giovedì 29 maggio 2008

Reliquiae, reliquiarum



C'è una cosa, nella religione cattolica, che non so se mi fa più sbellicare dal ridere o inorridire. Parlo del culto delle reliquie; la tibia di San Giuseppe, il fegato di san Pantaleone, la ghiandola pituitaria di Santa Cunegonda, il piloro di San Ponziano e magari anche l'uretra di San Filippo Neri. Conservate in veneratissime teche di cristallo e offerte al culto de' fedeli; pezzi rinsecchiti di corpi umani, escissioni cimiteriali che, se praticate su salme non altrettanto sante, configurerebbero agevolmente il reato di violazione e vilipendio di cadavere.

Addirittura riesumazioni intere, come nel recente caso di quel povero Forgione Francesco da Pietrelcina, che, se un giorno si risvegliasse dal sonno mortale (essendo santo, può farlo, perdìo!) e si ritrovasse attorno quella massa accaldata e isterica di ragionieri di Pontebba, di callcenteriste di Afragola e di presentatrici di pentole di Borgo Valsugana, secondo me s'incazzerebbe non poco pretendendo di tornare in una normalissima e fresca tomba.

Scrivo questo perché trovo tutto ciò semplicemente disumano. Negare la quiete della morte, spezzettare corpi, escindere organi, esporre parti che sono state vive nella loro putredine secolare. Così mi viene a mente una storia accaduta all'Elba, ma stavolta tanti e tanti secoli fa. Nei cosiddetti "secoli bui" dell'alto medioevo.

Viveva allora all'Elba, in romita solitudine alle pendici del monte Perone, un sant'uomo che aveva deciso di fuggire i mali del mondo; si chiamava Mamiliano. Non "Massimiliano"; proprio "Mamiliano". Ancora adesso, all'Elba, e solo all'Elba, è un nome ancora diffuso; io stesso ho un cugino che si chiama esattamente così. Successe insomma che, dopo che la fama di santità di Mamiliano si fu diffusa per tutta l'isola, qualche paese incominciò a contenderselo per le benedizioni e per i miracoli. Perché, ovviamente, di miracoli ne faceva; faceva vedere i ciechi, raddrizzava gli storpi, faceva cacare gli stitici e restituiva la verginità alle figliuole che l'avevano data un po' troppo presto, diciamo verso i sette anni e mezzo vista l'epoca (siamo esattamente nel V secolo dopo nostro signore Gesù Cristo).

Accadde l'irreparabile: i cavatori di San Piero e Sant'Ilario, vale a dire i progenitori di Victor Hugo, pretendevano che il santo Mamiliano fosse "loro"; ma quelli di Marciana non sentivano letteralmente cazzi e già gli dedicavano chiese e cappelle pur essendo ancora regolarmente vivo e vegeto. Il problema era che il romitorio di San Mamiliano, che più tardi fu utilizzato da un altro eremita detto San Cerbone, si trova esattamente a mezza strada tra San Piero/Sant'Ilario e Marciana. Posto migliore per suscitare casini, il povero Mamiliano non poteva averne trovato; e poiché era in età oramai più che avanzata, già principiavano certi appetiti sulle reliquie.

Avere reliquie da venerare, ora come allora, non era soltanto questione di fede. La era anche di quattrini. Una bella chiesotta con il corpo tutt'intero di un santo (e non importava neppure che fosse stato nominato ufficialmente tale da Santa Romana Chiesa) significava: gente che veniva da tutta l'isola. E la gente che veniva da tutta l'isola, magari sciroppandosi giorni di viaggio a piedi o a dorso di mulo, significava mercato. Insomma, faceva un gran comodo.

Solo che Mamiliano, a un certo punto, si ruppe i coglioni. Santo e eremita d'accordo, ma era pur sempre un sampierese e i sampieresi erano fatti di coccio anche nel V secolo dopo Cristo. Un bel mattino, senza dir nulla a nessuno, li mandò tutti in culo e, con l'aiuto di un pescatore che aveva una tartana, si fece portare a Montecristo. La quale, allora, aveva un altro nome antico che non ricordo; "Montecristo" fu chiamata poi, e proprio per il numero di eremiti che vi si rifugiavano. Lì intese vivere finalmente in perfetta solitudine e in santa pace.

Un'isola che, per accidenti della storia, è rimasta com'era allora. Chi magari mi legge e di Montecristo sa solo per via del romanzo di Dumas, mi deve immaginare a guardarmela dalle coste occidentali dell'Elba, quando si staglia con la sua forma triangolare. Non ci ho mai messo piede.

Costernati, i sampieresi, i santilariesi e i marcianesi presero atto della fuga del loro santo e si dettero pace, magari nell'attesa del prossimo bischero che voleva viver di radici e di preghiera. Come se, poi, anche tutti gli altri, a quell'epoca, non campassero di radici e di poc'altro. Mamiliano visse ancora qualche anno a Montecristo nella pace del Signore, finché un bel giorno non s'accorse che sorella Morte lo stava chiamando. Ai santi, come è noto, non piglia mai un colpo secco; o muoiono squartati orribilmente, segati in due o crocifissi nelle posture più fantasiose, oppure la Morte li avverte. Essendo che in quel posto dimenticato non poteva essere squartato, né aveva volontà alcuna di automartirizzarsi, Mamiliano udì l'avvertimento; e gli prese un umanissimo desiderio di non putrefarsi all'aria aperta o in una grotta, magari smangiato dalle capre (numerosissime sull'isola ancora oggi). Si mise a far dei segnali di fumo, i quali furono visti dall'Elba.

Gli elbani capirono immediatamente; poiché a Montecristo c'era solo Mamiliano, e poiché costui faceva dei segnali, significava che stava per morire. E si gettarono sulle barche. I sampieresi e i santilariesi dalla spiaggia di Campo, e i marcianesi da Sant'Andrea e dalla Zanca, convergendo tutti quanti su Montecristo. Nel frattempo, San Mamiliano, che doveva avere un'agonia bella robusta, s'era costruito una zattera temendo che non facessero in tempo a raccattarlo vivo, e s'era pure messo in mare.

Quando infine, poco al largo di Montecristo, fu intercettato mentre chiedeva ajuto, accadde il patatràcche. Steso com'era sulla zattera, i sampieresi/santilariesi e i marcianesi credettero che fosse oramai morto; e intrapresero una vera e propria battaglia navale a remate e bastonate, per accaparrarsene le venerabili spoglie. E furono crani spaccati, denti maciullati, bracci mutilati, remi ficcati nel culo, manate a schioppagòta, voli in mare, pedate nelle pudenda e barche affondate. Nel bel mezzo della pugna, qualcuno vide che il morto si muoveva; aveva alzato un braccio. Risvegliato da tutto quel gran casino, il povero Mamiliano aveva assistito alla battaglia che quei fedeli cristiani s'erano data per assicurarsi il suo cadavere.

Ma non fece in tempo a protestare; accortisti che l'oggetto del contendere era ancora vivo, per un momento i combattenti s'unirono decidendo di risolvere la questione una volta per tutte, per poi ricominciare a darsele di santa ragione. Da qualche parte sbucarono un paio di remi, i quali furono opportunamente stiantàti sul capo del pover'uomo agonizzante, fracassandogli la còccia e rendendolo –alfine!- un ammasso di belle, fresche e succulente reliquie.

Come spesso accade tra persone ragionevoli, una volta raggiunto lo scopo si passò dalla lotta ai conciliaboli, e fu ben presto trovato un accordo. Perché continuare a ammazzarsi, quando si poteva tranquillamente prendersi parti uguali? E così fu. Una volta a riva, si procedette al sezionamento; a Marciana finirono le gambe e qualche coratella, a San Piero il tronco e a Sant'Ilario la testa. Tutte reliquie che, in gran parte, si son perse coll'incedere de'secoli; ma qualcuna, sparsa, se ne trova ancora in alcune chiese di San Mamiliano diffuse in tutta la parte occidentale dell'Elba. Un fosso e una frazione di Campo dell'Elba si chiamano ancora San Mamiliano; l'eremo alle pendici del monte Perone è però chiamato di San Cerbone, dal nome del successivo occupante.

Vicende di secoli oscuri, certamente. Ma pensate un po' se in un futuro, prossimo o remoto, a qualcuno pungesse vaghezza di fare uno spezzatino di Padre Pio!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

TU! TU! TU!!!!
Non ne ho la certezza ma credo che sia proprio tu! Se non lo sei, ignora il commento, cancellalo, oh insomma, vedi un po' tu! ^^'''
Sono Selena, la figlia di Giovanni "Cirano", ti ricordi di me? Spero di sì, perché sia io che me' ma' ti ricordiamo con molto affetto. MI sono tante volte domandato che fine aveva fatto lo "zio" Riccardo (ti ricordi quando ti adottai come zio? per me lo sei ancora, anche se mi ricordo poco dei miei anni di bambina)
Ci sarebbero tante cose da dire, ma in questo momento non mi viene in mente niente! E.. ok, lo ammetto non ho letto una parola dell'intervento (e poche sparse el blog XD), tanta è l'emozioni di averti ritrovato! Spero mi perdonerai LOL
Perfavore, non risparire! Ti lascio la mia e-mail, raistlin.majere_@hotmail.it, please, scrivimi!

Con molto affetto

Sele

Riccardo Venturi ha detto...

Eccome che sono io, Selena, in (molta) carne ed ossa! :-)))
Ma che piacere enorme ritrovare sia te che la mamma! State pur sicure che vi scrivo immediatamente alla tua casella, e se tanto mi dà tanto vi arriva anche una telefonatONA! :-)
Mi fa piacere che ancora valga la "ziadozione" ehehehhe! Tanto più che oramai l'età canonica di zio ce l'ho (pur essendolo diventato sul serio a 17 anni). Insomma, come dire...se anche sto blog non servisse a niente, almeno per una bella cosa è stato utile!
Un bacione enorme a te e alla mamma e...a presto!