Trenta dì conta novembre; ed è appunto dopo una trentina di dì che torno a mandare avanti questa cosa qui, come si chiama? Ah sì, blog. Che, però, da oggi cambia un po' pelle; cessa di essere un Bignami, e nella fattispecie il Bignami del sottoscritto, e diventa un Asocial Network.
Lo dico immediatamente, così mi levo il pensiero. Questo blog non prevede più, per nessuno, la possibilità di lasciare commenti. Sono bloccati tranne che per il titolare del blog, vale a dire me stesso; il quale me stesso se ne servirà soltanto raramente, per delle eventuali correzioni, per il testo originale di qualche canzone, per avvisi tecnici. D'ora in poi, come si usa dire, me la canto e me la suono. In pieno, pienissimo isolamento asociale, o antisociale. C'era una volta un giovinotto che cantava: Sono un tipo antisociale, non ho voglia di far niente, sulle scatole mi sta tutta la gente... Beh, poi il giovinotto è diventato grande, e persino vecchio; gli prenderò a prestito quelle sue antiche parole.
Ho voglia di raccontare una storia vera? La racconto. Ho voglia di infilarci dentro delle cose inventate di sana pianta? Ce le infilo. Ho voglia di far passare per vera una storia completamente inventata? Lo faccio. Ho voglia di far passare per inventata una storia totalmente vera? Faccio anche quello. Ho voglia di scrivere un post in svedese, o in una lingua inventata? Det gör jag , skitstövlar. A pensarci bene, è quel che ho sempre fatto; solo che non amo più nessuna interferenza, o interazione, o incrocio, o scambio, o comunque lo si voglia chiamare. Ho constatato di non essere fatto per gli scambi e per gli incroci. Ho constatato, semplicemente, di non essere fatto per gli altri. Sto meravigliosamente per conto mio, nel mio mondo che sarà pure sgangherato ma che è mio, e con le mie cose. Cose che finisco se ho voglia di finirle, e che lascio perdere se ho voglia di lasciarle perdere. Me ne sto quindi per conto mio. L'Asocial Network, appunto. Chissà che, poi, non diventi una moda. Almeno si saprà con precisione chi l'ha lanciata.
Niente più ammirazioni, niente più bacchettate, niente più precisazioni, niente più acrobazie verbali; niente di niente. In una rete in cui tutti si cercano, si mettono in mostra, si dichiarano amori odi rancori indifferenze passioni disamori musiche politiche ricordi làgrime rivoluzioni umorismi e altri varî blablabla a base di pixel, di “Facebook” e di altre stronzate (ivi compresi i blog), il qui presente sceglie di diventare un anonimo con nome e cognome. Uno che ha cessato di desiderare di avere a che fare con chicchessia in rete. Che si tiene questo posticino per divertimento e per scriverci ciò che gli passa per la testa, quando e come vuole, ma serrando porte e finestre. Chiusura totale e ermetica. Un po' di astuta atarassia, come ebbe proprio lui a scrivere molti, moltissimi anni fa. E scrisse anche: Ho il dubbio di non fare, amico, al caso tuo. A volte, se ti basta, ci sono e sono assente.
Appunto. Ci sono. Ma sono anche assente. Dei rapporti nati in rete ne ho piene le tasche. Torno esclusivamente a quelli nati per la strada, al bar, alla Coop, a un casello autostradale, ovunque. Del resto, chi vuole sa dove cercarmi e dove trovarmi. E se questi rapporti andranno avanti oppure resteranno vento di un minuto, nessuno lo sa. Così funzionava fino a non molti anni fa. E con un'avvertenza: quella che io non amo circondarmi. Essere circondato mi dà fastidio. Meno gente ho intorno, e meglio sto.
Procedo dunque con questo Asocial Network, con la promessa e con l'impegno che non andrò, di converso, mai più a rompere le scatole nei posti altrui, pubblici o privati che siano. Nessuno mi vedrà mai più. Le mie parole non hanno nessuna importanza per nessuno. Sono inutili, come quelle che sto scrivendo qui dentro. Sono utili soltanto per me, e non lo sono per nessun altro. Mi sfilo fuori; nonostante il mio aspetto, credo di saperlo fare senza rumore. Tenetevi pure i vostri frastuoni.