mercoledì 17 agosto 2011

Venturiks Hassenlied


La conoscenza è legata alla lotta.
Conosce veramente chi veramente odia.
Mario Tronti, Operai e Capitale, pag. 10.

L'anno duemilaundici,
il dí diciassette di agosto, alle ore 2 e 13 del mattino,
Riccardo Venturi, detto Venturik,
blogghista in momentanea dissoluzione
enuncia consapevolmente ciò che odia.

Si tratta, palesemente, di un atto di amore;
parafrasando l'incipit trontiano
si potrebbe dire, senza timore di smentita,
che ama veramente
chi veramente odia;
non esiste un territorio mediano,
e l'indifferenza è l'estrema manifestazione dell'odio
perché non esiste indifferenza alcuna
a niente, a nessuno.
Ho vissuto a sufficienza per averlo finalmente compreso,
e per rigettare ogni finzione e ogni falsa dialettica,
ogni stupida dichiarazione e ogni ridicolo sofismo.
Ma bando alle ciance;
ecco ciò che odio
profondamente.

Il semaforo di piazza Pompeo Batoni
e quello delle Cascine del Riccio;
ma più di tutti, quello dei bambini ricchi
di fronte alla scuola privata nel viale Galileo.
Mi prendono pensieri tinti
quando sfilano accompagnati dalle mammine sui SUV
bloccando chi va a lavorare
in code interminabili.
Brutto semaforo di classe e di merda.

Odio i servizi televisivi
sul caldo in estate e sul freddo in inverno,
ma più di tutti quelli sugli esami di maturità
con le interviste a dei dementi di diciott'anni
che sorridono beati, e beoti, all'uscita della scuola
senza sapere di essere già
carne da precariato e da mercato
mentre declinano scelte decisive
tra il tema su D'Annunzio e quella che il ministero
vuole presentar loro come attualità.

Odio l'aziendalismo e l'imprenditorialità,
perché non è pensabile nemmeno per un momento
dichiararsi nemici della schiavitù
senza essere nemici di chi la crea
e anche di chi la accetta, e anzi la sollecita.
Odio il lavoro, buttato come uno straccio
davanti a una spianata di telefoni
e odio chi santifica lo sgobbo,
odio chi ha reso merce uomini e animali,
odio l'abbrutimento della mente
e la riduzione del pensiero a utilità.

Odio oramai il gioco del pallone
e chiunque vi giri attorno;
e qualsiasi altro sport, attivo o passivo.
Andate a fare in culo voi e il fisico,
il benessere, la forma e il fitness.
Qui, in questo sistema,
di benessere non ce n'è;
l'unico rimasto, forse,
sarebbe infilarsi nel letto con chi si ama
senza pensare per un attimo al padrone e ai suoi orari.
Questione di poco; suona la sveglia
e devi andare.

Odio i ciclisti della domenica e delle ferie,
bardati come cretini a schiantare sulle salite
a ore antelucane.
Per mezza giornata di riposo che ti è concessa
te li ritrovi davanti e sei costretto
a andare a venti all'ora o a frenate a morte
per evitarli;
e se poi ne becchi uno, eccoti trasformato
automaticamente in criminale ubriaco.
E statevene a letto,
imparate a poltrire e a non fare niente,
imparate la bellezza del dormiveglia
e non rompete i coglioni al prossimo
magari riempiendovi di steroidi
e indebitandovi per comprare biciclette
che manco ce le hanno Armstrong o Contador.

Odio terribilmente i salutismi e le campagne antifumo,
sintomi decisivi del totalitarismo.
Odio lo stato che ti impone di essere sano,
odio la salute come costo sociale da tagliare
quando poi lo stesso stato te la toglie
in diecimila altri tremendi modi.
La salute, le prospettive, la vita;
come nelle galere americane
dove si proibisce di fumare al condannato a morte.
E siamo tutti condannati
ad una morte lenta per disperazione
e per mancanza di futuro;
basta che non fumiamo perché sennò ci viene il cancro.
Ma il cancro ce lo abbiamo addosso ogni giorno
della nostra vita, e si chiama padrone.
E a nessun padrone hanno mai
appiccicato addosso cartelli dicendo che uccide
o che fa invecchiare la pelle
o che provoca danni alle donne incinte.
Sarebbe urgente farlo!

Odio i liderini del bla bla bla
dalle bocciofile ai centri sociali.
Odio i loro passati, i loro presenti e i loro futuri,
piccoli parassiti che per giunta
parassitano il niente delle loro teste,
che emettono parole vuote e atti idioti
dall'alto di chissà cosa.
Odio chi trasforma spazi di libertà
(perché purtroppo oramai in questi termini
occorre parlare: ghetti)
in pollai dove si deve obbedire a due o tre galletti
che altro non sanno fare che cianciarsi addosso
escludendo dal recinto chi non si uniforma.
E il pensiero torna a Eric Arthur Blair
e alla sua fattoria:
e non soltanto per questo, no.
Non soltanto.

Odio i fagiolini lessi,
come si legge persino nella presentazione di questo blog;
ma ancor di più odio ogni forma
di comunicazione forzata, obbligatoria, imperativa.
Odio l'interattività
perché non voglio interagire con un cazzaccio di nessuno
e massimamente grazie alle vostre tecnologie,
insalata di merda e di controllo.
Conservatore? Retrogrado?
Accetto di buon grado queste definizioni.
Se per un barlume di libertà
occorre tornare indietro
e contrapporre un regresso salutare
ad ogni progresso che ci rende sempre più servi,
allora torno indietro volentieri,
e chiamatemi come vi pare
(per quel che me ne importa, cioè meno che niente).

Come il Redelnoir in Basta figa
odio oramai irrimediabilmente ogni cover di Fabrizio de André;
ma ancor di più odio, pur da carnivoro,
i cacciatori e la faccia idiota dell'anziano attorucolo toscano
che fa pubblicità alla rivista Hunter qualcosa.
Poiché sono fieramente morbido e impuro
odio inguaribilmente ogni duro ed ogni puro,
odio chi si diletta di bruciori e di scomuniche
e che blatera di abbattimenti
quando in vita sua, probabilmente,
non ha mai nemmeno abbattuto una porta a calci.

Odio il tempo.
Odio l'invadenza e l'onnipresenza
di tragiche e stupide favole soprannaturali.
Odio ogni violenza su chi non solo
non può o non sa difendersi,
ma che deve subire anche la trasformazione
di questa violenza in intere sovrastrutture.
Odio la gelosia e l'amore delle gabbie e dei lucchetti.
Odio chi lucra sul sangue e sulla fame.
Odio Piazza Affari, il Mibtel, le borse e il rating.
Odio chi vuole farci confondere l'economia
coi deleteri giochetti di pochi
che ci stanno portando alla rovina.
Odio il cazzo ritto di Marek Topolanek
e schiaccerei volentieri in mille pezzi
gli occhialetti di Emma Marcegaglia.

Odio Guido Ceronetti e il suo razzismo d'accatto
sotto le mentite spoglie del suo gonfio eremitismo borghese.
Odio il lardo di Colonnata, i fagioli di Valmontone,
il prosciutto di Buonabitacolo e il pane di Montegemoli
e sto cominciando a pensare
che una scatoletta di Simmenthal sia meno ipocrita.
Odio i paladini fiammeggianti della sincerità e della verità:
La sincerità ostentata è spesso ipocrisia,
ma sinceramente dirò che questa cosa
l'ha detta Alessandro Dumas,
e che è la soluzione della "Chiave Diplomatica",
dalla Settimana Enigmistica n° 4140
del 30 luglio scorso.
A proposito:
odio incommensurabilmente chi tratta con sufficienza
e persino con disprezzo l'enigmistica popolare.
Ho visto fascicoli interi di parole crociate
sul tavolo di persone che hanno preso un'arma in mano
e si son fatte anni di galera per un'idea.
E in generale
odio chiunque tratti con sufficienza qualsiasi cosa.
Odio le fissazioni su qualsiasi genere musicale.
Odio chi mi interrompe mentre canto qualcosa
perché non corrisponde ai suoi gusti
mentre magari sono in casa mia o sulla mia macchina
(che poi mia non è, è solo un usufrutto e parecchio bizzarro).

Odio gli sgomberatori istituzionali
almeno quanto odio le loro istituzioni.
Odio i costruttori di carriere e di consensi
sulla base di degradi, sgherri, corti tribunalizie e telecamere.
"Telecamera amica", si legge sui cartelli;
ma una telecamera è sempre e solo nemica
come sempre è solo nemica è una spia.
Odio chi una mattina d'estate prende e caccia via
persone dai loro alloggi
per fare spazio allo stabile di prestigio
di una merdosa cassa previdenziale
di ingegneri e architetti
(si chiama Inarcassa, fare nomi, fare nomi;
e lo stabile è nel viale Matteotti, a Firenze.
Matteotti, pensate voi.
Giacomo Matteotti.
Meglio sarebbe dedicare quel viale, d'ora in poi,
a Achille Starace).

Odio qualsiasi tipo di fobia.
Sto cominciando a odiare anche la moda
di dichiararsi celiaci;
sembra impossibile, ma esistano persino
malattie modaiole.
Odio a prescindere
qualsiasi stronzo di primo ministro inglese
che viene a passare le vacanze in Toscana
e vieterei tassativamente l'ingresso nella mia terra
a qualsiasi membro persino di un consiglio circoscrizionale
di un paese del Commonwealth.
Avete presente David Cameron?
Dalla Toscana è passato tranquillo
alla repressione selvaggia di una rivolta sociale.
Odio l'idolatria per il calcio inglese
e per i loro stadi tutti belli tutti tranquilli e tutti da famigliuole,
il decoro ostentato della middle class
mentre fuori la città brucia.
Odio quel buzzone di Rooney
che si permette di sputare merda sui disperati che si ribellano.
E mi sia permesso di esprimere
un sano rigurgito di giacobinismo
quando dico che mi piacerebbe appendere per i coglioni il principino
e infilare un palo rovente in culo alla principessina
e poi decapitarli tutti e due.
Giove solo sa quanto ho goduto
quando lèdi Daiana si è spiaccicata nel tunnel dell'Almà
assieme al figlio del multimiliardario arabo.
Un simile piacere mi piglierebbe soltanto
se uno tsunami colpisse il principato di Monaco
(portandosi peraltro via un bel po' di stronzi italiani).

Odio Don Matteo e la vita in diretta.
Paolo Brosio? Ma ce lo avete presente
quello juventino schifoso
che ora fa l'apostolo di Medjugorje
perché la moglie, direi in modo sacrosanto,
gli ha messo le corna?
E i santuari? O non c'era la simonia, un tempo?
E quella specie di pedofilo del Forgione?
L'apparizione fissa alle ore diciotto?
La madonnina che appare solo alle pastorelle
e mai a un geometra o a un fisico?
In questi casi considero
che la bestemmia sia un atto purificatore;
un porcoddìo sparato addosso al giornalista becco,
un madonna bottiglia e cristo per tappo
davanti alla fila di pellegrini necrofili,
e siccome, poverino, è sempre trascurato,
anche uno spiritosanto impestato
in pieno Santiago de Compostela
(ela, ela, ela).

Odio la legalità,
perché è sempre di chi opprime.
Odio chi, come una pecora,
non solo vi si conforma
ma la propone anche come unica possibilità.
Odio magistrati, giudici e prefetti
odio divise e simboli di autorità.
Un mandaingalera che assolse dei carabinieri assassini
e un altro che inventò il malore attivo
a dire di resistere?
La resistenza dovrebb'essere, casomai,
fatta contro di loro.
Odio la fissazione contro gli acari,
ma ancor di più
odio quell'ignoranza estrema
che presiede all'incomprensione criminale
che va sotto i più disparati nomi
(tra i quali quello di razzismo).
Odio chi accusa di semplicismo
perché è su poche e semplici cose che ci hanno fottuto il mondo.
Odio le reti globali
perché hanno globalizzato solo una finzione.
Odio le identità e gli identitarismi
fatti soltanto per distogliere
dalla coscienza di classe,
l'unica cosa che i globalizzatori tecnologici
si guardano bene dal globalizzare;
e il resto sono soltanto
chiacchiericci di idioti.
Odio chi dice di odiare l'odio
magari poi teorizzando sull'astio e sul rancore,
santificando alla propria affascinante vuotezza
di otre ripieno di scorregge.

Odio due o tre persone,
ma è odio di quello implacabile.
Odio la mia vigliaccheria di non andare
a ammazzarle di persona;
ma il giorno che le saprò morte, e morte male,
per me sarà giorno di gran festa.
Ma è bene che se lo sentano sempre addosso.
Indifferenza, mai.
Indifferenza, mai.
Indifferenza, mai.

Si è fatto tardi.
Dormite tutti, vero?
Io no.
Ce ne sarebbero ancora non so quante
di cose che odio.
La Haine!
Ma mi fanno male le dita
e ho un male di vivere spaventoso
che però non si esprime né in cupezza, né in comoda depressione.
Trasformare il male di vivere in allegria
e in lotta senza quartiere.
Saltare a pie' pari i baratri e le sabbie mobili
dell'inconcludenza e della disillusione imbecille.
Asciugare le lacrime di chi ami,
di quei pochi che ami davvero,
e lucidare i bene i pugni le parole i bastoni e i fucili.

Sì, si è fatto davvero tardi.
Esco un attimo
perché in quest'esplosione è bene
immergersi per due minuti in qualcosa che si ama.
La notte e il suo silenzio,
e guardare una stella
immaginando di montarci sopra
salterellando per l'universo
e l'universo sei tu.
Non c'è amore senza confronto e senza scelta.
Ho fumato un pacchetto intero.
C'è un grillo o qualcosa del genere.
Tra un po' un vecchietto chiamerà il 118
dicendo di non respirare bene.
Chissà quando,
quando.