E ci risiamo. Come non tutti sanno, abito esattamente di fronte a un campo sportivo; la cosa non rappresenterebbe certo un problema, se non fosse per il non trascurabile fatto che ogni domenica mattina, alle otto in punto, mentre io e la Dani stiamo dormendo come ghiri, al campetto cominciano a giocare a pallone; e sono berci, urla sanguinose, babbi e mamme che si accapigliano, slogan agghiaccianti, arbitri in fuga e, stamani, pure una pallonata mostruosa finitami nel cortile. Allora mi sono detto che era urgente una dura vendetta verso i pallonari "amatoriali" della domenica; eccola qui prendendo in prestito una nota canzone di Fabrizio de André. Quando ci va, ci vuole, perdiana!
Tentò la fuga in tranvìa
verso le sei del mattino,
si cominciava a giocare
al campetto di Ugnano...
Alle otto berciavano
i genitori dei ragazzini
e si sentivano i "crac"
delle ossa rotte su ai campini
arbitrava un poeretto
venuto da San Godenzo
riuscì a salvarsi con molto stento
mentre infuriava il combattimento.
Gli spettatori non morirono subito,
mamme stremate da urla e cazzotti
si sfacevano i trucchi e le permanenti
costate dimolto care,
i trafficanti di steroidi
si districavano tra facce pest',
il centravanti del novanta
sputava al portiere del novantuno,
e slogan da terzo Reich
valicavano la recinzione,
tutto il quartiere si svegliava,
a dormire 'un c'era più nessuno
e bestemmie sanguinose
s'innalzavan nel cielo in quel giorno di festa
cristo per cristo
madonna per madonna
trequartista per trequartista.
La domenica delle palle
s'udiron pure fucilate,
il calcio amatoriale
invadeva le strade,
La domenica delle palle
si portò via riposi e amori,
e sopra il campo pieno di mota
si affollavano i barellieri.
Nell'isolato monolocale
e nel riposto sgabuzzino
noi si provava ancora a ronfare sodo,
ed era ancora di primo mattino
però intanto si erano messi
fanti cavalli cani ed un somaro
a abbaiare, ragliare, strillare sulle terrazze
come se non bastasse
il pallonaro
la massaia del terzo piano
in un tripudio di pentoloni
conversava con la su' zia
con la tovaglia a asciugare e il figliolo a penzoloni:
“Voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
si levin tutti dai coglioni e vadano
a vedere Montolivo...”
A tarda sera io e la mia illustre vicina argentina
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un pallone nel cortile.
un pallone nel cortile...
La domenica delle palle
ognuno si fece male,
ferite lacero-contuse,
conci come un maiale,
La domenica delle palle
si sentiva ancora berciare:
“Su ragazzi, state calmi,
l'importante è partecipare...”
Gli ultimi giocatori
si ritirarono negli spogliatoi
accesero le docce e si misero a canticchiare
mentre tutti noi li si mandava a cacare...
“Voi che avete calciato e vi siete rotti il ginocchio,
voi che avete chiappato palloni e cazzotti nell'occhio,
voi che giocate a Rifredi, a Sorgane e all'Argingrosso
svegliando tutti e rimediando fratture all'osso
sui campi sportivi
fra la melma e gli ulivi,
ora noi con voci potenti
ci si sfoga un poco e si batte il tamburo,
ora noi con voci potenti
vi si manda tutti affanculo.”
La domenica delle palle
noi, cazzo, s'avrebbe sonno,
si vorrebbe dormire almeno
fino a un quarto a mezzogiorno.
La domenica delle palle
andate a romperle un poco altrove,
s'avrà il diritto di ronfare,
che s'ha da andare a lavorare...
Mentre il cuor di Firenze
da Gavinana all'Isolotto
si gonfiava in un coro:
“Questi qui ci hanno rotto!”