domenica 3 febbraio 2013

Colori



Se ne parlava giusto ieri sera a Livorno, alla Federazione Anarchica di via degli Asili, in occasione della presentazione di un libriccino piccolo quanto denso. Lo ha scritto Marco Rossi: Livorno ribelle e sovversiva. Arditi del Popolo contro il fascismo, 1921-1922. Volendo, maggiori notizie sul libro si trovano sul sito del Collettivo Anarchico Libertario di Livorno

Una questione interessante è saltata fuori quando l'autore si è messo a parlare dei colori; all'epoca, l'identificazione sembrava essere parecchio diversa da quella generalmente percepita al giorno d'oggi. Nel fronte antifascista della Livorno in lotta del 1921, che vedeva fianco a fianco comunisti e anarchici (anche e soprattutto negli Arditi del Popolo, che sono il campo di studi precipuo di Marco Rossi), il "rosso" e il "nero" erano usati pressoché indifferentemente; anche se i "neri" erano identificati generalmente con gli anarchici e i "rossi" coi comunisti, tutte le combinazioni erano non solo possibili, ma effettivamente presenti. Si hanno così bandiere nere bordate di rosso, con l'emblema della falce e martello; così come bandiere interamente rosse usate da formazioni riconosciutamente anarchiche. Il nero è il colore storico dell'anarchismo, tant'è che ai funerali di alcuni anarchici livornesi, il feretro è coperto con la bandiera nera. In pratica, nel periodo che va dall'estate del 1921 (con la reazione armata antifascista) alla "conquista di Livorno" da parte fascista (agosto 1922), assieme al rosso il nero identifica fortemente l'antifascismo armato e la lotta popolare. Gli stessi fascisti livornesi lo certificano, quando parlano in un loro comunicato di "schiacciare le violenze dei rossi e dei neri"

I quali fascisti non hanno, all'epoca, nessun colore identificativo specifico. Sono tutt'altro che "neri"; il loro simbolo riconoscitivo è casomai un altro, vale a dire la bandiera tricolore italiana. Alle loro riunioni sventolano esclusivamente i tricolori, ed è per questo motivo che, spregiativamente, la popolazione livornese li chiama "tricolorati". Il "vessillo nazionale" viene quidi, sin dall'inizio, parificato allo squadrismo fascista; durante la repressione che porterà alla "conquista di Livorno" nell'agosto del 1922, l'arcivescovo di Livorno, tanto per far capire bene da che parte stia la chiesa cattolica, fa sventolare il tricolore italiano sulla facciata del Duomo (un simbolo preciso dell'appoggio dato dalla Chiesa al fascismo). Nel 1921, durante un'azione "antisovversiva" a Livorno, i fascisti si dividono in tre squadracce: una indossa effettivamente una camicia nera (forse il primo esempio in assoluto), ma la seconda ne indossa una verde e la terza addirittura una...rosa!

Appare quindi chiaro che la "simbologia nera" del fascismo, con le relative camicie che verrano poi istituzionalizzate e rese obbligatorie durante il regime, è interamente mutuata dal campo avverso; si tratta naturalmente dell'eterna tendenza fascista, fin dal suo inizio, a cercare di confondere le acque e ad impadronirsi dei simboli altrui. Tra il nero rubato letteralmente alle combinazioni antifasciste prima della "marcia su Roma" e il Che Guevara sui manifesti di Casapound esiste un legame storico indissolubile, un filo che non si è mai spezzato. Non si scordi che il simbolo stesso degli Arditi del Popolo sembra riprodursi senza praticamente alcuna variazione nell'iconografia fascista (non soltanto il colore nero ma anche il teschio):


La simbologia fascista originaria si basava quindi sul tricolore nazionale; nell'ottica, poi, di avvalorare storicamente la costruzione della "rivoluzione fascista", fu scelto un colore effettivamente dalla portata simbolica rivoluzionaria come il nero, ma che era un simbolo assolutamente avverso (si pensi comunque che, tuttora, l'anarchismo, pur avendo generalmente adottato la combinazione rosso-nera, mantiene simboli come il gatto completamente nero; ed anche nell'iconografia popolare, anche vignettistica, l' "anarchico" è spesso una "figura nera"). Da qui la valenza intrinsecamente fascista del "tricolore"; quando, ad esempio, si svolge l'annuale manifestazione a Firenze dedicata alla "memoria delle foibe" e una Giorgia Meloni vuol dare ad intendere che lo sventolio di tricolori sarebbe soltanto "simbolo della nazione italiana e non politico", mente sapendo di mentire. I "Tricolorati" sono sempre quelli, e la bandiera italiana ha la precisa e esclusiva funzione di simbolo fascista. E sbaglierebbe chi, definendosi antifascista, la intendesse in altro modo. Ce lo insegna la lotta antifascista del 1921-22 a Livorno e altrove: l'unica bandiera dell'antifascismo è quella della lotta di classe, contro l'idea fascista stessa di "nazione". Nel 1921 e nel 2013.