mercoledì 22 febbraio 2012

Un vicolo senza nome


Il giorno che ti fecero il funerale era il tuo compleanno; ti avevano ammazzato come un cane, in casa e davanti ai tuoi genitori, tre giorni prima. Il ventidue di febbraio del 1980. Una cassa da morto il regalo che ti fecero per i tuoi diciannove anni. Tornavi da scuola, Liceo Scientifico Archimede, rione Nuovo Salario.

Ore 12,44, via Monte Bianco 114, rione Montesacro. Da queste parti, sai, si ricorda soltanto nei decennali: dieci, venti, trenta. Due anni fa tante belle cose, persino una clamorosa svolta nelle indagini che, poi, non ha svoltato da nessuna parte; il solito vicolo cieco. Il 22 febbraio del 1980, alle 12,44, io ero un po' più piccolo di te. Non avevo nemmeno diciassette anni. Quando diedero la notizia, mi cominciarono gli incubi, e non mi hanno lasciato. Tornare da scuola. Ti aspettano col passamontagna. I tuoi genitori immobilizzati. La lotta, la morte.

Perché gli facevi paura, una paura cane. Perché guardavi e prendevi nota. Perché producevi. Perché essere un militante, per te, non era giocherellare ma fissare, inchiodare. Quindi dovevi essere eliminato. Quello che avevi raccolto doveva scomparire. A diciannove anni avevi scritto tutto: nomi e cognomi, luoghi di riunione, amicizie politiche, legami con gli apparati statali. Prima di eliminare te, doveva essere eliminato il tuo lavoro d'inchiesta. Basta una perquisizione in quella stessa casa dove ti avrebbero poi ammazzato, pochi mesi dopo. Una perquisa, un'accusa e pure un processo. Il materiale viene sequestrato e si perde nel nulla.

Ho passato anni a chiedermi, quando ancora non c'erano i venti o trentennali, dove fosse finito il tuo nome. Dovevano avere eliminato anche quello. Poi è tornato per un po', e poi è scomparso di nuovo. Oggi è uno di quei numeri che non vanno bene. Trentadue. Chi vuoi che dica qualcosa per un trentaduesimo anniversario. Fra tre giorni avresti compiuto cinquantun anni e chissà cosa sarebbe stata la tua vita, perché questa domanda di base non mi riesce di smettere di farmela.

Magari ci avresti pure tu il tuo blog, che assurdità che mi vengono in mente. C'è tutta una serie di cose che mi piace pensare, ma non è il caso che le dica; o, forse, anche tu saresti caduto in preda a qualcuna delle disillusioni che creano così tanta atmosfera, come il famoso brandy. Ora parlano sempre di cuori neri, ma non è mai stata questione di cuori. Di intestini, piuttosto; come quello che ti perforarono con una revolverata, mentre cercavi di scappare dalla finestra ai tuoi assassini. E saresti comunque morto, perché eri al quarto piano. Specialisti in quarti piani, sempre; delle questure milanesi come dei condomini romani qualsiasi.

Avevi uno di quei nomi che hanno avuto una moda in certi anni; ancora adesso, s'indovina sovente l'età di una persona dal nome che porta. Mio fratello è del '55 e aveva un amico, di qualche anno più giovane, che si chiamava Valerio. Poi non ne ho quasi più sentiti; ora chi chiamerebbe così un figlio. E non so dire più altro. Ho evitato, come vedi, frasette di prammatica sulla rivoluzione, e ho evitato persino il classico "Valerio vive" perché mi sono fatto persuaso, oramai, che quando ti ammazzano sei morto e basta. Non c'è ritorno. C'è soltanto chi si è stati, e che cosa si è fatto, in mezzo a due date. In che cosa si è creduto, e come ci si è creduto.

Io abitavo, allora, in un quartiere periferico della zona sud di Firenze. In una strada del tutto insignificante, dove peraltro sono nato. Tra questa strada e la parallela correva, e corre tuttora, un vicolo sterrato, senza nome. Ora ne hanno chiuso metà con due cancelli; l'altra metà è sempre aperta, e serve sempre come parcheggio raffazzonato, specialmente quando c'è il lavaggio strade. C'era uno sfasciacarrozze. Avevo preso a chiamarmelo in mente, quel breve budello senza nome, "vicolo Valerio Verbano". Una volta mi scappò pure di dirlo, "vado a mettere la macchina nel vicolo Valerio Verbano". Nel vicolo dove...?!?

Ci sono passato davanti anche oggi. Senza fermarmi da mia madre, che abita ancora là. Trentadue anni da quando ti sei fermato a diciannove meno tre giorni. Da quando ti hanno fermato. Tutto, da queste parti, è un vicolo senza nome.