sabato 24 novembre 2012

Elba 1983: Il mistero di Vamos a Capraya


Marina di Campo, Isola d'Elba, fine luglio dell'anno 1983.

Verso le ore 22 di quella caldissima nottata, mentre sul lungomare prospiciente la spiaggia si sta svolgendo il solito, fittissimo passeggio serale, compare all'improvviso un gruppo di circa una ventina tra giovanotti e ragazze, vestiti in mondo decisamente pittoresco.

Chi indossa un rozzo pigiama a strisce; chi si è presentato con al piede una palla con la catena (fatta con carta di giornale pressata); chi ha addosso un asciugamano scuro che vorrebbe simboleggiare una toga da avvocato; chi si è portato dietro un mitra giocattolo; e così via.

Il gruppo è preceduto da uno striscione fatto con un lenzuolo, recante la scritta:

SFIGHEIRA

Incuriositi da quella strana congrega, numerosi astanti si fermano mentre costoro, tirato fuori da un Apino 50 un rozzo impianto di amplificazione e alcuni megafoni, si sistemano sulla spiaggia non lontano dal bar "Capriccio".

Nel 1983, come molti sanno, ancora non si parlava di rimozione delle carceri di massima sicurezza dalle isole dell'Arcipelago Toscano; e così, oltre al secolare carcere di Portolongone (o Porto Azzurro che dir si voglia), a quello della Pianosa e a quello della Gorgona, esisteva ancora la durissima galera che occupava oltre metà dell'isola di Capraia. "Andare a Capraia" significava quindi, perlopiù, andare in gattabuia per un periodo non breve.

Una volta sistemato il rozzo impianto e impugnati i megafoni, da un qualcosa partirono delle note assai gettonate in quella lontana estate: quelle di Vamos a la playa dei Righeira. Il motivo dell'estate. Il tormentone di tutti i giorni. Chiunque, nell'estate del 1983, doveva sorbirsi quella canzone minimo quindici volte al giorno.

Il bizzarro gruppo di giovani ne cantò, in coro, una versione leggermente modificata.

Tra gli spettatori sul lungomare, che nel frattempo si erano fatti numerosi, le reazioni furono variopinte: chi si sganasciava dalle risate, chi si toccava le parti basse per scaramanzia, chi diceva "bisogna chiamare la polizia", chi approvava invece per l'intelligente provocazione.

La versione modificata è pervenuta ai posteri grazie ad una fortunosa registrazione con un vecchio "Gelosino" portatile, un supporto audiomagnetico che già allora era obsoleto. La riproduciamo qui per la prima volta in rete:

Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.

Vamos a Capraya
y no tornamo en quà,
trent'agnos de galera
a spese dello Stà'.

Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.

Vamos a Capraya
a fà' gli ergastolà',
sul fojo ce sta escritto
"Fine pena jamàs"

Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.

Vamos a Capraya,
quizà se sortirà
de este lugar fetiente,
todos se evaderà.

Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.

Vamos a Capraya,
Pianosa y el Gorgòn,
y los màs fortunados
vanno a Portolongòn.

Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.

Alla fine dell'esibizione clandestina, il gruppo si disperse rapidamente; due furono visti montare anche su una barca a remi che si allontanò dalla riva.

Ancora, dopo quasi trent'anni, perdura il mistero di quella sera. Non si è mai saputo chi fossero gli autori di quella beffa, né chi abbia redatto il testo modificato della canzone. La patina del tempo ha ricoperto tutto, ma è ora di consegnare ai posteri questo remoto episodio. Il carcere della Capraia è stato chiuso già molti anni fa.