martedì 27 gennaio 2009

Memorie e Giornate




Oggi, ventisette gennaio duemilanove, ricorre la cosiddetta “Giornata della Memoria”. E poiché memoria la abbiamo e vogliamo continuare ad avercela, specifico in che cosa consista esattamente tale giornata.

La "Giornata della Memoria" è stata istituita dal parlamento italiano nel 2000 per ricordare le vittime delle persecuzioni fasciste e naziste degli ebrei, degli oppositori politici, di gruppi etnici e religiosi dichiarati da Hitler indegni di vivere. La data prescelta è quella dell' anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz (Oswiecim in lingua polacca, dato che i signori e padroni germanizzavano anche i toponimi degli Untermenschen) avvenuta ad opera delle avanguardie della Prima Armata dell' Armata Rossa (comandata dal maresciallo Koniev) il 27 gennaio 1945.

Mi piacerebbe che questa giornata, oltre che presso qualche sinagoga o associazione israelita, fosse ricordata anche in qualche campo nomadi, e che non si parlasse soltanto di Shoah, ma anche di Porrajmos. Ma i Rom, come si sa, non sono degni di essere ricordati; soltanto di essere espulsi, perseguitati, disprezzati. Oggi come allora. E non dubitiamo che molte di quelle forze che oggi, magari, ribadiranno qualche vuoto “mai più” davanti al rabbino capo condito con l'immancabile “sostegno ad Israele”, sotto sotto non nasconderebbero la loro soddisfazione se, da qualche parte, un po' di Auschwitz continuasse a funzionare per gli zingari. Del resto, un partito nazista ce lo abbiamo al governo, anche se ha sostituito il colore delle camicie.

Mi piacerebbe che questa giornata fosse ricordata anche presso qualche associazione di omosessuali, di “oppositori politici”; che fosse ricordata anche, nonostante la non eccessiva simpatia che nutro verso di loro, anche in qualche Sala del Regno dei Testimoni di Geova, visto che nei lager nazisti ne perirono a migliaia, con tanto di “stella” a loro riservata.

Mi piacerebbe infine che questa giornata fosse dedicata non soltanto alla “memoria” di quel che è accaduto, ma anche e soprattutto di quel che sta accadendo. Che fosse dedicata ad un NO gigantesco a tutti i genocidi commessi sotto qualsiasi pretesto (ivi compresa la “democrazia” più o meno “esportata”). Che fosse dedicata ai civili, alle donne e ai bambini palestinesi vittime di alcuni dei perseguitati di sessanta e rotti anni fa. Che fosse dedicata alle centinaia di migliaia di iracheni morti prima sotto un dittatore sanguinario e dopo di democrazia esportata. Ai curdi gassati, sconciati, deprivati, sottomessi anche nella democratica Turchia. Che fosse dedicata ad una cosa ben più recente ma che abbiamo europeamente rimosso: ai genocidi incrociati nella ex Jugoslavia. Oggi saranno profluvi di Auschwitz e di Bergen-Belsen, ma nessuno nominerà Jasenovac, Srebrenica, Mostar, Sarajevo, Knin. Così come, con tutta probabilità, parlare di Gaza sarà vietato quasi per legge, pena l'indignazione degli attuali fascisti convertiti alla Stella di David. Ma, del resto, oramai anche Israele è diventato un normalissimo paese; accade da quando, due anni fa, la polizia vi ha scoperto e smantellato alcuni gruppi neonazisti. Con tanto di scritte inneggianti a Hitler, redatte in ebraico sulla sinagoga di Phad Yitzhak, a Eilat. Va da sé che gli arrestati, tutti israeliani, avevano compiuto aggressioni ai danni di immigrati, tossicomani, omosessuali e ebrei ortodossi. Quelli che continuano a parlare yiddish e che non riconoscono lo stato di Israele.

Perché va così in questo paese dove, attualmente, è di moda una frasetta aurea: “Condivido i valori del fascismo tranne l'entrata in guerra e le leggi razziali”. La dicono tutti, dai sindachetti law & order ai calciatori (vedasi Abbiati). Probabilmente nessuno ha spiegato a costoro che l'entrata in guerra e le leggi razziali sono dei corollari del fascismo, di tutti i fascismi e dei loro fulgidi valori, anche di quelli paludati da “democrazia”, anche di quelli che hanno passato le acque di Fiuggi. Ne volete una controprova?

Oggi ventisette gennaio duemilanove, “giornata della memoria”, gli apparentemente neanchepiufascisti, magari con la kippah in testa, ricordano quello che veramente piace loro ricordare. Si tratta nientemeno che dell'annessione della città di Rijeka all'Italia fascista, avvenuta il 27 gennaio 1924 dopo la “storica impresa” di un mediocre poetastro dedito all'autofellazione. Lo si può vedere, ad esempio, sul sito di “Azione Giovinotti” di Firenze (qui la homepage e qui l'articolo.) E' bene leggerle certe cose, dato che “Azione Giovinotti” è espressione di un partito di governo che, a parole, ha “ripudiato” il fascismo e si atteggia a forza democratica (salvo utilizzare le squadracce -sue o di altri movimentini analoghi- ogni qual volta ce ne sia il bisogno). Vi si parla persino di un manipolo di volontari in camicia nera e, ovviamente, di “pulizia etnica dei partigiani titini” e delle immancabili foibe. Come se, nel frattempo, durante il ventennio del loro caro nonnino (quello che scappava su un camion intabarrato in un pastrano da caporale tedesco) e durante la guerra, non fosse accaduto nulla. Come se di pulizie etniche questi qui fossero scevri, puri angioletti tutti libro & moschetto. Concludono con un accorato proclama: “Nonostante oggi sia Rijeka, Fiume sarà sempre italiana nei nostri cuori”. Però mi sa tanto che quegl'italici cuori abbiano qualche extrasistole.

Poiché oggi è una giornata di “memoria”, mi ricordo ad esempio degli stessi donzelli damerini che, non molti anni fa, inneggiavano alla libertà della nazione croata facendo il tifo per gli ustaša loro simili. Glielo vadano a dire a loro com'è e come sarà Rijeka. O glielo vadano a dire agli ungheresi, dato che a Rijeka viveva una comunità ungherese di migliaia di persone (persino l'ex segretario del partito comunista ungherese fino al 1989, János Kádár, al secolo Giovanni Czermanik, era nato lì); what if la santa Ungheria della corona di Santo Stefano se la fosse voluta annettere?

Eccovi dunque che cosa davvero “ricordano” i nostri amiconi giovinotti in questo ventisette gennaio. Altro che Shoah. Altro che Auschwitz. Ricordano soltanto il loro nazionalismo da barzelletta, come da barzelletta dovrebbero essere tutti i nazionalismi ottocenteschi -comunque si chiamino, anche “sionismo”.

Слава југословенским партизанима и смрт фашизму!


Il video è Yellow Triangle, una canzone di Christy Moore.