venerdì 24 aprile 2015
In morte dei blog, a.D. MMXV
Naturalmente
ci risiamo; ma non so se, stavolta, la notiziuola farà tanto
strepito. Finché le “strette sui blog” le proponeva il
centrodestrume vario, c'era una sorta di mobilitazione generale; ora
che, ovviamente, le propone la destra renziana, avverto una certa
quale rassegnazione. Come fosse inevitabile; è, probabilmente, lo è.
Non sono solito ragionare a proposito di blog e bloggherie, anche
perché tale forma di espressione del pensiero in rete è oramai in
agonia; ma, evidentemente, pur nella sua morte prossima ventura, il
“diario in rete” continua a mettere molta più paura dei “social
networks”, e questo è quanto. Ci si becchi, dunque, la proposta
del PD (e “renziano superdoc”) David Ermini, che nel “Partito
della Nazione” sarebbe responsabile
Giustizia. Nulla di nuovo: il consueto
obbligo di rettifica
entro due giorni esteso alle “testate non registrate”, vale a
dire anche e soprattutto ai blog. Ai blogghini del cavolo come il
mio, insomma. Da oggi, dunque, saremmo ufficialmente di nuovo in
allarme; querele a gogò, richieste di
risarcimenti, e tutto l'armamentario del silenzio. Dice l'Ermini,
pure a colloquio con l'Andrea Orlando scrutatore di sigilli, che non
sarebbe giusto farla
pagare esclusivamente ai tenutari di testate giornalistiche
registrate travestite da blog (si pensi che, per un po', è stato
definito “blog” persino l'Huffington Post...), e quindi
arièccoci. Stavolta, peraltro, sono piuttosto convinto che la
proposta piddina abbia ottime probabilità di passare; il controllo
dittatoriale renziano avanza imperterrito in ogni direzione, ed
abbisogna del silenzio come del pane. Le condizioni, insomma, ci sono
tutte.
Adesso
mi concederò un paio di minuti di risate, pensando magari ai
meravigliosi “Je suis Charlie” di questi signori; oppure al Renzi
sindaco di Firenze, che voleva riservare dei locali dell'ex carcere
delle Murate a una non meglio precisata “casa del blogger
perseguitato”, avendo in mente fantomatici (e spesso falsi)
postatori iraniani e l'immancabile Yoani Sánchez. Lo dice un
perfetto nessuno come il sottoscritto, che a causa del suo blog dal
nome impronunciabile in finto greco classico introdotto dai pensieri
di Pippo e da una foto del 1° maggio 1945 a Portoferraio (Isola
d'Elba), ha passato e continua a passare i suoi guai. Tre
convocazioni in Questura da parte della DIGOS, due denunce nonché
una paventata ma non avviata, e un processo in corso per attentato
all'onore e al prestigio del
Presidente della Repubblica. Come dire: un bel curriculum, senza che,
per questo, io ritenga certamente di dovermene “beare” (tant'è
vero che non ne parlo praticamente mai). Proprio in questi giorni,
una blogger che seguo da sempre, vale a dire Valentina Perniciaro (o
Baruda che dir si voglia), si è beccata una denuncia per diffamazione nientepopodimeno che da Gilberto Caldarozzi, pure lei
regolarmente convocata dalla DIGOS per avere “offeso” quell'alto
funzionario di polizia che aveva avuto un bel po' a che fare con una
certa scuola genovese di cui non farò il nome. E via discorrendo.
Purtroppo, né Valentina Perniciaro né il sottoscritto siamo blogger
iraniani o dissidenti cubani; chissà se ci toccherà cambiarci i
nomi in Righard Wenthoorani (o Wenthorinejad) o in Valentyna
Pierniciarios per starcene un po' più tranquilli.
Nell'attuale
agonia del blogghismo, certo, non c'entra soltanto la repressione
sempre più massiccia; parecchi blogger ci hanno messo del loro per
screditare la categoria. Altrettanti si sono trovati il rifugio, il
“buen retiro” dove copiaincollare articoletti e saggini o dove
parlare esclusivamente del proprio innocuo orticello da innaffiare.
Tutto questo, ovviamente, tenendo ben presenti tutti i limiti di
qualsiasi forma di “impegno”, o militanza, o critica a base di
parole da inviare nell'etere senza nessuna precisa certezza che
vengano captate da qualcuno, e più che altro con l'assoluta
coscienza che possano essere delle emerite cazzate e non delle
“verità” da rivelare. Ad ogni modo, se a tutto questo si
aggiunge l'Ermini, sarà giocoforza battere in ritirata alla svelta e
cimentarsi nell'arte della fuga disonorevole. Già gli avvertimenti,
e anche discretamente pesi, li abbiamo avuti; e poiché, almeno nel
mio caso, passare alla storia (si fa per dire) come “eroe
solitario” squisitamente cornuto e mazziato non mi attrae
particolarmente, ad un certo punto toccherà dire basta.
Resterà,
certamente, l'insopprimibile voglia di sparare a chiunque, in questo
paese, cianci di “libertà di espressione”. Il desiderio
incontrollabile, però da controllare in qualche modo, di vedere
accomodarsi sul seggiolino di una garrota il servo di turno, quello
che vuole dare il “giro di vite” (l'espressione deriva proprio
dalla pratica del garrote vil).
Ma poiché tali rimarranno, ovvero dei buffi desideri di piccoli
esseri umani che, per un periodo della loro vita, hanno creduto di
potere esprimersi liberamente da
una tastierònzola, non resta che attendere gli eventi e trarne le
conseguenze. Magari, chissà, la cosa potrebbe avere pure dei
risvolti positivi, e convincere qualcuno ad esprimersi
in modi
meno simpatici, più organizzati e tesi alla creazione di nuovi
rapporti di forza. Chissà che, allora, non ci si ricordi pure di
qualche buffo blogger
che, nel remoto 2015, era stato messo a tacere dal responsabile
giustizia del PD.
Nell'immagine: Francisco Goya, Reunión de la Comisión Justicia del Partido Democrático. Affissi ai piddini garrotati, alcuni obblighi di rettifica e querele imposte a antichi blogueros.