo fischione verso l'ospedale. Ha vinto il perdono, e il perdono lo vuole Iddìo. Tranne che per gli zingari, ovviamente. Ma è inutile parlarne quando trionfa il buonocore nel Paese dell'Amore. Everibòdi con sentimento.