Non le ho risposto. A che pro? Non so nemmeno che cosa sia, la cosiddetta "vita normale"; per me, la vita è sempre stata qualcosa di anormale, di straordinario. Anche e soprattutto nelle cose piccolissime, minuscole. Non sono però un "minimalista": le cose più insignificanti, per me, rivelano mondi interi e starebbe ad ognuno di noi osservarli e trarne insegnamenti. Per questo amo vaccamente (trasposizione di vachement) la mia vita un po' sotterranea, defilata, senza apparire. Poi arrivano certe occasioni in cui mi diletto di scriverla, ora qua dentro e in precedenza in altri posti; ho di che vivere, in certi periodi meglio e in certi altri peggio. Disprezzo ferocemente le "realizzazioni", che siano nel "lavoro", nella "famiglia" o in altri capisaldi della società; questo è senz'altro vero. Cerco, imperfettamente, di battermi perché il convivere umano si basi su cose molto differenti da queste. A differenza di molti che hanno esaurito tutto questo nella famosa "gioventù", per poi approdare alle sane certezze borghesi (le quali, sovente, generano le altrettanto famose "insoddisfazioni" e via discorrendo), io ci sono arrivato in età parecchio più matura. E non soltanto mi tengo come sono, ma rivendico tutto questo come fonte del mio incrollabile ottimismo ed anche della mia capacità di barcamenarmi in situazioni non facili. Ho seminato, certo, la mia dose di male; è normale che i propri atti possano generare disistima, disprezzo, persino odio. Ma chi ha avuto a che fare con me, in generale, si è visto un po' spostare il proprio asse; magari non ne avrà fatto di nulla, ma qualche pensiero lo avrà pur fatto.
Cristicchi e le foibe
Chiaramente sto divagando. Basta così. Ho deciso di non rispondere mai più alle chiamate anonime, che sia un call-center o l'ex fidanzata. La quale, fra le altre cose, ha scoperto pure (sempre nel blog) che ce l'ho con Simone Cristicchi. Su questa storia di Simone Cristicchi (sul quale avevo scritto poche righe in occasione del suo spettacolo sulle foibe e sugli esuli istro-giuliani, "Magazzino 18") la signora sembra esseri particolarmente "fissata", per così dire. Mi ha rimproverato aspramente, nella sua telefonata dopo vent'anni, di "occuparmi di cazzate": Ma chettefrèga de Cristicchi? Parrà impossibile, ma da questa cosa ho constatato definitivamente di vivere su un pianeta lontano centinaia e centinaia di anni luce da quello della signora. Non solo "materialmente" o roba del genere (anche perché, in fondo, della sua "materialità" non ne so assolutamente niente e, soprattutto, non me ne importa niente), ma idealmente. Il distacco è maturato, si è sviluppato ed è avvenuto: non c'è nulla che più mi leghi a questa persona, a parte qualche ricordo (bello o brutto che sia). Mi frega anche di Simone Cristicchi, anzichenò. Mi frega dell'ambiguità revisionista del personaggio e del suo prestarsi a operazioni fasciste come quella di "Magazzino 18", poiché sono parte di un progetto che è semplicemente agghiacciante e che ha ripercussioni sulla vita di tutti. Anche di quella della signora di cui ho parlato finora. Anche su quella dei cosiddetti "sinceri democratici", delle signore e dei signori che ieri sera affollavano il Cinema Teatro Aurora di Scandicci (Firenze), dove Simone Cristicchi si esibiva nel suo "lungimirante spettacolo" (così lo ha definito un'articolista della "Nazione"). Ieri sera, a Simone Cristicchi è stato giocato un bello scherzetto: gli è stato invaso il teatrino, prima dell'inizio della rappresentazione, con volantini, megafoni e uno striscione. S'era una cinquantina e più; il resoconto dettagliato, con foto e video, si trova sul Militant Blog.
Il diluvio di fine gennaio
E, infatti, proprio là ero andato, sotto il diluvio di fine gennaio, con gli inseparabili scarponcelli, E anche con l'altrettanto inseparabile zaino (acquistato anch'esso in Svizzera dieci anni fa; indistruttibile!) con attaccata Maddalena Venaus, la marmotta di pelouche regalatami durante una marcia in Valsusa. Quella che, amorevolmente, chiamo la "Marmotta più fotografata dalle Questure d'Italia": senz'altro è assai più famosa di me. E da lì tornavo a piedi, da solo, quando gli scarponcelli suum cursum perficierunt. Sono morti alla battaglia, dopo aver visto, anche loro, che cosa sia diventato questo paese. Hanno visto anche loro, prima di morire, l'ignoranza e l'incultura di tanti poveri zombies che facevano i coretti "fuo-ri! fuo-ri!" urlandoci di "studiare la storia" quando la storia che hanno "studiato" loro è interamente a base di fiction imbecilli e dei giornaletti di regime letti la mattina al bar. Hanno visto, gli scarponcelli moribondi, che cosa significa manipolare non soltanto la Storia, ma i cervelli della gente; la quale, va detto, se li fa manipolare oltremodo volentieri. Indimenticabili alcune scenette, come l'anziano signore che urlava "Io vengo dalle foibe!", quasi le Foibe -come ha osservato giustamente la Militant- facessero provincia assieme a Trieste e Udine. Di tutto questo Simone Cristicchi, quello che si esibisce assieme ai "Minatori di Santafiora" (ci scendesse per davvero, in miniera, sarebbe un bene per tutti), si è fatto coscientemente portatore; ed è totalmente inutile che invochi, adesso, la "visione dello spettacolo prima di giudicare". Di "spettacoli" come il suo ne vediamo quotidianamente. Gli spettacoli della distorsione storica, gli spettacoli del tacere, gli spettacoli del fascismo che si manifesta, oramai, ben più nelle "anime democratiche" che nei fascisti veri e propri.
Per questo, sotto il diluvio di fine gennaio, me ne è importato parecchio di partecipare a un'azione del genere. Certo, è inutile negarlo: nel mio caso particolare avevo ancora negli orecchi la signora ex-fidanzata. Ma chettefrega de Cristicchi. Di Cristicchi in sé, niente. Del fascismo che tocca tutti, me ne frega eccome. Non disposto a lasciarne passare una, in qualunque modo si manifesti e si espleti; per me, queste, sono questioni semplicemente fondamentali. E per questo non mi rimane altro che constatare, serenamente, la distanza siderale che mi separa non soltanto dalla signora di cui ho parlato sovente in questo post, ma anche da tutti coloro che si fanno tirare i fili come delle squallide marionette. Una volta il puparo può essere il politicante di turno, una volta er cantautore più falso dell'oro di Bologna. Mi spiace solo che il protagonista del suo spettacolino porti lo stesso cognome, Persichetti, di qualcuno che mi evoca tutt'altro.
L' "operazione Foibe", va detto, è pienamente riuscita. Un insignificante cavallo di battaglia creato da un manipolo di fascisti in dispregio di ogni realtà storica e sulla base di un nazionalismo che ha ignorato e continua a ignorare tutti i crimini atroci commessi dal fascismo in quelle plaghe, è diventato, con la piena complicità della "sinistra democratica", un cosiddetto "valore condiviso" obbligatorio. Un dogma la cui non osservanza comporta oramai la scomunica immediata. Di un paese in cui accade una cosa del genere, non me ne dovrebbe fregà gnente? Me ne frega invece talmente tanto da sacrificare anche gli scarponcelli sotto un nubifragio. Tornare a casa con un ghigno. Mettersi a leggere, il giorno dopo, tutte le bave dei pennaioli. Tutti che dicono le stesse cose. Nessun dubbio al riguardo, ma rimane uno spasso. Gli scarponcelli hanno fatto una fine più che degna, e magari il destino ci ha messo pure il suo zampino privandomi della macchina proprio in quella serata.
Envoi
Gli scarponcelli sono ancora lì, rotti e sfondati sulla sedia del gatto. Sta di nuovo piovendo. Non la smette mai in questi giorni. Non so, tu che magari ti sei sciroppato tutta questa bizzarra cosa, che cosa tu ne abbia tratto; ma mi pongo raramente tale questione. Stavolta, però, ti darei volentieri una dritta consistente in tre sole parole: eppur bisogna andare. E ci vogliono, inutile che te lo dica, le scarpe rotte. Con le tue belle scarpine sane dentro alle quali prendono comodo tutte le tue borghesie, vere o finte che siano, reali o immaginarie; con le tue belle scarpine linde che prendono ogni forma e ogni declinazione del fascismo lardellato di stupidità feroce, non si cammina affatto. Ci si fa camminare sopra. Per questo sei complice. Per questo io non sarò mai tuo complice. E ti saluto anch'io con una canzone. Ascoltala bene, anche tu o gentile signora ex fidanzata e telefonatrice dopo vent'anni; marca bene l'abisso e prendine atto assieme alla tua classe odiosa e vuota.