mercoledì 6 ottobre 2010

Prào è già chiusa


Ci sono, evidentemente, epoche in cui tre donne che stanno andando a lavorare in piena notte, sorprese da un nubifragio di eccezionale violenza che trasforma un sottopasso in un abisso che inghiotte la loro automobile e le loro vite, devono essere fatte morire più volte. Morire un'altra volta classificandole subito etnicamente; morire nelle ciance dei bar e dei giornali; morire nelle stucchevoli e ridicole polemiche sul lutto cittadino concesso o non concesso dall'amministrazione comunale. Una città non è in lutto quando lo dichiara il sindaco; è in lutto quando dentro se stessa sente realmente il dolore per la perdita di vite umane in un dato modo. Non è in lutto esponendo bandiere a mezz'asta, ma con un fiore o un altro semplicissimo omaggio alla memoria delle persone che sono scomparse. Prato non è in lutto. Ci saranno , per carità, dei pratesi cui dispiacerà, e anche sinceramente, che quelle tre donne siano morte; ci sarà qualcuno che si sarà seppur minimamente commosso pensando a una bambina di dieci anni impietrita davanti al cadavere della madre ripescato da una strada allagata. Ma ci saranno dei pratesi che commenteranno tranquillamente, davanti al cappuccino e alla brioscia, che sono solo tre cinesi in meno sulla terra. Ci saranno dei pratesi che daranno a quelle tre donne di stupide perché hanno deciso di percorrere quel sottopasso sotto la tempesta. E ci saranno dei pratesi, più semplicemente, cui questa tragedia resterà del tutto indifferente; e nulla mi autorizza a credere che non sarebbero rimasti anche se le tre vittime fossero state pratesi.

Le prime due frasi le ho sentite coi miei orecchi, quella delle tre cinesi in meno sulla terra e quella delle stupide. Non le ho sentite peraltro a Prato; le ho sentite qui a Firenze. Nel quartiere dove abito. La prima proviene da un anziano vicino di casa, la seconda da un giovane in giacca e cravatta in un bar. In questi casi si dice che ci si dovrebbe riflettere; ma non c'è davvero più niente su cui riflettere. Neppure sulle amministrazioni comunali, sui sindaci, sui cosiddetti rappresentanti cittadini. A Prato, così come altrove e senza oramai più nessuna distinzione tra "schieramenti politici" (inesistenti), costoro rappresentano benissimo i loro cittadini e i loro pensieri. Chi non si sente più rappresentato ha smesso di andare a votarli. Chi va ancora a votarli lo fa con indifferenza mista al tifo da stadio; per questo la Lega riscuote tanti successi. Nella pratica, la politica della Lega è del tutto assente come per gli altri; ma sa condirla bene con le ciliegine che piacciono tanto ai tifosi. C'è chi offre Ronaldo ai propri tifosi, e chi l'espulsione degli immigrati e degli zingari. C'è chi offre Ibrahimovic e chi le discriminazioni. C'è chi offre Kaká e chi la crassa indifferenza e l'idiozia fatte regole. A Prato tutto questo è in atto. Non è un caso che Maroni parli spesso di modello Prato. È questo il modello che si impone. Indifferenza e carogneria. Del tutto ozioso farne una questione di lutti cittadini e di bandiere a mezz'asta. Qui si sta parlando di indifferenza totale nei confronti della morte. Si sta parlando di gente scocciata perché il sottopasso è stato sequestrato e chissà quando verrà riaperto; tutto questo per tre cinesi di merda, poi. E gli avèano a sta' più attente. Sentita anche questa.

Certo che fa una certa impressione pensare come l'indifferenza più o meno razzista si sia così bene impiantata in una città che è stata baluardo fino all'altro ieri del grande Partito Comunista; ma è un'impressione apparente. In Francia, il Front National è letteralmente fiorito proprio nelle aree dove un tempo il Partito Comunista Francese era più forte (ed ho vissuto qualche tempo in una di quelle aree). L'indifferenza e il razzismo proliferano dove si avverte la mancanza di un futuro; e se è presente una comunità estranea, è facile scaricare tutto quanto su di essa. I pratesi, anche se non soltanto loro, questa mancanza di futuro se la sono preparata e organizzata scientificamente. I loro rappresentanti non sono migliori o peggiori dei loro cittadini, anche se in parecchi casi sono state la loro cecità e la loro avidità ad accelerare un processo già in corso. Non serve prendersela con il sindaco Cenni, con un assessore, con un consigliere comunale. Non serve fare contrapposizioni tra il "cattivo" pratese che nega il lutto cittadino ed il "buon" fiorentino che in nome del "bello" sgombera il mercatino etnico. E non è un caso che la Lega, la formazione che sa esprimere alla perfezione l'indifferenza più carognesca di questi tempi, stia sbarcando in forze anche in Toscana. Come non è un caso che Prato sia la sua testa di ponte.

Servirebbe invece prendersela con le ragioni che hanno portato a tutto questo. Servirebbe smetterla di riflettere perché si è già riflettuto più che a sufficienza su fenomeni che, del resto, sono chiarissimi. Servirebbe incominciare a ribellarsi contro logiche economiche e sociali che stanno distruggendoci dentro. Qualche tempo fa scrivevo che "Prato deve chiudere"; non ce n'è più bisogno. Prato è già chiusa. La chiusura è avvenuta definitivamente quando l'acqua di una tempesta d'ottobre si è richiusa sulle teste di tre povere donne che andavano a lavorare, e al tempo stesso su tutta una città a cui questo sembra non importare minimamente. L'acqua si è richiusa su tutte le ciance di integrazione. "Impianto sottoposto a sequestro", sta scritto sul cartello della Polizia Municipale apposto sulla transennatura del sottopasso di Narnali; ho voluto ritoccare la foto. Tutta la città di Prato è sottoposta a sequestro. Sequestrata da una storia intera di capitalismo imbelle, di finto "comunismo", di vanità, di disgregazione culturale e sociale, di egoismo, di prevaricazione, di ignoranza. Ma stiamo ben attenti a non sentirci in alcun modo superiori e immuni.