ANNA MARIA MANTINI
"Luisa"
Firenze, 1953 - Roma, 8 luglio 1975
Quarant'anni fa.
Ora che s'è fatto silenzio,
a denti stretti ciao - ma ciao dove
se non su questo pianeta che tu bella
infioravi? Luce succo esalati come
scoppia la melagrana al troppo sole.
Tu clandestina.
E come un tempo fu giovinezza amore
in ogni suo eloquio ogni sua censura,
sul passo d'Arno che sa del tuo bel viso,
Natascia e Buonaluna si sono reincontrati.
Di te chéti parlando della tua corta vita.
Lo scontro a fuoco.
Noi della nostra creatura non possiamo che assaporarne la memoria.
È miele e fiele.
Chiamiamola d'ora in avanti col suo nome di battaglia: Viola.
Una persona che non abbiamo conosciuto
e che ci chiede solo pietà. Pietà e amore.
Lei, assassinata, che il mondo vorrebbe assassina.
Non farmi temere che anche tu lo creda.
Vasco Pratolini.
Da "Il mannello di Natascia e altre cronache di versi e prosa 1930-1980", 1985
E, alla fine, ci sono andato.
Avevo sempre detto di non volerlo mai fare, sebbene
sapessi dove riposava assieme a suo fratello e ai suoi genitori.
Avevo detto che non avrei voluto violare
con quel gesto qualcosa che non mi appartiene
e non può appartenermi,
io che avevo, allora, meno di dodici anni,
ma che avevo già visto un morto su un selciato
in una sera d'aprile rossa di sangue.
Ci sono andato, poco tempo fa, in tarda primavera,
una domenica,
assieme a una persona che la aveva conosciuta e voleva portare un fiore
a lei e a suo fratello
e assieme a due altre persone che, come me, non la avevano mai conosciuta.
Quella persona mi aveva convinto,
anche se sapeva di quella mia antica decisione,
mi aveva convinto per amore e per altre cose che non saprei dire.
Ma sono entrato timidamente in quel cimitero,
agitato e incerto:
un'altra cosa cui non tenevo fede,
e che ora è avvenuta.
Ci ha accolti il custode del cimitero
al quale avevamo chiesto dove si trovasse quella tomba;
ci ha accompagnati lui, direttamente,
quasi complice, quasi leggero.
Là davanti, agli "ossarini"
dove riposa assieme a tutta la sua famiglia
non avevo fiori
mentre la persona che conosco, e che la conosceva,
deponeva il suo.
Mi è venuto da fare un gesto, forse stupido,
forse no, ma i gesti
sono solo tali e provengono da qualcosa
che quasi mai si è, poi, capaci di dire.
Le ho cantato la prima strofa
dell'Internazionale in francese,
Debout les damnés de la terre,
I Dannati della Terra.
Poi ce ne siamo andati e
s'è fatto di nuovo silenzio.
Qualche tempo dopo, anzi pochi giorni fa,
mi è capitato di leggere in un libro
per l'ennesima volta, la sua storia;
altro non posso fare.
Pagine scritte, memoria di altri,
e memoria che sanguina.
In particolare
ho letto qualcosa di una persona che conoscevo,
e che non sapevo.
Vorrei saper dire in qualche modo
che di quella cosa avrò sempre rispetto
al di là di tutto,
e anche se ci s'incontra per caso sull'autobus
facendo finta di non conoscersi.
Così va, e forse
così deve andare.
Tutto rimane soltanto di chi è
e il resto è ombra.