Di ritorno dalle immeritate vacanze, e con la prospettiva assolutamente certa di impiegare i prossimi giorni (diciamo fino a sabato) in un trasloco almeno per una volta non di mia stretta competenza -per il quale mi trovo in un'afosa trasferta piacentina di fin'estate, vado rigorosamente a ruota libera.
In realtà, di raccontare quel che ho fatto durante le vacanze non mi va neanche troppo. Far scoprire un po' d'isola d'Elba -specialmente con il commovente tonno ai pistacchi dell'Osteria Libertaria di Portoferraio, ritrovarmi a Galenzana un'altra volta assieme ad una persona amata, lo scirocco appiccicoso e fetente, e mia cugina che ha atteso le sue ferie d'operaia per beccarsi la varicella a 38 anni suonati; cose normali, impreziosite dal buon San Gaetano -patrono di Marina di Campo- che durante la sua festa del 7 agosto ha pensato bene di dar fuoco a qualche barchètta ormeggiata in porto mediante il generoso spettacolo pirotecnico annuale. Ci ripenso sempre con qualche risata, immaginandomi le bestemmie dei proprietari delle imbarcazioni; figurarmeli poi devoti di paparazzingher o di padrepìe è come mettere il tabasco sui tacos. Aggiunge gusto.
Beninteso, un ragionamento che mi capita spesso di fare tra me e me è il seguente: ma come mai, nei posti di mare, le feste dei santi patroni cadono tutte in luglio e agosto? Mai, che so io, un tredici di gennaio o un ventisette di novembre. 'Sti santi! Anche loro debbono dare il loro contributo all'industria turistica e cadere rigorosamente in alta stagione; e poi qualche maledetto senzadìo dice che la religione è una cosa inutile!
Un'estate passata saltapicchiando dall'iperrazionalità di Piergiorgio Odifreddi (irresistibile a volte, esagerato altre e insopportabile altre ancora) alle storie di Lansdale, uno che mi ha fatto pensare spesso ai miei tentativi di raccontare cose e all'abisso che mi separa dal saperlo davvero fare; all'ultima pagina di Tramonto e polvere, coi capelli rossi di Sunset in testa, mi è presa la voglia di rileggermela subito, quella storia, e di mangiarmela. Come fosse una piattata di croste di parmigiano fritte nell'olio, che è il troiaio mangereccio che più mi fa impazzire, e da una vita intera.
Poi, una giornata passata tra la luce abbacinante di una Volterra infuocata, salsicce e patatine in una specie di posada messicana spiaccicata sulla strada per Saline -Old River, si chiama-, e una serata matta assieme a un amico e ai suoi parenti nella loro “Porcilaia” -una serata anch'essa di storie dietro a un fico, e storie belle; ma a parte l'accenno che l'amico in questione ha fatto nel suo blog, ne avrò a riparlare, e a riparlare estesamente. E infine eccomi qui, momentaneamente sdraiato sulla pianura Padana che sto cominciando a rivalutare da quando mi è toccato vivere per anni in mezzo ai monti. Belli, bellissimi i monti; ma non sono fatti per me. Troppo faticosi, troppo cupi, troppo silenziosi. La pianura assomiglia di più al mare, e stasera a Piacenza c'era un tramonto da mozzare il fiato. Condito anche dall'aver trovato casualmente l'unico tifoso della Fiorentina in tutta Piacenza, che mi ha invitato mercoledì sera a casa dei suoi genitori a vedere sulla tv porno che ha acquisito i diritti la partita di ritorno del preliminare di Champions' League.
Il bello è che ero partito, per questo post, con l'idea di scrivere una sorta di pamphlet contro la via Francigena. Non ne posso più della via Francigena, mi perseguita da una vita e mezzo. Quando stavo nelle campagne senesi, stavo su un pezzo della Francigena. A Volterra mi aspetto gli Etruschi, e invece c'è un'insalata di pezzi di Francigena. Sono a Piacenza e mi ritrovo i cartelli della via Francigena. Come mi muovo sono inseguito dalla via Francigena. Ma che cazzo di via era, perdiana? Non si sa da dove partisse, toccava in rapida successione Stoccolma, Reims, Samarcanda, Sinalunga, Timbuctù, Altopascio, Reggio Calabria, Bucarest, Campiglia Marittima, Piacenza e Santander, per poi ritrovarsi a Santiago de Compostela a fare un focherello di radici cristiane. Nulla da fare; ovunque mi giri, mi ritrovo Francigene addosso. Dovrò fondare finalmente un'associazione per l'eliminazione della via Francigena, con cancellazione dei cartelli, asportazione dei pezzetti di strada e loro sostituzione con comodissime autostrade a quattro corsie, rasatura al suolo di antichi ostelli, abbazie eccetera; per poi magari scoprire che la via Francigena è tutta un'invenzione degli enti turistici. Del resto, non so perché, a me Santiago de Compostela mi ricorda tanto la penna dell'arcangelo Gabriele della famosa novella del Decamerone; e il Decamerone, perdiana, è una lettura che avrò fatto decine di volte e che non mi stanco mai di rifare. Altro che Francigene, e evviva Calandrino, Buffalmacco e Ser Ciappelletto!