martedì 15 luglio 2008

Maglia gialla



Lo vedete il signore con la maglia gialla? Non siamo mica al tour de France, siamo a Genova nel luglio di sette anni fa. Perugini, si chiama quel signore. Faceva il vicequestore. Ai questurini deve piacere chiamarsi con cognomi geografici, Perugini, Calabresi e roba del genere. E piace anche, a questi signori, pestare, bruciare, accanirsi su gente inerme a terra, fare i blitz nelle scuole, prendere la mira e ammazzare ultras nelle aree di servizio, sparare, manganellare. Ah, già, dimenticavo: il capo della polizia che c'è da un po' di tempo si chiama Manganelli. Quando si dice il destino.

Ieri, dicono, c'è stata una "sentenza". Sì, perché in questo paese ci sarebbe ancora chi si aspetta "giustizia" dallo Stato. Cosa di dovrebbe fare, in questi casi? Ridere o piangere? Un "processo" durato anni, dal quale è emerso che sì, a Bolzaneto e alla Diaz è stato tutto uno scherzo. Magari un po' pesante, ma uno scherzo. Ma quale torture! Si chiamano "abusi", casomai. Ma quale "macelleria messicana", tutto è stato ridotto al massimo a un porchettaro sull'Ostiense. E, suvvia, non venitemi a dire che non ve lo aspettavate. Ma cos'altro vi ci vuole, per convincervi che lo stato non processa se stesso, e che, quando finge di farlo, si sa fin dall'inizio come va a finire? Qualche annetto fittizio di galera tanto per dare un po' di belletto, la "procura" che si accontenta ("è stato riconosciuto che qualcosa di grave è avvenuto", all'anima!), gli "avvocati di parte civile" che esultano per i "forti risarcimenti" e perché è stato "riconosciuto l'abuso di autorità".

Di "sentenze" come queste ne abbiamo viste fin troppe, tutte uguali, tutte dello stesso tenore. Nel frattempo continuiamo a vivere nel paese dove i "familiari delle vittime" sono soltanto familiari di certe vittime, quelle buone, quelle sante come –giustappunto- quel commissario Calabresi per cui è stato fatto il francobollo, per cui stata proposta la beatificazione -suprema espressione del connubio inscindibile fra stato e chiesa, fra sbirri terreni e sbirri divini. E giù commossi libri del figliuolo del commissario, già diventati persino audiolibri letti dall'attore di grido. Ci sono poi le vittime che non si possono neppure nominare, quelle senza audiolibri, quelle invisibili. Vittime dello Stato e delle sue forze del disordine. Vittime che "potevano starsene a casa e non gli sarebbe successo niente".

Allora, basterà questo a convincervi a smettere di credere nella "giustizia" dello Stato? Oppure, alla prossima Bolzaneto, alla prossima Venaus, alla prossima Chiaiano ve ne starete sempre lì bel belli a attendere "fiduciosi" il processo, a sentire il procuratore disegnare scenari che tanto saranno cancellati dal "giudice"? Bisognerebbe davvero che vi riascoltaste un genovese, uno che sapeva parlare di giudici. "Oggi un giudice come me lo chiede al potere se può giudicare". E che questi abbiano il cuore troppo vicino al buco del culo, lo si vede sempre più chiaramente. E non importa neppure che siano nani.

Non si aspetti "giustizia" da chi giudica in nome di uno Stato terrorista. Non si deleghi più la propria azione. Si cessi di andare a spararsi in vena illusioni di democrazia a base di voti, partiti, parlamenti, istituzioni: quel che si ha in cambio sono manganelli, bastoni, sangue e morte. Una piazza ripresa vale più di qualsiasi finto processo del potere, delle requisitorie di qualsiasi servo, dei risarcimenti che puzzano di merda insanguinata. Una ribellione qualunque, un'aggregazione spontanea per dire "no", una nuova coscienza civile antitetica alle impronte digitali; questo è l'unico vero risarcimento che si può offrire ai ragazzi e alle ragazze presi a calci dalle maglie gialle, incarcerati, uccisi. Il definitivo rifiuto dello Stato è la definitiva ripresa della vita.

2 commenti:

paolo ha detto...

ciao R. quando leggo queste notizie mi viene voglia veramente di non votare più.
sono in bilico, tra la speranza che qualcosa possa cambiare (a dire il vero non è successo in questi anni, quando mai succederà? è una mia illusione ) e che siamo veramente uno stato di polizia. Peraltro è normale, uno stato come il nostro deve difendere sempre i suoi figli ( mi viene in mente mamma giustizia dei nomadi ) qualsiasi cosa facciano, e noi qui a subire.Piu andiamo avanti piu mi viene voglia di scappare in montagna.
non so scrivere come te, ma sono incazzato come una bestia , spero si sia capito.
ciao e scusa dell'intrusione
paolo da parma

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio perché hai espresso esattamente anche il mio pensiero. nel mio caso, stavolta, la rabbia mi soffocato e ha azzerato ogni capacità di mettere in fila le parole.
Soprattutto, mi sembra evidente - se mai ce ne fosse stato bisogno - quello che dici a proposito dell'"aspettativa di giustizia" sempre puntualmente (e aggiungerei "necessariamente") frustrata: perché è un discorso rognoso che anche a sinistra si tende a tenere tacitato (perché potenzialmente è come il puntello che sorregge la frana).

La consonanza tra il De Andrè della storia di un impiegato e i fatti di Genova balzava già all'occhio allora, sette anni fa ("anche se voi vi credete assolti..." ricordo che si cantava con trasporto nelle manifestazioni): il Maggio può passare (e appassire, come si è visto), m il potere conserva intatte le sue caratteristiche strutturali: egemonia della violenza, violenza poliziesca, asservimento della legge ecc.
Davvero c'è da stupirsi che qualcuno ancora si stupisca se il potere si autoassolve.

Ma la ribellione di cui parli nelle ultime righe mi sembra così lontana e così evanescente, di questi tempi. L'inciviltà collettiva delle schedature e del reato di clandestinità sta vincendo, ha già vinto, le piazze sono piene di scemi che sonnambulano, nessuno e niente potrà risarcire le violenze subite allora.

Scusa per lo sproloquio, è che la cosa mi brucia troppo (e poi c'ero anch'io tra quei duecentomila e passa facinorosi.