lunedì 9 ottobre 2017

Dialogo di un venditore d'almanacchi e d'un passeggere, a proposito de' recenti accadimenti di Catalagna



Venditore – Almanacchi, almanacchi nuovi; gazzette d'oggi. Bisognano, signore, almanacchi o gazzette?
Passeggere – Avete le gazzette d'ogg'istesso?
Venditore – Sì signore; eccovi il Gazzettino delle Venezie, il Monitore di Forlimpopoli, l' Avvisatore di Lucca...
Passeggere – E, ditemi, riportano codeste gazzette e codesti avvisatori l'ultime nuove a proposito della Catalagna...?
Venditore – Certamente che sì, mio signore, e con grande dovizia. Esse contengono le dichiarazioni di Sua Maestà il re d'Ispagna, de' suoi ministri, le grandi sfilate di folle in Barcellona e le trascrizioni dell'assemblee del Parlamento di Catalagna.
Passeggere – E contengono esse eziandio i numeri del plebiscito per l'indipendenza...?
Venditore – Mio signore, senza meno.
Passeggere – Credete voi dunque che l'indipendenza della Catalagna si farà...?
Venditore – Signore, io son persona poco istruita...mi chiedete forse voi un parere sovra accadimenti di cotanta importanza in una contrada sì distante...?
Passeggere – Sì, e le vostre opinioni le m'interessano; d'altro canto, a voialtri che vendete le gazzette, non capita mai di leggerne alcunché...?
Venditore – Invero non lo disdegno, e mi compiaccio di tenermi al giorno delle cose.
Passeggere – Orbene, vi sarete quindi fabbricato un' opinione.
Venditore – Sia pur vaga, signore; ma, secondo il mio parere, una contrada la non puote distaccarsi facilmente da un regno antico, potente e illustre come quello d'Ispagna. Le son tutte chimeruole senza senso alcuno.
Passeggere – Credete voi dunque che 'l popolo della Catalagna non debba avere il desiderio, e anche il diritto, di reclamare la propria indipendenza da un antico e illustre regno? Pensate alla nostra Patria, all'Italia, e a' suoi sforzi acciocché tante terre si distaccassero dall'Impero Austriaco...credete voi che sia fatto a buon diritto?
Venditore – Invero che sì, mio signore. Io sono buon patriota e mi son battuto per l'Italia a Curtatone e Montanara.
Passeggere – E come fate allora a sostenere che 'l popolo di Catalagna non abbia eguale diritto? Anche la nostra era una chimeruola?
Venditore – Affé mia, no di certo! Ma noialtri, mio signore, siamo ben differenti da' todeschi, dagli slavi e da' barbari d'Ongarìa. I catalagni 'e sono spagnuoli come quelli di Madrile, di Toledo e di Siviglia...
Passeggere – Ignorate voi dunque che la Catalagna possiede un proprio idioma diverso dallo spagnuolo, e che gli spagnuoli non intendono, una sua letteratura, una sua cultura? Ignorate voi che la Catalagna 'e fue lungamente sovrana, e che essa fa parte dell'Ispagna soltanto dall'undici di settembre dell'anno mille e settecento quattordici...?
Venditore – Ohibò, mio signore, lo ignoravo. Le gazzette, sapete, scrivono che son tutti spagnuoli. Con ciò, non veggo perché la si dovrebbe distaccare da un regno sì eccelso che le diede fama e ricchezza.
Passeggere – Le diede ricchezza ma se l'è pur presa; e le gazzette riporteranno per certo le minacce che 'l Borbone di Spagna ha profferito alla Catalagna, di ruinarle i commerci, gli scambi e la riputazione or che le nazioni d'Europa si son raunate in un comune mercato.
Venditore – Ne parlano, e credo che 'l re d'Ispagna non sia nel torto. E aggiungo che un gran numero di catalagni desidera restare a far parte dell'Ispagna...
Passeggere – Codesto gli è pur vero; come sapete, a tale riguardo era stato infatti chiamato il popolo di Catalagna a plebiscito, acciocché s'esprimesse. Ma il re d'Ispagna e il primo ministro don Mariano lo impedirono, inviando la truppa a schiacciare quella consultazione, assaltando e fedendo.
Venditore – Questo non fu ben fatto.
Passeggere – Anche voi quindi siete d'accordo su che si dovesse fare.
Venditore – E' si doveva fare, ma con tutto questo credo che non si puote intaccare l'unitade dell'Ispagna, signore mio. Ella esiste da secoli. I regni e gli stati 'e non si fanno e disfano a piacimento.
Passeggere – Però nell'istoria, sapete quanti stati, regni e pur anco imperii 'e si son fatti e disfatti. Pensate all'Imperio Romano. Esso era assai più potente del Regno d'Ispagna, non credete? O per andar più vicini a noi nel tempo, pensate al dismembramento del regno de' Croatti, de' Servi e de' Cragnolini (*), che tanti lutti e ruine addusse or sono anni alcuni...
Venditore – Ma quel regno vivea sotto una dura tirannia. L'Ispagna è un regno ove 'l popolo ha la voce.
Passeggere – L'Ispagna è rimasta lungamente sotto eguale e durissima tirannia per mano del dittatore don Francisco Franco e Bacamondi, che si ribellò ottant'anni or sono e mosse assieme a' Mori una orrenda guerra intestina; egli poi ebbe a opprimere per quarant'anni il suo stesso popolo, e ancor più duramente i catalagni e i baschi.
Venditore – Ma don Francisco ubbidiva al re e alla Santa Religione; nel regno' degli Slavi erano de' senza Dio.
Passeggere – E credete dunque che pur li catalagni sieno de' senza Dio?
Venditore – Per quanto ne so, credettero fortemente in de' malfattori che proclamarono l'abolizione della Fede, distrussero e saccheggiarono i templi et arrivarono a sovvertire tutti gli ordinamenti.
Passeggere – Li catalagni le son teste calde, gli è pur vero. Non ostante ciò, non credete che essi avrebbero 'l diritto di governarsi da soli se lo desiderano?
Venditore – Può darsi che sì, mio signore; eppure non mi convincono i loro pensieri e le loro azioni. Meglio far parte d'un'Ispagna potente e forte, che ridursi a un picciol regno di niuna importanza, o -Iddio ne scampi- a una repubblica.
Passeggere – Sapete voi che anche il nostro grand'eroe, Giuseppe Garibaldi, era fautore di una repubblica.
Venditore – Sì, ma poi ubbidì a' sovrani savoiardi e ben fece.
Passeggere – Come vedete voi dunque l'avvenire della Catalagna?
Venditore – Anderanno avanti ma saranno duramente schiacciati e puniti; l'avvenire gli è questo. Non mi rende felice, ma non veggo come puote essere altramente.
Passeggere – Pur troppo, qui debbo dichiararmi d'accordo con voi. I plebisciti son doverosi, ma se un popolo desidera distaccarsi da un regno di cui e' non si sente parte, la sola azione da intraprendere 'e gli è la formazione di un'armata di popolo guidata da buoni generali e uffiziali, che sappia confrontarsi bravamente con forze soverchie.
Venditore – Si vedrebbe così davvero se desiderano l'indipendenza, o se le son solo chiacchiere e cicalecci di qualche agitatore. Le non esistono strade diverse; i plebisciti e le illusioni le si somiglian come fratelli gemelli.
Passeggere – Così è. E ricordate che ogni autorità di questo mondo, i regni, gli imperii e le repubbliche, hanno sempre un principio, ma anche una fine.
Venditore – E fia che, in un remoto avvenire, la Catalagna poterebbe di nuovo desiderare di riunirsi all'Ispagna.
Passeggere – All'Ispagna, alla Francia o al Mondo della Luna. E chi lo puote sapere, signore. Per l'intanto, staremo noi a vedere; fortunatamente, da noialtri non esistono tali perigli. L'Italia è una e indivisibile.
Venditore – E così penso anch'io; in fondo, le son cose di paesi lontani.
Passeggere – Lontanissimi e rimoti. Ditemi, vendete voi anche lo Starnazzatore della Padania...?
Venditore – Dolente di deludervi, signore mio, ma quel gazzettino cessò d'esser pubblicato alcun tempo or fa.
Passeggere – Lo ignoravo.
Venditore – Posso darvi, se lo desiderate, un esemplare della Gazzetta del Diporto con le ultime e interessanti nuove su' tornei di pallacorda, di tamburello e di pugilazione.
Passeggere – Mi chiedevo invero se la nostra fazione la si fosse qualificata per il torneo terraqueo di pallacorda che ha d'aver luogo nell'Impero Russo, impero sancito da Dio e che non avrà mai fine. Datemi una copia della Gazzetta del Diporto.
Venditore – Eccovela, signore; costa un bajocco e venti crazie. Grazie illustrissimo, e a rivedervi. Almanacchi, almanacchi nuovi; gazzette d'oggi !

(*) Antica italica denominazione degli Sloveni.