giovedì 7 febbraio 2013

ISA (Imponderabile Scalogna Anarchista)



Si chiama ISA, ma non è un nome di donna. È l'Imponderabile Scalogna Anarchista (o Imponderabile Sculo Anarchico nella variante toscana, o Imponderabile Sfiga Anarchista nella variante settentrionale). Nella storia, unita senz'altro a diverse e pur gravi circostanze, ISA si è manifestata costantemente; ieri pomeriggio, a Firenze, si è materializzata per opera di una stufetta elettrica difettosa.

Non è ovviamente obbligatorio che conosciate, o abbiate conosciuto, Villa Panico. Direi che pochi la conoscono in Firenze stessa, se non per i periodici sgomberi. Tracciamone una breve storia: si parte dal vecchio MAF (Movimento Anarchico Fiorentino) di Vicolo del Panico (da cui il nome), sgomberato con la forza pubblica e trasformato in appartamenti di prestigio. Da qui la divisione, a dire il vero già operativa da tempo; gli "anarchici storici" vanno per altre strade, ovviamente sgomberati anche loro, mentre gli "incontrollabili", i giovinotti e le giovinotte, i cani e tutto il resto, iniziano una peregrinazione che li porta prima a occupare uno stabile vuoto in piazza Ghiberti (in Sant'Ambrogio e a mezzo metro dalla sede della "Nazione", oh yea), dal quale vengono sgomberati dopo qualche mese. Da lì si trasferiscono in un luogo che di quelli; all'interno dell'area dell'ex manicomio di San Salvi gli "anarchici incontrollabili" occupano una villa semidiroccata e appartata costruita presumibilmente agli inizi del XX secolo, e che era nata per ospitare la clinica dove si praticava la "cura del sonno". E' quella che diventerà "Villa Panico": un primo tentativo di sgombero nel novembre 2008 (se ben mi ricordo), in cui un battaglione di gendarmi si reca in forze per buttare fuori una quindicina di pericolosissimi terroristi che detengono quintali di munizioni (poi rivelatesi terribili chiodi da muro calibro 9 e tremende viti a espansione paratrapanum), li cacciano con grand'esultanza dei media cittadini (in primis Repubblica) e, poi, si vedon non più di un giorno dopo la Villa Panico rioccupata come se niente fosse, ovviamente con tutta una serie di denunce e incriminazioni con accuse che vanno dal surreale al fantasioso passando per il ridicolo. Il secondo tentativo di sgombero è quello del 13 luglio 2009, giorno in cui il sito Internet di Villa Panico si sospende nel tempo: sono gli Anarchici sul tetto che scotta. I "Panicanti" salgono sul tetto senz'acqua da bere, con una temperatura di trentanove gradi, e non scendono finché gli sbirri non han ripiegato armi e bagagli e se ne sono iti. Poi più nulla, in attesa; eh sì, perché, come ben si sa, l'Area di San Salvi è sotto appetiti, e sono appetiti che contano. Unità abitative nello spazio pubblico, riqualificazione, degrado, lettere di cittadini "indignati", decisivi reportages della solita Repubblica....ma gli Anarchici eran sempre lì.

Un biribissaio. Villa Panico poteva piacere o non piacere, sempre tenendo conto che, a chi ci viveva, che piacesse o non piacesse non gliene fregava, giustamente, un cazzo nulla. C'erano concerti. C'erano iniziative, come quella del 13 maggio 2012 quando era stato chiamato a parlare e raccontare Sante Notarnicola. Laboratori. In un quartiere che, peraltro, si sta riempiendo di fascisti. Sì, certo, è possibile che le aree antagoniste più "organizzate" nutrissero qualche diffidenza nei confronti dei "Panicanti", tenendo conto anche di precise differenze ideologiche che sarebbe semplicemente idiota negare. Per quel che mi riguarda, cosa la cui importanza è pari a zero, ci andavo poco; ma andavo al vecchio Panico, conosco parecchie persone e non ho mai avuto né steccati e né, soprattutto, "utilitometri". Né m'interessano i gradi di "purezza", quelli li lascio ai tanti che continuano a cianciare col culo al caldo e l'impiego nella pubblica amministrazione. In questo senso, sarò sempre più vicino a tutte le Ville Panico del mondo che a qualsiasi teoreta della rivoluzione di questo beato par di coglioni.



Nel luglio del 2009 c'erano quaranta gradi, e nel febbraio del 2013 ce n'erano svariati meno. E ISA si è manifestata in una giornata di febbraio; dove non sono arrivati sbirri, pennaioli e speculatori è arrivata una banale e maledetta stufetta elettrica messa a riscaldare una camera. Un corto circuito, un filo scoperto, un cazzo di qualcosa che non ha funzionato; e Villa Panico ha preso fuoco. In una giornata qualsiasi, così. Mi son cominciati a arrivare messaggi sms su uno "sgombero con un incendio", ma c'era solo l'incendio a sgomberare ogni cosa. La Polizia sembra sia arrivata e ripartita, tanto il servizio lo stavano già facendo, oltremodo bene, le fiamme. Sono arrivato che sembrava la sagra dei pompieri; più che un incendio, sembrava ci fosse stata l'alluvione. Nel parco, un autentico lago. Un bel pezzo di tetto crollato. Cassettate di calcinacci buttati giù a formare un monte. Lacerti di libri e documenti. Sembrava la scena finale del "Nome della Rosa".

E gli Anarchici, già. O come li si vuol chiamare, perché, nonostante la marea di "A" cerchiate, c'è il caso che i "Panicanti" amino poco le definizioni; non ci fate caso, se non siete abituati a storie di vita completamente disassate dalle vostre. Tutti tranquillissimi, specificando che, fortunatamente, nessuno s'è fatto un graffio (nemmeno, e ci tengo a dirlo, i numerosi cani). Inagibilità ufficialmente certificata; e, poi, che cazzo c'è da certificare. E' crollata un'ala intera dell'edificio. Ma quel che colpiva era la tranquillità, come se ISA fosse accettata per quel che è. Insita, intrinseca. Prima o poi arriva, è normale. Diceva una ragazza, abbracciata a un labrador: "Addio Panico, è stato bello finché è durato." Tutti a portar via quel che s'era salvato, qualsiasi tipo di masserizia, di libro, di carta, di bidone, di cianfrusaglia.

E così, chi fosse passato ieri da San Salvi sul far della sera, avrebbe visto una scena surreale e, forse, vagamente indimenticabile. ISA fa di queste cose: mette in fila gli Anarchici in silenzio, e senza un lamento. Che si debba varcare una frontiera sconfitti (e al di là della frontiera ci sono comunque prigionia, esilio, morte), o che si debba smassare un luogo dimenticato in una città, all'improvviso, per una stufa elettrica che ha dato fuoco a tutto. No, certo, non era Port-Bou o Bourg Madame; era solo una fila di cassette, valigie, contenitori, bidoni, borse. Dove andranno non si sa. Dove sarà il prossimo Panico. Certo è che tutto mostravano, fuorché panico. Nessun rimpianto, come se col fuoco ci fosse un'antica consuetudine. Come se, in fondo, meglio che Villa Panico sia finita così che per mano poliziotta. Chi fosse passato avrebbe visto, materialmente, la canaglia pezzente di cui magari si compiace di berciar cantando ogni tanto. A duecento metri nessuno ne sapeva già niente; l'indifferenza generale. E allora mi sono detto: beh, qui bisognerà sforzarsi di ritirar fuori, un po', il Venturi al massimo spolvero. Perché sento di doverlo. C'è caso che, presto, arrivino le ruspe; e che di Villa Panico si perda anche uno straccio lezzo di ricordo. ISA ha lavorato bene e chissà dove se ne sarà andata ad agire; ieri era a Firenze, in un ex manicomio che diventerà qualcos'altro. Nessun "addio" a un dio che non esiste; gli anarchici van via, e non ci sarà, di certo, nemmeno nessun San Pietro Gori che li trascinerà al nord. Al massimo in qualche altro rudere sopra Rifredi, o a Novoli, o al Diavolo.