martedì 16 aprile 2019

A proposito dell'incendio di una cartolina, di Serge Quadruppani


Traduco in italiano (con il suo permesso) il seguente articolo di Serge Quadruppani apparso sul suo blog Les contrées magnifiques oggi 16 aprile 2019.

È noto che la guglia che è bruciata e il gargoyle che è caduto sono invenzioni di Viollet-le-Duc, e che, in generale, la Cattedrale icona della Parigi turistica deve a questo architetto, amico di Prosper Mérimée, la parte essenziale dell'aspetto che ha avuto fino ad oggi. Questo Medioevo che ha emozionato così tanti contemporanei è quindi una ricostituzione dipesa dalla storiografia e dall'estetica della seconda metà del XIX secolo. Entrambe hanno poi subito seri attacchi critici, ma si è verificato un altro fenomeno: la patrimonializzazione degli edifici antichi, che ha definitivamente fissato nella forma conosciuta Notre-Dame e tutti gli altri monumenti reinterpretati da quel gran mitomane di Viollet-le-Duc (dal Mont Saint Michel ai bastioni di Carcassonne). Fino al XIX secolo non dava affatto fastidio distruggere e ricostruire. La Roma medievale e barocca, quella sia delle catapecchie che dei palazzi, è stata costruita con le pietre e con i pezzi di sculture della Roma antica. La possibilità di reperirli negli edifici odierni è, del resto, una delle meravigliose attrattive della Roma moderna. Tornando a Notre-Dame, non più tardi del 1972 veniva smontata la guglia precedente, che serviva da campanile, e che Viollet-le-Duc aveva rimpiazzato con un semplice ornamento sistemato altrove. Il cambio d'atteggiamento nei confronti dei monumenti è largamente dovuto al fiorire del romanticismo, che è stato una reazione alla modernità industriale. Mi è caro il gusto che tale movimento estetico internazionale aveva per la nostalgia: in quanto sentimento che la vera bellezza e la vera vita sono altrove, la nostalgia è un sentimento prezioso che nutre sia la poesia che la passione rivoluzionaria. Poiché la civiltà industriale è in grado di ricuperare ogni cosa, è paradossale che, in fin dei conti, il romanticismo abbia contribuito a trasformare il fascino del passato -con tutta la rimessa in causa del presente che comporta- nell'eterno presente della merce.

Ho vissuto quarant'anni a Parigi, e in quarant'anni non sarò entrato che una volte o due nella cattedrale, per accompagnare qualche parente in visita turistica. È fuori di dubbio che mi sarò perso qualche bel momento emozionante, ma per questo sarebbe occorso farcela a destreggiarmi tra gli orari di punta, dato che la contemplazione solitaria e mistica alla Claudel dietro il suo pilastro era oramai un sacro graal difficilmente raggiungibile. Però mi piaceva prenderla alle spalle, Notre-Dame, col suo bel giardino e la sua gonnella di pizzo, per uno di quei tragitti (nella fattispecie isola di San Luigi-Lungosenna-rue de Savoie, per far visita alla mia casa editrice di sempre) che mi hanno fatto sentire a casa mia a Parigi. E amavo la sagoma di nave incagliata che dava all'isola che porta il suo nome. In breve: il pensiero che Notre-Dame sia bruciata non mi lascia indifferente. Ma questo non impedisce di riflettere su quel che sia l'autenticità (le grotte di Lascaux 2 e 3 sono meno belle della grotta di Lascaux chiusa al pubblico? La Cappella Sistina restaurata è più autentica di quella che il tempo e la sporcizia stavano cancellando?) e di criticare ciò che dà forma e formato allo sguardo moderno, e la nostra pretesa di bloccare lo scorrere del tempo. Non impedisce neppure di ridacchiare tristemente dinanzi al malsano riutilizzo dell'avvenimento da parte degli oligarchi e del loro mandatario dell'Eliseo.

Sono rimasto inorridito dalla distruzione di una parte della Palmira che avevo tanto amato, non tanto per attaccamento alle vecchie pietre e alla loro sagoma nel cielo del deserto, quanto per l'odio verso un passato che non sia il proprio, e che Daesh sbatteva in faccia al mondo. Sono altrettanto disgustato dalla dittatura del dolore mediatizzato e utilizzato a fini politici. E percepisco anche il trionfo di un presente che aborro, sotto forma di appropriazione di un passato trasformato in scenario di selfies.

Ora che si sta finendo di costruire la Sagrada Familia, un monumento che ci guadagnava parecchio nel non essere finito, le questioni commerciali in gioco sono troppo forti perché si possa pensare, anche solo per un momento, che sarebbe stato assai più bello, dal punto di vista estetico e emozionale, lasciare Notre-Dame in rovina. Sicuramente la si ricostruirà com'era e dov'era, contribuendo così a darle un po' di più, sotto ogni aspetto critico, l'irrealtà di un'icona e la realtà di una cartolina.