sabato 2 ottobre 2010

Le notti delle matite, dei bolzaneti, delle macellerie


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Claudio de Acha - 17 anni.
Gustavo Calotti - 18 anni.
María Clara Ciocchini - 18 anni.
Pablo Díaz - 18 anni.
María Claudia Falcone - 16 anni.
Francisco López Muntaner - 16 anni.
Patricia Miranda - 17 anni.
Emilce Moler - 17 anni.
Daniel Racero - 18 anni.
Horacio Ungaro - 18 anni.


1982: Pablo Díaz, 24 anni, esce. Neanche da un carcere. Esce dal nulla. Esce dalla desaparición. Esce dalla morte militare. Vi era entrato, assieme alle sue compagne e ai suoi compagni di scuola, il 16 settembre 1976. Li avevano prelevati all'alba, colpevoli d'avere richiesto il tesserino per l'autobus gratuito, o meno caro, per i ragazzi dei licei della Plata; il boleto estudiantil. Bastava questo, nell'Argentina della giunta militare benedetta da monsignor Pio Laghi, per essere considerato sovversivo. La chiamarono, lo dovrebbero sapere tutti, la Noche de los lápices. La notte delle matite.

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La Plata, 1976. Le manifestazioni per il tesserino studentesco dell'autobus.

Arrivarono all'alba, i poliziotti e i militari. Noche de los lápices era il nome che loro stessi avevano dato all' “operazione”. Sequestrarono i ragazzi e le ragazze e li portarono in vari punti segreti della città; quando le famiglie, sapendo che erano stati “prelevati”, andarono a chiedere in quale carcere fossero stati portati, fu loro risposto: non sono in carcere. Erano stati portati direttamente a qualcosa di peggio dell'inferno, perché l'inferno è una panzana inventata dai preti. I sotterranei delle caserme, o cos'erano, in cui gli studenti erano stati portati, invece esistevano. Erano luoghi. Erano l'annullamento di ogni tipo di umanità. Erano il potere nella sua vera essenza.

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Presi, imprigionati, bendati, torturati. Le ragazze stuprate a sangue. María Clara aveva 18 anni, María Claudia 16; entrambe avevano cognomi italiani, segno di una vecchia emigrazione che era andata in Argentina per una speranza. La speranza si trasformava in tortura e morte. Ad un ragazzo che, mentre lo massacravano, invocava Dio, uno dei militari rispose: Aqui Dios somos nosotros. Qui Dio siamo noi. Dei dieci ragazzi sequestrati, ne sopravvissero soltanto tre. Entrambe le ragazze morirono. Fu Pablo Díaz, tornando alla luce senza rinascere (perché un'esperienza del genere tiene morto per tutta la vita), che raccontò tutta la storia di quella notte, e della Notte intera. Nel 1986, il regista Héctor Olivera, uno che da ragazzo era stato fatto studiare ad una scuola militare e che ne aveva riportato un orrore infrangibile, realizzò un film. In italiano si chiama La notte delle matite spezzate. Alla stesura del copione partecipò lo stesso Pablo Díaz.

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Qualche dato, qualche nome. L'operazione fu realizzata congiuntamente dal Battaglione 601 dell'Esercito Argentino e dalla Polizia del distretto di Buenos Aires. La direzione fu affidata al generale Ramón Camps. Si trattava di un deterrente contro la “sovversione nelle scuole”; compito preciso, secondo le parole di Camps, era il seguente: ”Gli adolescenti sequestrati dovevano essere eliminati dopo avere sofferto pene indicibili”. I ragazzi furono portati tutti in centri clandestini di detenzione: Arana, il “Pozzo di Banfield”, il “Pozzo di Quilmes”, la Questura Provinciale di Buenos Aires, i commissariati di La Plata e di Lanús (il sobborgo dove è nato Maradona) e il Poligono di Tiro della questura di Buenos Aires. Qui sotto un'immagine del "Pozzo di Banfield".

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Accadeva, tutto questo, sotto una dittatura spietata. Com'è stato possibile, ci chiediamo ancora. Ragazzi e ragazze di un liceo. Poi ci diamo la risposta: in una dittatura militare sudamericana è stato possibile. Da noi una cosa del genere, fortunatamente, non sarebbe mai possibile. Noi siamo una democrazia, abbiamo delle forze dell'ordine democratiche, il nostro è un potere democratico. Da noi un ispettore di polizia non potrebbe mai massacrare un liceale:

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Da noi non esistono certamente centri clandestini di detenzione della polizia dove si massacra e tortura, dove si bastona al grido di Un-due-tre viva Pinochet (“Videla” non fa la rima, e nemmeno “Massera” o “Galtieri”), dove si stupra, dove ispettrici donne chiamano altre ragazze e donne troia comunista mentre le schiaffeggiano:

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Veduta democratica di Bolzaneto

Da noi, infine, nessuna Notte delle matite. Ci mancherebbe altro. A noi le matite non interessano, servono a scrivere e scrivere è sovversivo. Noi preferiamo le macellerie, e le relative notti:

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Scuola Diaz, Genova, 20/21 luglio 2001.

Scuola Diaz, già. Curiosa questa cosa. Intitolata, come decine e decine di altre scuole in Italia, a un generale di merda. Anche io, elle elementari, sono andato a una "Diaz". Sarebbe il caso, però, di togliere quell' "Armando" che è stato corresponsabile del macello di una guerra che ha mandato a morire una generazione intera di adolescenti. Sarebbe il caso di intitolare tutte queste scuole a Pablo Díaz e a tutti gli altri ragazzi e ragazze cui spezzarono le matite e la vita. Ma non il nostro ricordo. Non La memoria.

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Si tratta, per modo di dire, di una riproduzione. Questo post non è nato come tale, ma come commento ad una canzone su un sito cui partecipo. Poi ho pensato che stava bene anche qui. Qualche scarna aggiunta. Le ragazze e i ragazzi che non sono tornati risultano ancora ufficialmente scomparsi; si presume che siano stati eliminati tra il 1° e il 15 gennaio 1977 (sicuramente). Pablo Díaz raccontò tutto ciò che era accaduto durante il "Proceso a las Juntas" del 1985. Nella "cabina di regia" alla questura di Genova durante il G8 del luglio 2001 c'era il fascista Gianfranco Fini.