lunedì 4 agosto 2008

Immeritate vacanze



Rendendo sempre grazie al Colonnello Kurtz e al suo blog, dove ogni tanto si lancia a castigare e fustigare certe diffuse idiozie linguistiche (fomentate perlopiù dai giornali e dai media in genere, ma non soltanto), mi accingo a prendermi qualche giorno di immeritata vacanza. Non perché m'importi qualcosa se le mie vacanze siano o meno doverose, dato che tendo comunque a cercare di vivere dignitosamente facendo il minimo sforzo possibile; ma perché, ad un certo punto, fin da quando se ne comincia a parlare, le vacanze sono sempre "meritate".

"Meritate" perché si lavora, si sgobba, si fatica, si suda, si dà al sor padrone una cospicua parte della propria vita per due soldacci cani? E quale merito ci sarebbe in questo? E le vacanze eterne di quei millecinquecento esseri umani all'anno che sono morti per quei due soldacci cani, e a volte neppure per quelli? Saranno "meritate"? Certe parole sono la quintessenza dell'ipocrisia e della disonestà. Quelli che chiamano "meritate" le vacanze sono spesso gli stessi che ti farebbero lavorare fino a ottant'anni, se potessero. Sono gli stessi che hanno trasformato il lavoro nella fiera del precariato -inventando peraltro le solite parolette ad hoc, "mobilità", "flessibilità" e quant'altro. Sono quelli, amica mia, amico mio, le cui gesta, una volta impegnato nelle "meritate vacanze", leggerai sui rotocalchi da spiaggia. E quali gesta!

Ma siccome aborro indulgere a qualsivoglia tipo di morale -china la quale questo post di temporaneo congedo sta incominciando très dangereusement a percorrere-, mi limiterò a fare i migliori auguri a tutti quanti. Certo, una volta le ferie non esistevano nemmeno. Ci pensò il Front Populaire francese, nel 1936, a concedere le prime ferie pagate ai lavoratori. Prima di allora nessuno aveva osato dire che le vacanze erano "meritate"; chi sgobbava si meritava soltanto di sgobbare vita natural durante. Sono del tutto certo che, se il padronato potesse abolire questa fastidiosa incombenza anche domani, l'epiteto di "meritate" scomparirebbe all'istante.

Per questo, domani, mi prendo delle immeritatissime vacanze e me ne vado per qualche giorno nella "mia" isola d'Elba. Non intendo meritarmi assolutamente nulla, specialmente in questi tempi in cui la meritocrazia sta (ri)diventando assioma, invocata a gran voce anche da quella specie di sottoprodotto, di debased form della sinistra che ci ritroviamo in questo ed in altri paesi. La "sinistra da LIDL", come mi viene a volte da chiamarla. L'hard discount delle idee. Ma andàa a ciapà i ratt!

Immeritatissime, le mie vacanze, perché non ho nessun merito e non ne voglio. Perché grattata la patina del "merito" appaiono le solite cose, le cose di sempre: lo sfruttamento, i privilegi per chi già ha, lo stantio paternalismo capitalista che non è mai morto, le logiche assolute e assolute del mercato. Il vero merito sarebbe rifiutarle, queste logiche. Non un merito, ma un ribelle immerito. Da voi, brutti stronzi, non voglio meritare niente. Le mie immeritate vacanze, l'Elba e tutto il resto, me le prendo anche se non ho prodotto quanto vorreste, anche se ho lavorato poco e male, anche se non me ne importa una sega di come ti ho consegnato un elemento della catena del superfluo.

Statemi bene e non lavorate troppo in vacanza.

Vacanza vuol dire: ripigliarsi il gusto e il dovere di non fare assolutamente niente.

E arrivederci a quando mi andrà di farmi rivedere.

Nessun commento: