giovedì 7 luglio 2016

Il milione


Qui in fondo a sinistra, se si va a vederlo, c'è un contatore. Non ne so molto, per non dire nulla, sull'attendibilità di questi contatori di accessi; per un po' di tempo ne ho utilizzato anche un altro, che dava naturalmente risultati diversi. Non ho alcun dubbio che, se ne avessi utilizzati un terzo, un quarto e anche un quinto, avrebbero dato cifre ancora differenti; e, allora, tanto vale tenersene uno solo. E' come i "meteo", che quando si vanno a vedere, dicono uno che domani piove, l'altro che domani c'è il sole e l'altro ancora che domani c'è un po' di sole e un po' di pioggia; orbene, il contatore dice che, da poco, questo blog avrebbe superato il milione di accessi. Chissà se è vero; non è una cosa granché importante, del resto.

Questo presupposto milione è, ultimamente, del tutto immeritato. Non so letteralmente più che dire, anche perché mi sono oramai definitivamente convinto della perfetta e totale inutilità della cosiddetta comunicazione in rete. In "rete", prendendo il termine nella sua orginaria accezione letterale, ci siamo finiti noialtri, come pesci. Presi, appunto, nella rete della "comunicazione globale" che non comunica assolutamente niente; un bla bla planetario, un'orgia di parole, parole, parole e parole. Non che mi sia sottratto a tutto ciò; la mia goccia nell'oceano ce l'ho messa anch'io. Da un po', invece, ho una gran voglia di sottrarmi eccome; ma, in fondo, sono affari miei.

Mi sono chiesto, a volte, se qualcosa che ho scritto qua dentro, o altrove, abbia mai avuto qualche "effetto". Il problema, naturalmente, è che cosa si debba intendere per "effetto", e qui non sono più capace di procedere. Una risata o un pensiero, un grazie o un vaffanculo, un "però" o un "forse"; gli unici effetti autenticamente misurabili che ho riscontrato grazie a questo blog, sono state due o tre convocazioni in Questura e un processo. 

A un certo punto, m'è venuto quasi da pensare che, en resumidas cuentas, ogni blogger è afflitto un po' da quella cosa che si chiama "erostratismo". E' la storia di Erostrato, che diede fuoco al tempio Artemideo di Efeso, una delle sette meraviglie del mondo, esclusivamente per "passare alla Storia" e perché il suo nome fosse ricordato. Sotto tortura, rivelò che lo aveva fatto proprio per questo; fu così che fu condannato anche alla Damnatio memoriae. Il suo nome, però, fu fatto da alcuni storici e narratori (Teopompo, Polibio...), ed è andata a finire in un modo piuttosto strano. Da un lato, Erostrato, per il suo atto, sarà ricordato per l'eternità come un imbecille; dall'altro, come ebbe a dire Jean-Paul Sartre, in fondo non aveva sbagliato il suo calcolo. Non si sa nemmeno il nome dell'architetto che aveva costruito il tempio di Efeso, ma il nome di chi lo ha incendiato per passare alla Storia, sì. Insomma, alla Storia è passato un idiota, mentre l'autore della bellezza resta ignoto.

Come restano, naturalmente, ignoti, gli operai che avevano costruito il tempio, magari schiavi, magari precipitati da un'impalcatura, magari schiacciati da qualche lastra di pietra. O magari semplicemente sfruttati fino al midollo per costruire la meraviglia del mondo poi incendiata da Erostrato. Tebe dalle sette porte...

Chi, a un certo punto, da perfetto sconosciuto qual è e quale rimarrà, si mette a scrivere i propri "pensieri", i propri commenti, le proprie "idee" e quant'altro, ha veramente un che di Erostrato. Vorrebbe incendiare qualcosa, più o meno metaforicamente, per i post e per i posteri. Però viene anche a mente che Erostrato ci è passato sì, alla Storia, grazie a qualche storico che scriveva in greco su papiro o su pergamena. Se avesse avuto Google, i blog, i social networks e quant'altro, la sua memoria sarebbe durata tre giorni al massimo, poi tutti se ne sarebbero dimenticati. Forse, sì, un bel "video virale" su YouTube col tempio di Artemide che brucia; due o tre milioni di accessi, e poi il niente; ed è così che va a finire.

Facce, parole, barbe, amori, cronache, storie, politiche, pezzi di vite intere; tutto in "rete", la rete appunto dove siamo rimasti invischiati sempre di più, invischiati e ben controllati. Come sono soliti dire tutti, "dipende dall'uso che se ne fa", una frase che oramai dev'essere passata in proverbio. Non fermandosi mai a ragionare, però, sull'uso che essa ha fatto di te; un uso che ha arricchito come Creso poche persone che stanno usando te, usando le tue rivoluzioni come le tue cazzate spedite alla mamma o alla fidanzatina. Usando il tuo dolore o la tua gioia così come stanno usando la tua più che legittima imbecillità. Usando la tua meschinità e la tua mediocrità così come stanno usando la tua sommersa grandezza, quella che conosci solo tu e che faresti, sinceramente, assai meglio a tenerti per te.

E così, dicevamo, siamo arrivati -almeno secondo un qualche scarsamente attendibile contatore di accessi, al "milione". Bene; è pur sempre l'unico milione che attualmente mi posso permettere, con buona pace persino di Erostrato. Se chi legge fa parte, per caso, di quel milione, sappia perlomeno che non ho mai avuto intenzione di dargli fuoco. Forse. Saluti.