mercoledì 10 dicembre 2014
Sangue della tua sangua
Ieri, se non
erro vicino a Ancona, l'ennesima strage in “famiglia”. Strage di
un “padre” che ha ammazzato la moglie e il figlio di cinque anni.
Sparando in casa. Due, tre righe. Cronaca assolutamente svogliata.
Una consuetudine. Si stavano “separando”, allora il “padre”
interviene e separa ogni cosa, tanto che c'è. Poi si ammazza. I
“padri” si ammazzano sempre, o quantomeno ci tentano. Pur sempre
capifamiglia; per inciso, ma quante armi gireranno nelle “famiglie”?
Va bene quando il “padre” è il classico carabiniere, agente,
vigilante o chissà cosa; ma quello di ieri era un operaio. Il papà
operaio con la pistola. La famiglia a mano armata, pum pum. Ti vuoi
separare, moglie? Mi prende un “raptus”, calibro 7,65
naturalmente, e stermino il sangue del mio sangue.
Poi mi ammazzo. Tutto normale, i giornali e le tv mi giustificano, il
sor parroco invita a non giudicare
e a pregare, e poi a
perdonare scrutando gli insondabili misteri del disegno
divino (ma che cazzo di matite
usi non è dato mai saperlo).
Però,
in questi giorni, tutti sono concentrati sulla mamma
assassina, quella delle zone del
commissario Montalbano. Quella accusata di aver massacrato il figlio
di otto anni, pur senza pistolettate (le armi da fuoco non sono roba
da donne, tsè). Per la “madre” non è nemmeno questione di
accennare al “perdono”; è già stata condannata a morte. Se al
“padre” è consentito ammazzare mogli, figlie, figli e anche il
cane (è successo anche questo, non sto celiando), alla “madre”,
santa donna che dà la vita, che reca nel suo grembo la benedetta
progenie, che è in sostanza un utero con qualche chilo di carne
intorno, questo non è consentito. Se quindi si azzarda a far fuori
un figlio, viene offerta immediatamente come vittima sacrificale.
Succede
così che il “padre”, come
l'ampiamente dimenticato tizio di Motta Visconti dello scorso giugno, faccia
fuori moglie incinta, figlia di anni 5 e figlio di mesi 20, e tutto
sommato se la cavi; certo, qualche risalto per la performance,
ma nessun resoconto di nottate in caserma guardato a vista,
nessuna notizia se abbia dormito o meno la notte dell'arresto,
nessuna moglie che urla “mi cade il mondo addosso” (anche perché
la moglie, ops, la aveva fatta fuori), nessun vecchio
mulino, nessun compiaciuto
racconto sull'ingresso in carcere tra insulti e minacce, nessun “ci
vorrebbe la pena di morte”. Perché si è limitato a sterminare il
sangue del suo sangue,
che sarà mai.
Molto
diverso quando tu, “madre”, stermini il sangue della tua sangua.
Bruno, ehi Bruno dall'Aquila, hai già scaldato il motore? Dai,
stavolta si va agli antipodi, da Cogne si va in provincia di Ragusa.
Il terreno è già spianato, perché lo sai bene come “funzia”.
Sai perfettamente che, di tutte le quotidiane stragi e ammazzamenti
in “famiglia” che accadono, ci si ricorda soltanto di quelle in
cui c'è la mamma assassina,
o quantomeno una donna. La perfida adolescente Erika che soggioga il
ragazzino e sgozza a rondemà tra le mura domestiche. La Franzoni che
da Bologna va fino in Val d'Aosta per spedire il figlioletto
tra gli “angeli”. E, ora, la Veronica dall'infanzia
difficile che angiolettizza il
figlio a base di fascette stringicavi o che so io. 'Ste donne.
Complicate sono. Imparassero almeno a usare una bella pistola, come
fa il papà; invece no. Cuscini, materiale elettrico, vasche da
bagno, salti dal quinto piano...
E
così, in questi giorni, di una tizia che, fino all'altro ieri, era
una mamma come tante
sappiamo tutto. La sua infanzia infelice perché
sua madre le aveva detto di essere una figlia indesiderata, la sua
adolescenza problematica,
la gravidanza a anni sedici, il matrimonio,
il marito lavoratore, un altro figlio, i tentativi di suicidio, la
marca dell'automobile, il corso di cucina, le contraddizioni,
il modo in cui urla, cosa non ha voluto mangiare in caserma, i “devi
morire” in galera e persino il precedente bambino ammazzato in provincia di Ragusa, nel 1946. Minchia, bambini,
andate tutti a Ragusa e dintorni; là vi ammazzano uno ogni 68 anni!
La prossima volta toccherà a uno di voi nel 2082, Bruno Vespa sarà
bell'e morto da quel dì e, nel frattempo, potrete fare una vita
tranquillissima in famiglia.
Insomma, una pacchia. La mostressa c'è
già stata nel lontano 2014, e, per aggiungere pathos, pure sotto
Natale. I bambini |fanno
l'albero per la piccola vittima della mamma snaturata. Il marito
ha già pronunciato la sentenza: “può anche morire”. Succede
questo a chi sopprime il sangue della sua sangua, in questo paese di
sante mamme e sacre famiglie.
Il
papà fa la strage? Chi lo avrebbe mai detto, era così
perbene, una famiglia solare. La
mamma spiàccica il figlio? Figlia indesiderata, problemi,
suicidi, tipa strana, in paese la chiamano “La forestiera”.
Perché i bambini non si
toccano, ma esclusivamente dalle mamme. I papà possono toccarli
eccome, dato che sono solari.
I papà ci hanno i problemi finanziari.
I papà non accettano la separazione.
I papà giocano a videopoker. I papà si innamorano delle colleghe. I
papà imprenditori falliscono. Ammazzano quotidianamente e nessuno
scava nella loro vita, manco un tentativo di suicidio che sia uno,
manco una mamma che abbia detto loro “sei nato per un preservativo
bucato”, manco uno che sia rimasto incinto a 16 anni, manco un
paese che ti chiami “Il Forestiero”, manco non dico un Bruno
Vespa coi plastici della villetta, ma nemmeno un Gino Pinzauti di
Tele Sant'Angelo a Lecore che rifaccia la scena del delitto col
Pongo. Non si parli nemmeno, poi, di minacce in carcere raccontate
col massimo della morbosità®, perché non sei né una mamma
e né un pedofilo.
Lo si sarà notato regolarmente: in casi del genere, le gazzette e le
tivvù non si lasciano sfuggire il particolare. Il carcere è quella
cosa dura ma giusta, dove i detenuti “hanno un'etica” tutta a
base di bambini. Ci
sarebbe da chiedere come facciano le redazioni a sapere cosa urla chi
sta al gabbio; ci avranno degli inviati speciali rinchiusi in galera?
Dal nostro corrispondente all'Ucciardone? E quell'eventuale
corrispondente, che cosa corrisponde? Gli insulti e le minacce etiche
al mostro o alla mostressa di
turno, mica che in galera si crepa ogni giorno solo un pochino meno
che in famiglia.
Insomma,
benvenuta alla Veronica nel novero delle mostresse.
Non importa nemmeno, in fondo, se sia stata o non sia stata lei. Dai,
su, lo avevate detto tutti che era stata lei, fin dal primo giorno.
Sospetto pure che lo speravate. Il pedofilo? Banale. Gli zii e la
cugina? Ci hanno già pensato a Avetrana, con quella rizzacazzi
quindicenne (definizione udita
di persona in un bar di via Datini, a Firenze; ed era chiaro che non
era stato lo zio, ma quel cesso di sua cugina).
Ci voleva, sotto Natala, una bella mamma. Un po' di sangua da mettere
sotto l'albera. Una bella mamma assassina di quelle pese, ogni tanto,
cementa la famiglia e rassicura.