martedì 6 novembre 2012

Un grumo nevano.



Mi chiedono alcuni, a volte, come si possa esultare per la morte di qualcuno. Esultare, o quantomeno essere contenti che qualcuno si sia levato definitivamente fuori dai coglioni.

Ad esempio quel fascista di merda dell'altro giorno. Mi chiedo che cosa abbia fatto, negli ottantasei anni in cui è vissuto, a parte fare il fascista; e la risposta è piuttosto facile. Niente. Mai un cazzo dalla mattina alla sera. Fascista sì, e repubblichino, e "difesa della razza", e “ordinovista”, e "trame nere" e chissà quant'altre stronzate che, come tutte le stronzate più ignobili, vengono poi riclassificate come “onore” (e non soltanto dai suoi amichetti, ma anche da una più che discreta schiera di cordogliatori professionali); però, intanto, nei suoi ottantasei anni, di problemi per campare non ce ne ha avuti di certo. Ci abbiamo pensato noi, a camparlo; anche tu che mi leggi, cara mia, caro mio. Col suo stipendio di “parlamentare” pagato da noialtri, perché in questo paese dalla grande “Costituzione” che vieta la “ricostituzione del dissiòlto (accento romagnolo d'obbligo) Partito Fascista in ogni sua forma”, s'è perso il conto dei repubblichini che son finiti in Parlamento, deputati e senatori. Tutti col loro bravo magna magna, che si sente ancora il rumore delle mascelle. Avranno mai lavorato, costoro, in vita loro? Certo, al pari di quegli altri, senza dubbio; abbiamo foraggiato, e continuiamo a foraggiare, tutti quanti. Compresi i fascisti schifosi che crepano in tarda età, nel loro letto; del resto, di loro si era affrettato a preoccuparsi il gran compagno Togliatti Palmiro, con una certa amnistia.

Prende un grumo dentro, con queste cose. Un grumo di rabbia e merda, nel vedere la chiesa affollata da una mànica di merdosi con teste rasate e saluti romani, mentre il genero del defunto fa il “sindaco di Roma” e distribuisce posti in comune ai camerati e elargisce miliardi a Casapound; e risuona sempre quella parola, “onore”. Un grumo di schifo e orrore che va oltre ogni cosa. Un grumo nevano.

Carmine Cerbera, 48 anni, insegnante precario di educazione artistica in un paese in cui ogni forma di cultura è stata distrutta. La “Costituzione” dovrebbe finalmente prenderne atto e, nelle sue “disposizioni transitorie”, sancire che in Italia è vietata la ricostituzione sotto ogni sua forma della cultura; non del fascismo, che invece è proliferato come un'erba infestante. Carmine Cerbera si è ammazzato, non è morto nel suo letto. Non ne poteva più di non riuscire a campare; avanti un altro. Aveva constatato che seguire le proprie inclinazioni e le proprie passioni conduce alla fame e al vivere una specie di semivita. Costretto a arrangiarsi tra rifiuti e disillusioni; ma “disillusione”, qui, non è un termine opportuno. Ritengo che Carmine Cerbera, di “illusioni”, non ne avesse più da tempo; che avesse oltrepassato anche la soglia della disillusione. Quando una persona decide di interrompersi, senza ritorno, tutte le soglie sono state oramai già varcate e non ne resta che una, quella finale.

Ho avuto voglia, io sottoscritto, e per tutta la vita, a rifiutare a priori questa soluzione; e continuo a rifiutarla categoricamente per me stesso, preferendo continuare a battagliare come posso. Anche mettendo in fila delle parole su una pagina vuota; anche esultando per la morte di qualche pezzo di merda, senza ritegno e senza nessun ripensamento “morale”. La “morale” ve la potete fottere tutti quanti su per il culo. Alla vostra “morale” rispondono i Carmine Cerbera. Per questo, oggi, non farò nessuna tirata sul suicidio, perché capisco bene che cosa possa portare una persona a ammazzarsi quando non vede più nessuna via d'uscita. Forse faremmo meglio a non usar di troppa ironia scacciapensieri, e di certi umorismi del tipo “invece d'ammazzarti, vai ad ammazzare qualcuno”.

Ora vi devo presentare l'educazione artistica; quella cosa che, nella scuola, dovrebbe preparare alla fruizione attiva e consapevole della bellezza che altre epoche hanno profuso a piene mani in questo paese. La farò presentare, l'educazione artistica, direttamente dalla moglie di Carmine Cerbera, che lo ha trovato morto. Queste le sue parole:

"Mio marito era figlio di un operaio edile e di una donna che si arrangiava lavando le scale dei palazzi. Da piccolo passava vicino allo studio di un pittore di Grumo. Il suo lavoro gli piaceva così tanto che scelse di andare al liceo artistico Palizzi. I genitori si sono sacrificati ma l'hanno lasciato libero". Alla parete, una grande tela informale. I suoceri portano due opere che svelano un attento disegnatore: una Madonna e un ritratto della moglie. Aveva fatto diverse mostre, una anche alla Casina Pompeiana. Il diploma nel 1985, e gli studi in Accademia conclusi nel '91. Ma il concorso a cattedre non viene bandito fino al 2001.

"In quei dieci anni fa il tagliatore e il confezionatore di abiti in una fabbrica tessile  prosegue Ernestina  Abbiamo tentato anche un passaggio a Torino. Ho lasciato marito e figlia per lavorare in una fabbrica di plastica. A un certo punto Carmine mi ha raggiunto. Con i turni che avevamo, non ci incontravamo mai. Così siamo tornati, lui ha ripreso a fare l'operaio e io per quattro anni parttime in un callcenter della Wind". Entrare nella scuola? Impossibile: "Aveva titoli ma non punteggio. Ha tentato più volte nelle scuole paritarie, ma non gli hanno aperto le porte. Abbiamo fatto insieme il concorso nella polizia municipale, sono entrata solo io, due anni dopo. Un suo amico che ha lasciato un istituto privato per l'artigianato di Nola, lo ha spinto poi a presentare la domanda. Lì ha accumulato punteggio e così ha potuto ottenere qualche supplenza: 78 ore, mai un anno intero".

"Ha insegnato allo scientifico di Frattamaggiore, a Sant'Antimo, anche all'Ipsia di Scampia, dove i ragazzi si presentavano senza matite e carta da disegno: glieli comprava sempre lui". Un allievo a cui dava ripetizioni diceva: "Ma perché a scuola non abbiamo professori bravi come lei?". Nel 2011 le ore di supplenza si riducono. "La riforma degli indirizzi elimina l'educazione artistica da alcuni istituti. Carmine diceva sempre: "la nostra materia dovrebbe essere insegnata alle elementari, e la stanno facendo sparire".

Io ho letto queste parole, stamani, e mi è preso un grumo addosso.
In questo grumo c'era di tutto. C'era, sì, il fascista schiattato; ma c'erano tante altre cose. C'era la ministra esperta in dichiarazioni e parolette in quel suo inglese di merda. C'erano “riprese”, facce di economisti, mattatori televisivi, giornalisti servi. C'erano gli italiani interi, che sarebbero pronti a starsene belli acquattati per decenni sotto i tecnocrati della Repubblica Pontificia. C'erano tutti coloro che non vedono altra strada che il suicidio, ed ai quali non si può andare a dire continuamente, e irrealisticamente, di “lottare, lottare e lottare”. Chi invita alla “lotta”, del resto, non è buono che a organizzare passeggiate in corteo per le città, con tanti bei servizi d'ordine, tanta bella “legalità”, tanti begli “isolamenti dei facinorosi” e, più che altro, tanta bellissima, smisurata inutilità. In autunno, sempre. L'autunno ci deve avere ancora quella suggestione del “caldo”, quando in una situazione che sarebbe degna non di calore ma di esplosione, tutti se ne stanno a passeggiare o a ammazzarsi; ed entrambe le cose nella massima indifferenza.

Dev'essere questo, sì, il grumo nevano. Come il paese in cui era nato e viveva Carmine Cerbera. Altro non mi viene da dire, proprio. Del resto, quel che dico è detto con la piena coscienza di non avere la benché minima importanza. In una mattinata di vento novembrino che si porterà via, tra breve, ogni cosa e ogni ricordo come si porta via la vita di un uomo che voleva educare all'arte. Nessuno ne sentirà mai più parlare, ed al massimo rientrerà in qualche conteggio, in qualche statistica come quella delle donne ammazzate o dei morti in galera. Chissà chi vincerà, in questo 2012; i precari suicidi, le donne massacrate o i morti in cella? E pensare che, un tempo, si diceva: Galere, disoccupazione e morti sul lavoro / Che cazzo ce ne frega, a noi, di Aldo Moro?