sabato 26 maggio 2018

Le due bombe


In realtà non l'ho mai saputo, non lo saprò mai e non lo vorrò mai sapere se le due bombe sono scoppiate assieme; quella che mandò in polvere via dei Georgofili, via Lambertesca, mezzi Uffizi, la vita di una famiglia intera e di uno studente, e quella che, a duecentosettanta chilometri di distanza, mandò in polvere la mia vita di allora. Le ho sempre tenute legate, è vero; e può essere che, in fondo, sia una specie di mitologia personale anche se il periodo, giorno più o giorno meno, è pur sempre quello. E così, l'inferno di quella notte e di quel giorno che venne, che vidi coi miei occhi, ha fatto e continua a fare da spartiacque: c'è un prima, e c'è un dopo. Il tempo riconduce gradatamente tutto alla realtà delle cose; ma in quel “prima” ci sono pur sempre la mia adolescenza, la mia giovinezza, i miei sbagli, le mie speranze, i miei rimpianti, le mie colpe e le mie innocenze. Mi tengo e mi assumo tutto quanto. Poi, durante il lungo dopo, mi sono capitate delle cose curiose; come, ad esempio, capitare per puro caso alla Romola senza sapere nulla, e scoprire che in quel paesino, oltre a Jacovitti, riposa anche quella famiglia intera che ho visto, davanti a me, tirare fuori calcinata dalle macerie della Torre del Pulci, piedi morti, lembi di pigiama, ovetti Kinder, brandelli. O come, ad esempio, andare, e sempre per puro caso e senza saperlo, a dormire qualche giorno all'anno in un “bed & breakfast” di Sarzana, a due passi dal cimitero di Sarzanello dove riposa invece lo studente. Perché la seconda bomba, quella che scoppiava per me solo, non mi ha mai fatto neppure per un momento dimenticare quelle povere vite spezzate. Mai. Succedeva venticinque anni fa, un “quarto di secolo” come si dice a volte. Non sono mai andato a nessuna iniziativa o a nessuna commemorazione pubblica. A volte sono ripassato di là, dove tutto è stato ricostruito.