Due poveri cristi si svegliano alle cinque di mattina. Lei deve prendere il treno per andare a casa e poi a lavorare, in una città abbastanza lontana. La porto alla stazione, dall'altra parte della città; sì, perché il treno dalla stazione centrale che prendeva fino a un anno prima lo hanno eliminato. Era un intercity, un semplice intercity; li eliminano perché bisogna fare spazio alle loro “frecce rosse”, alle alte velocità, alle idiozie criminali che, per farti risparmiare un quarto d'ora da Milano a Roma ad un prezzo spaventoso, riducono il resto della rete ad una fogna su rotaia. Torno a casa da solo. Dopo un po' mi arriva una telefonata, dicendo che il treno non parte. Sembra ci sia stato un incidente da qualche parte. Ai passeggeri viene detto, praticamente, d'arrangiarsi; la classica formuletta, “Trenitalia si scusa per i disagi” e tutto risolto. Deragliato un treno merci carico di acido fluoridrico, poco dopo Prato; ritardi; casini; la povera crista arriva a lavorare alle tre del pomeriggio, stravolta. Ma, ad ogni modo, talvolta quel treno che prende (che arriva da Reggio Calabria), accumula anche due o tre ore di ritardo. Così, la normalità.
La normalità di una rete ferroviaria sconciata. Al sud, ad esempio. Al sud non bisogna mica farli, i treni, sono antieconomici. I treni vanno contro il lucroso business delle autolinee private. Una volta mi sono fatto proprio da Reggio Calabria a Bari su un “rapido”, pagando tanto di “supplemento”: partito alle quattordici dal capoluogo calabrese, arrivato a Bari alle una e cinquanta di notte. Su un treno non elettrificato privo di aria condizionata, d'agosto. Rapido. Immaginatevi voi se fosse stato lento, invece che rapido. La normalità di stazioni “privatizzate”, persino le stazioni, troiai dove da un lato si cacciano i disperati che vi dormono davanti, in nome del “decoro”, e dall'altro si chiudono le sale d'aspetto alle nove la sera; e chi deve partire dopo si arrangi, anche di gennaio. Dove pomposi cartelli, come alla stazione di Genova Piazza Principe, annunciano che la stazione è “mantenuta nel decoro” (rieccolo!) da una ditta che in realtà la mantiene nella merda, come tutte le altre. La normalità di bagni nei treni che farebbero ribrezzo persino al Demonio. La normalità di uno schifo totale, generalizzato, ipocrita.
La normalità di licenziare e vessare un dipendente delle Ferrovie che ha denunciato uno stato di cose non più sostenibile. La normalità di un territorio ammazzato, quello della val Santerno e dell'alto Mugello, in nome di un'inutile e faraonica linea di “alta velocità” (che, come le “frecce rosse”, arriverà comunque in ritardo. Falde prosciugate e inquinate, corsi d'acqua seccati; condanne, sequestri, “azzeramenti”, richieste di danni di centinaia di milioni di euro, ed eccoli comunque lì bel belli, in nome dell' “economia”, in nome della “mobilità”. Merdosi papponi, senza distinzione di schieramento. Buoni soltanto, destre e sinistre, a mandare gli sbirri a manganellare la gente a Venaus. Buoni a tagliare i “rami secchi”, le linee dei lavoratori, le linee che non “rendono”, per fare posto alle loro TAV, agli Eurostar, ai gadgettini, alla presina per attaccare il computer, alla Stronzexpress che ti fa pagare cinque euro per un paninaccio gommoso ripieno di affettato di iguanodonte, a dei posti a sedere dove uno come me, alto un metro e novanta, rimpiange i vecchi scompartimenti puzzolenti da sei posti; uscivi fuori che anche il pancreas ti sapeva di treno, di quell'odore metallico tipico, ma almeno potevi stendere un po' le gambe o schiacciare un pisolino (sempre che, ovviamente, qualche solerte servitore dello stato non ti facesse dormire un pisolino eterno con una bomba).
Capita qualche incidente? E' sempre “errore umano”. Specialmente quando muore il macchinista, così almeno non può rispondere più. Poi succede che, una notte alle 23,54, ad un treno merci in transito per Viareggio, carico di una cosina innocua chiamata gas propano liquido, GPL, che non brucia e non scoppia nemmeno un pochino (ma che volete che sia!), ceda il carrello. E chi ci pensa ai carrelli dei merci che trasportano acido fluoridrico, gas superinfiammabili e esplosivi, ogni cosa? Non sono importanti, bisogna pensare alle elevate tecnologie! Allora il treno deraglia in stazione, un carro cisterna salta in aria e, assieme a lui, mezza Viareggio. La normalità, anche della morte, e della morte più atroce. La normalità di una città devastata. I ferrovieri? Lo dicono da anni che i carrelli dei merci malfunzionanti sono pericolosissimi. Ma tutta la tecnologia e tutte le risorse sono dirottate sui famosi “fiori all'occhiello”, sulle “alte velocità”. Altissima! Chissà a che velocità è saltato in aria quel treno merci; e il fiore che lorsignori possono mettersi all'occhiello è, per l'ennesima volta, un crisantemo. Cianciano di “sicurezza” ogni tre secondi, e quando c'è di mezzo la vera sicurezza, l'incolumità dei cittadini, se ne fregano; anzi, la considerano un fastidioso impiccio. La tolgono di mezzo. Sulle rotaie italiane viaggiano dei materiali da invidiare le ferrovie della Sierra Leone. Salta in aria un treno in stazione nella Corea del Nord (facendo, sembra, centinaia di vittime) e puntiamo il ditino, facciamo i superiori: “Da noi una cosa del genere non potrebbe mai succedere!”; già, come no! Con la differenza che, almeno, i responsabili del disastro nordcoreano ora sicuramente meditano in qualche simpatico lager e apprendono volenti o nolenti lo Juche dell'eterno presidente Kim-il Sung, mentre quelli del disastro italiano continuano, e continueranno, a prendere i loro favolosi stipendi da manager.
Nel frattempo, fuori dalla stazione di Firenze ma anche da altre, credo, fa bella mostra di sé un tabellone, con un orologio che segna il conto alla rovescia prima dell'entrata in funzione dell' “Alta Velocità”. Per favore, per rispetto ai poveri morti di Viareggio, qualcuno lo vada a prendere a sassate. E alla svelta.