sabato 29 giugno 2019

Carola la violentatrice




"Sono responsabile per le 42 persone salvate in mare, che non ce la fanno più. La loro vita viene prima di ogni gioco politico."

La "cronaca" la leggerete e la guarderete in queste ore, se non lo state già facendo, su giornali, tv, media, pagine Facebook, altri "media": ce ne sono di tutti i tipi. Così saprete che, stamani, Carola Rackete ha forzato il "blocco" a Lampedusa, con la Sea Watch, ha fatto sbarcare i 42 migranti che aveva a bordo ed è stata immediatamente arrestata per il reato di "resistenza o violenza a nave da guerra" (che prevede fino a 10 anni di carcere).

Povera nave da guerra. E' tutta una violenza. A Lampedusa, mentre molti manifestavano in solidarietà con la Capitana, c'era pure un gruppetto di leghisti -guidati dall'ex sindaca Angela Maraventano. La quale dichiarava (anzi berciava, come sembra): "Vergognatevi! Siete i complici degli scafisti. Questa è la mia isola e voi la state invadendo. Fate scendere i migranti ma la capitana deve essere arrestata immediatamente. L'Italia questa sera è stata violentata."

Povera nave da guerra. E povera isola della leghista sicula, così "violentata" assieme all'Italia intera. Uno stupro di massa perpetrato da una ragazza tedesca al comando di una nave che va a salvare delle persone in mezzo al mare, una delle prime leggi elementari dell'Umanità. Povera "guardia di finanza", la cui motovedetta rischia di essere schiacciata da una nave che sta cercando di attraccare in un porto: un reato gravissimo. Tipo quello della "nave da guerra" italiana, tale corvetta "Sibilla", che il 28 marzo 1997, giorno del Venerdì Santo, schiacciò giustappunto una carretta albanese carica di 120 profughi, la Katër i Radës, mentre cercava di attraccare in un porto italiano, un porto di questo paese così violentato. E ci riuscì benissimo, la "Sibilla", la nave da guerra: 81 migranti morti. Grazie al blocco navale allora decretato, si badi bene, dal governo di Romano Prodi. "Katër i Radës", il nome della nave che non resistette alla nave da guerra, significa: "Battello in rada".


Di fronte a tutta questa cieca violenza nei confronti della nave da guerra, dell'isola della Maraventano (Lampedusa è sua, se non lo si fosse capito: infatti è nata a San Benedetto del Tronto, e si fece notare, nel periodo in cui era sindaca, per la proposta di annettere Lampedusa alla provincia di Bergamo) e dell'Italia intera si potrebbero dire tante cose. Ma ora come ora non credo sia il caso. Ne bastano due, molto semplici.

La prima è che Carola Rackete va nelle galere di uno stato fascista, guidato da un bambino che gioca nella vasca con le paperette e che fa la collezioncina di felpe e divise di ogni tipo mentre si prepara gli spaghetti col sugo Star. Uno stato fascista e oramai del tutto disumano, come disumano è il crasso consenso che riscuote. Carola va in galera, infatti, proprio in nome dell'Umanità superstite, ferita, sconciata, derisa, incarcerata; ma esiste ancora e forza i blocchi.

La seconda potrebbe essere riassunta con una sola parola. Ma non la dico. Coraggio, Carola, du hast wohl getan.



martedì 4 giugno 2019

Fozzammàte



Le inevitabili premesse sono: a) che, come sempre, non sono andato a "votare" per le "elezioni europee" e roba del genere; b) che sono profondamente convinto, come messo in luce e ribadito da tanti, che tutte le percentuali che comunque ne sono venute fuori sono in realtà percentuali di percentuali (il famoso 34% di Salvini è il 34% del 68%, ad esempio); c) che, per me, tutte le feste di "repubbliche" con annesse sfilate e parate militari potrebbero tranquillamente finire nel cesso dimenticatoio assieme alle relative repubbliche, "costituzioni", "elezioni" e quant'altro.

Detto questo, mi ritrovo davanti (grazie a Autolesionistяа) ad un'immagine del genere, scattata davanti ar Colossèo durante la festa della repubblica del due giugno. Esiste, cioè, un cinque o sei per cento del sessantotto per cento che sono andati a votare per tale "giorgia meloni" e per il suo raggruppamento di fratelli d'itàglia, tra i quali gli autori dello striscione raffigurato nella foto.

Ora, alcuni -e forse a ragione- li definiscono una mànica di fascisti. Come tutte le màniche di fascisti che imperversano attualmente in questa repubblica, hanno attualmente un gran successone e non v'è da stupirsene affatto; né tantomeno che lo abbiano in quartieri proletari e/o in città storicamente "rosse" come Pisa, Livorno o Piombino (dove, addirittura, sta per essere eletto sindaco un candidato proprio dei suddetti fratelli d'itàglia).

Detto questo, bisognerebbe però avere presente la giorgiamelòni. E i suoi accoliti. Bisognerebbe, e il condizionale è d'obbligo. Immaginarla come amazzone guerriera, che so io. No peace, no love. Immaginarla a capo delle forze armate che piacciono tanto a' su' fratelli d'itàglia. Immaginarla in tenuta da combattimento; immaginarla mentre difende eroicamente la nazione dalle 'nvasioni, giòvine e ardita pulzella non seconda a Giovanna d'Arco.

Bisognerebbe, appunto; ma dubito che, in fondo, servirebbe a qualcosa nell'attuale idiocrazia itagliàna, dominio del ridicolo. E' per l'appunto il ridicolo che è pericolosissimo; molto più del fascismo. E è del tutto trasversale.