Una persona che conosco, ieri, ha chiuso il suo blog. Essendo uno dei pochi che ancora leggevo con estremo piacere, la cosa mi fa naturalmente un altrettanto estremo dispiacere; me ne sono accorto così, all'improvviso, in una nottata in cui ero stranamente andato a letto prestissimo. Sono stato svegliato alle una da due stronzi di messaggini pubblicitari della Tim, in rapida successione; e non c'è stato più verso di riaddormentarmi. Andrà a finire come quasi ogni notte, mi vincerà lo sfinimento alle sei o alle sette di mattina; mi toccherà anche vestirmi per andare a lottare con la macchinetta delle sigarette all'angolo.
Dico all'improvviso, facendo un gesto consueto, quotidiano. A quel blog esiste da sempre un link nella lista qui accanto. Ma, sicuramente, l'improvviso è solo mio. Chi scriveva quel blog ci avrà pensato e ripensato. O forse sarà intervenuto un fatto che non conosco; oppure ancora gli è saltato così. Nell'ultimo post l'autore spiega comunque le sue motivazioni. Qualsiasi tipo di motivazione deve essere semplicemente accettato e rispettato, senza fare troppi commenti. Sono cose che appartengono alla vita di quella persona, e a lei esclusivamente.
Questa cosa che sto scrivendo non è quindi fatta assolutamente per chiedergli di ripensarci e di continuare, ammesso e non concesso che mi legga. A dire il vero, non so neppure se ancora mi considera non dico un amico, ma un conoscente, un “qualcuno”. A rigore potrebbe anche considerarmi un idiota, un pezzo di merda e anche di peggio. Non lo so, e va bene così. Va bene anche che abbia deciso di chiudere il suo blog, che pure ritenevo e ritengo un gioiello nascosto tra i quintali di troiai, di facebuccate, di reti “sociali” che di sociale avrebbero bisogno solo dell'assistenza, di puttanate consimilari. Va bene perché, in definitiva, lo capisco benissimo. Allontanarsi dalla rete e dal consesso degli “umani” che vi stazionano è attualmente un atto di sanità mentale e di libertà, e me ne sto accorgendo sulla mia pelle pur continuando imperterrito a mandare avanti 'sto blog in perfetta e volontaria solitudine.
Non la sto scrivendo, questa cosa, neppure per scemenze dell'undicesima ora, tipo “ringraziamenti”, o sviolinate, o panegirici. Conoscendo la persona in questione, credo che se li friggerebbe in padella, i ringraziamenti. Oltretutto rassomiglierebbe a un necrologio; e non è morto nessuno. E' soltanto un blog che chiude, come ne chiudono probabilmente migliaia al giorno. Quel che vi è stato scritto resta, a meno che il suo autore non decida di eliminarlo con un clic. Se non lo farà, ogni tanto mi andrò a rileggere quel che ha scritto.
E non la sto scrivendo, questa cosa, nemmeno per rispondergli, per “controbattere”. Ho smesso definitivamente di dialogare in rete con chicchessia. E poi non c'è niente da controbattere. Credo che, in fondo, l'autore del blog sia arrivato alle mie stesse conclusioni. Siamo arrivati ad un punto in cui, per aprire veramente le porte, bisogna aprire quelle di casa e chiudere a doppia mandata quelle in rete. In cui è la chiusura che, paradossalmente ma neanche troppo, dà una vera boccata d'aria fresca, alla propria mente e al proprio modo di relazionarsi con il mondo e con gli altri; mentre ogni tipo di falsa apertura che viene proposta -mi pregio di ricordarlo- soltanto per far fare soldi al signor Zuckerberg sfruttando milioni e milioni di solitudini e di alienazioni, puzza sempre più di marcio.
Non voglio quindi neanche “salutare” quella persona. Ci saluteremo, se ci andrà, un giorno qualsiasi con un telefono o con un incontro. O, forse, non ci vedremo mai più e ci si ricorderà con un sorriso o con un vaffanculo (e magari con entrambe le cose) nelle pieghe del pensiero. Per quel che mi riguarda, io vado avanti con questo blog rigorosamente blindato; e che, come tale e per quanto sopra, è quanto di più veramente aperto, spalancato, ventoso possa esistere. Come testimonia il signor Arturo, uno sconosciuto che qualche sera fa mi ha preso alla lettera con un'azione elementare: mi ha telefonato per esprimere un suo parere su una cosa che avevo scritto. Ho sentito una voce, e spero di risentirla. Non ho nessuna intenzione di esagerare, ma ho preso quella telefonata come il segno d'una specie di piccola ma decisiva rivoluzione; e non ci sarà nessun “ultimo post” qui dentro.
Nessuna bandiera da ammainare, ché le bandiere da qui sono state eliminate. Nessuno Snoopy che piange, ché anzi, al giornalaio della stazione centrale, ho trovato una paccata di vecchi Linus in vendita a due euri a coppia e me li sto saccheggiando ogni venerdì sera quando vo a prendere la Dani. Nessun congedo: ho deciso di congedare io un bel po' di spazzatura. Hinaus mit diesem Plunder. E al blog che chiude, e al suo autore, dico solo che erano un discreto deodorante. Dev'essere finita la bomboletta. Succede. Mi mancherà, senz'altro. Magari, chissà, in fondo c'è il buco per ricaricarla, per andare verso i massimi inizi che a volte riescono a nascere dai minimi termini.