giovedì 5 gennaio 2017
Dal "Sito di Firenze": Bomba a Firenze, quel poliziotto ferito e quel pestaggio in Questura
Non ho l'abitudine di copiaincollare cose scritte da altri, a parte in rarissime occasioni. Quella che segue, però, lo è. Si tratta di un articolo scritto da Matteo Calì per il Sito di Firenze (cliccare sul link) ieri 4 gennaio 2017, che propone alcune interessanti riflessioni "super partes" (a quanto ne so, sia Matteo Calì sia il sito informativo per cui scrive non hanno affatto simpatie "de sinistra", anzi tutt'altro. Di mio, nell'articolo ci sono soltanto alcune frasi messe in evidenza.
All'alba del primo giorno del duemiladiciassette, Firenze si sveglia
 con la notizia di un ordigno che ha ferito, e gravemente, un 
poliziotto. Un servitore dello Stato. Ha perso una mano e un occhio, una
 vita mutata nel giro di qualche ora. L'ospedale. La disperazione. Il 
ministro. Il capo della Polizia. Lo Stato presente al fianco dei suoi 
uomini. E poi i gesti di solidarietà dei colleghi, la rabbia della 
famiglia. Tutti al posto giusto in una storia fin troppo ingiusta. Dove 
in mezzo passa anche la sfortuna di un destino crudele.
"Spero di tornare a fare il mio mestiere" ha detto l'agente al 
chirurgo che gli stava per amputare la mano. Ma guarda te, se per poco 
più di mille euro al mese, la notte di Capodanno, un uomo deve perdere 
una mano e un occhio, per colpa di una bomba messa per ragioni di lotta 
politica? E siamo nel 2016. Assurdità. Follie. Eppure quest'uomo è senza
 la mano sinistra e non si sa se ci vedrà mai più dall'occhio esploso 
con la bomba.
Non c'è ragione che sia accaduto questo, ma la vita purtroppo riserva
 situazioni incredibili e imprevedibili. Ed il sovrintendente Mario Vece
 lo sa. Come quando, in un attimo, ti ritrovi vittima dopo che sei stato
 carnefice. Povero Mario Vece. Eh sì, povero Mario Vece. Poveri, però, 
anche quei quattro ragazzi che nel 2001 finirono pestati sotto le sue 
mani e di quelle di suoi due colleghi.
Una storiaccia, brutta, brutta. Di quelle destinate ad essere 
dimenticate in fretta. Un battibecco all'entrata di una discoteca a 
Pistoia, poliziotti che intervengono e portano quattro ragazzi in 
questura. Lì vengono scambiati per cittadini albanesi e per questo 
motivo insultati e picchiati. Lo dicono anche i referti dell'ospedale 
dove ad uno dei quattro giovani verrà riscontrato il timpano sfondato, 
il setto nasale incrinato e un testicolo tumefatto. Per gli altri 
contusioni, trauma cranici e lesioni varie su più parti del corpo.
E all'epoca, per questi fatti, finirono agli arresti domiciliari 
l'ispettore Paolo Pieri, il vice sovrintendente Stefano Rufino e anche 
l'allora assistente Mario Vece, tutti accusati di lesioni gravi, falso e
 calunnie, perchè falsificarono anche i verbali. Una storia brutta poi 
finita con un patteggiamento a 14 mesi per Vece (condannati anche i 
colleghi), la sospensione dal servizio, il successivo trasferimento a 
Montecatini, poi a Pisa e infine a Firenze, come artificiere.
E per citare le parole di 16 anni fa dell'allora presidente della 
Regione Toscana Claudio Martini, “se tra i giovani che hanno subito quel
 pestaggio non ci fosse stato il figlio di un sottosegretario l'episodio
 non sarebbe mai venuto a galla". Eh sì, perchè Vece e i suoi colleghi 
pestarono di botte il figlio dell'allora sottosegretario alla presidenza
 del Consiglio Vannino Chiti. Vece oltre a picchiare quei ragazzi era 
accusato, e ha patteggiato la pena, di aver falsificato i verbali di 
quella storia.
Oggi, è giusto provare compassione e anche commozione per questo 
poliziotto ferito. Sono sentimenti ed emozioni a cui la natura umana 
cede e di cui sente il bisogno, quasi come per sapersi persone migliori.
 Viviamo una società portata a giudicare tutto, che si esprime con un 
like, in maniera netta. Viviamo in una società capace di farsi 
incantare. Ma attenzione a celebrare nuovi eroi. Mario Vece non lo era e
 non lo è diventato dopo quella bomba. Oggi, è giusto celebrare il caro 
prezzo di quello che significa portare una divisa, ma può anche essere 
l'occasione per ricordare di non abusarne mai.


