Nell'Italia dove il presidente della camerata, pardon, della camera, on. fasc. Gianfranco Fini, afferma che il pestaggio omicida di Verona da parte di alcuni nazisti "di buona famiglia" è fatto meno grave della protesta contro Israele alla fiera del libro di Torino, accadono anche alcuni episodi "minori", ma assolutamente indicativi dell'aria che si respira. Uno di questi episodi mi vede tra i "protagonisti" (virgolette d'obbligo). Ve lo vado a raccontare, con la doverosa avvertenza ai miei 4 milioni di lettori che, d'ora in avanti, a loro rischio e pericolo leggeranno il blog di un pericolosissimo inquisito dalla magistratura.
La storia comincia il 28 agosto 2007, quando il volitivo & barbocchialuto assessore del Comune di Firenze, l'oramai arcinoto Graziano Cioni, emette l'altrettanto famoso "decreto anti-lavavetri" (di cui si parla in questo post), ovviamente nell'ottica della sicurezza dei cittadini, minacciati (anzi, minacciatissimi) dalla presenza agli incroci di quegli sporchi e noiosi zingaracci da eliminare con le buone o con le cattive. Il Cioni, assessore della giunta di "sinistra" fiorentina, peraltro si ripeterà qualche mese dopo con un analogo decreto contro i mendicanti sdraiati, prendendo a pretesto il fatto che un'anziana signora ipovedente aveva inciampato in uno di quei disgraziati stesi a terra, procurandosi lievi ferite che dalla stampa cittadina erano naturalmente state presentate come poco meno che mortali.
Il pomeriggio di quel 28 agosto, giornata assolutamente torrida, un commando di pericolosi anarco-insurrezionalisti fiorentini, tra i quali il sottoscritto, si erano presentati all'incrocio tra Piazza della Libertà (!!) e il viale Don Minzoni, decisi a protestare contro l'ordinanza cioniana e, più che altro, armati fino ai denti. Di secchi, spugne, cenci & volantini. La forma di protesta scelta era, appunto, quella di trasformarsi in lavavetri ad un incrocio tra i più trafficati della città, sfidando così il diktat securitario del feld-assessore e distribuendo agli automobilisti e ai passanti un testo di protesta.
A mia memoria, eravamo in meno di quindici, bardati in tute da combattimento consistenti in canottiere e magliette inzuppate di sudore, pantaloncini corti e sandalacci puzzolenti. Non chiedevamo assolutamente soldi; ma poiché qualche automobilista ci ha dato qualche spicciolo, lo abbiamo passato a un vero lavavetri russo che se ne stava, sconcertato, al suo incrocio, non sapendo probabilmente niente dell'ordinanza dell'Oberstkommandant von Cioni anche perché non parlava manco mezza parola d'italiano.
Tutti bene attenti a non danneggiare nemmeno il minimo tergicristallino di un'automobilina a pedali, ritirandoci in buon ordine quando vedevamo che la cosa non era gradita, lavando il vetro a chi voleva e asciugandoglielo pure. E distribuendo il volantino, per nulla tenero come è facile immaginare; pigliandoci gli improperi di qualche tizio o tizia, addirittura le minacce di due ragazzotti su una tamarromobìl ("La macchina voi 'un vu' ce la toccàhe!", quando manco gliela avevamo sfiorata…), e incassando qualche rara voce di solidarietà.
Il tutto è durato un'ora e mezza, forse due; si sbaracca e si fa per tornare chi a casa, chi al Panico Okkupato, chi alla Riottosa Fangosa…nessuno sapeva che la democratica scure dello Stato stava per abbattersi sulle nostre teste, autori com'eravamo di un atto criminale & sovversivo tra i più gravi contemplati attualmente a Firenze ma non solo: il reato di lavavetrismo insurrezionalista continuato.
Il sottoscritto, allora privo di automobile, chiede del tutto casualmente un passaggio ad un ragazzo dello squat Riottosa, tale V., che ha il mezzo posteggiato proprio in piazza della Libertà; non facciamo neppure in tempo ad aprire gli sportelli, che veniamo fermati e identificati dalla poderosa Digos, che addirittura tenta di perquisire l'interno della macchina alla ricerca –chissà- di secchi pieni di Semtex, stracci imbevuti di nitroglicerina, spugne-bomba o quant'altro. Dopo un po' ci lasciano ripartire, non senza qualche minaccetta velatina, ma intanto qualcuno, da lontano, assiste alla scena e crede che ci abbiano arrestati. Partono telefonate preoccupate con persino i numeri di avvocati pronti a disposizione, quando invece ce ne stiamo bel belli coi finestrini aperti e in marcia verso una doccia rinfrescante che avevo opportunamente offerto al sudatissimo compagno di sventura.
E la storia sembra finire qui. Sembra!
Perché oggi, 5 maggio 2008, a distanza di otto mesi dal nostro orrendo attentato all'ordine cionistituito, tutti i partecipanti alla lavata di vetri del 28 agosto 2007, e quindi me compreso, hanno ricevuto una regolare denuncia, con informativa della conclusione delle indagini sul nostro contro (all'anima, otto mesi per indagare su persone già identificate…) e addirittura la nomina dell'avvocato d'ufficio (i cui servigi abbiamo deciso di declinare, preferendo affidarci ad altro legale). Il tutto, udite udite, per violazione dell'articolo 18 del TULPS (Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza), che così recita:
I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore.
E’considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.
I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da € 103,00 a 413,00.
Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.
Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'autorità sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da € 206,00 a € 413,00.
Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola.
Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali.
Insomma, sì, lo avrete capito: siamo stati incriminati nientepopodimeno che di un'autentica radunata sediziosa! Tale denominazione si rende obbligatoria, in quanto bisogna far presente che il TULPS altro non è che il Regio Decreto n° 773 del 18 giugno 1931. Un decreto fascista passato solo con qualche lieve aggiornamento nell'ordinamento dello stato "democratico", e per il quale una riunione pacifica di (pochi) cittadini armati di secchi, spugne e cenci per protestare contro un'ordinanza comunale è passibile di denuncia penale con relative indagini e rinvio a giudizio.
Ci sarebbe a questo punto da trarre qualche conclusione, ma sinceramente non me ne sento capace. Dovrei essere preoccupato, e invece è tutto il giorno che non la smetto di ridere. Una barzelletta, un processo che –come ci ha detto l'avvocato prescelto- non si farà prima di due o tre anni, eccetera eccetera. Da ridere, certo; ma ci sarebbe da piangere. Questa è la libertà di esprimere e manifestare le proprie opinioni nell'Italia del 2008. Questo è il securitarismo. Questa è la repressione. Da piangere, certo, ma in preda alle risate che promanano dal ridicolo. Dal ridicolo di Stato.
Perché bisognerebbe avere il coraggio di dire semplicemente che lo Stato e il suo potere sono cose ridicole, senza senso, senza logica. Lo stesso Stato di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia è anche quello di Piazza della Libertà.
3 commenti:
La Cina è vicina... la prossima volta aspetta che passi un carrarmato!
cazzo aspetta il carrarmato!!???!
Non hanno mica vetri da pulire, i carrarmati!!!! ;-)
salud
"con l'ammenda da € 103,00 a 413,00."
Il tutto per evitare che i lavavetri guadagnino qualche spicciolo. Che sia una forma di bramosa concorrenza occulta?
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