Ciononostante, stavolta in un afflato di ben più venturiana incoerenza, a me i cacciatori e la caccia proprio non mi riesce di farmeli stare simpatici; anzi, direi che in linea di massima mi stanno, sia in veste di singoli che in quella, ben più perniciosa, di lobby, notevolmente sul culo. E questo ben prima dell'attuale leggina berluscazziana, contro la quale persino qualche cacciatore un po' più dotato di gnègnero si è opposto. Gli anticaccia, quelli veri, duri & puri, avrebbero anche la mia ammirazione se non fosse che, davanti a un piatto di tagliatelle a i' sugo di cignale, o a un vasetto di sarcicce sott'olio, vengo colto da subitaneo deliquio e mi ci butto sopra come Klaus Dibiasi dalla piattaforma di 10 metri. Saranno, come si suol dire, umane debolezze, per le quali non accampo scuse; e, ovviamente, continuerò imperterrito sia a addentare manicaretti a base di cacciagione (cosa che mi capita, invero, al massimo due volte all'anno se va bene), sia a farmi stare sul culo i cacciatori e la loro attività (che almeno vorrei non fosse definita sport).
Ma, oggi, sono anema e core dalla parte dei cignali. Me li immagino nelle boscaglie maremmane di Bolgheri seduti in cerchio, con tutti i loro cignalini, a spanciarsi dalle risate. È successa, proprio da quelle parti, una cosa. Una di quelle cose che, caccia o anticaccia, cignale o tofu al seitan, mi ha fatto sobbalzare sulla sedia ritirando fuori tutto il mio mai sopito giacobinismo. Una festa di nobilastri, di aristocazzi di merda generalmente riciclatisi come imprenditori di successo, con la relativa e immancabile battuta di caccia. Al cignale, giustappunto. Trasformatasi all'improvviso in una qualsiasi battuta di proletari, di quelle dove -mi son sempre chiesto come mai- si fanno sempre fuori tra cognati. Lo si legge a metà agosto sui giornali, a ogni apertura della caccia: "Tragedia ne' boschi di Suvereto - Uccide il cognato durante la caccia", oppure, "Spara al cognato e lo ammazza, credeva fosse una quaglia" (sospetto che, almeno a volte, più che di quaglie si debba parlare di cervi e che dietro tutte 'ste ammazzatine venatorie ci siano inconfessabili regolamenti di conti in famiglia per questioni di corna).
Stavolta, invece, niente cognati. E niente proletari. C'è tutto il Gotha della zona, in quel "luogo magico e amatissimo dall’aristocrazia di tutta Europa" (così vola pindaricamente il "Corriere della Sera"). Stavolta l'impallinamento letale è toccato nientemeno che al conte Giuseppe Orlando, sposo di una Della Gherardesca e, quindi, discendente del Conte Ugolino. Sì, perché questi qui si sposano tuttora sempre fra di loro, si fanno le feste fra di loro, ci hanno le tenute più belle in Maremma, si accignalano reciprocamente le loro spose e, talora, durante il rito millenario capita loro di ammazzarsi a vicenda come dei bischeri qualunque. Come il Pinzauti Piero che fa fuori il cognato Lascialfari Giuseppe. Come il Degl'Innocenti Ettore che stende l'amico fraterno Bartoli Ottavio, con il quale andava a caccia fin da ragazzo.
Ora, magari, i cignali forse si aspetterebbero che queste cose toccassero giustappunto ai Pinzauti, ai Lascialfari e ai Bartoli, a questi vili pezzenti che possono anche accopparsi al massimo con un trafiletto di dieci righine in cronaca locale. Sì, perché di incidenti in questo "sport" che addirittura taluni vorrebbero chiamare arte ne succedono parecchi. Succede sempre dove, per un motivo o per l'altro, c'è gente che imbraccia delle armi. Invece no. I cignali debbono oggi ricredersi con gran sollazzo: nonostante tutta l'attrezzatura, nonostante le postazioni nascoste e i palchetti rialzati, ieri uno dei venti sceltissimi cacciatori di quelle nobìllime famigliuole d'antichissimo lignaggio ha spedito a babboriveggi il conte Orlando con un proiettile calibro 30 sparato da una carabina. Proiettile senz'altro destinato a un cignale che, oggi, ringrazia la su' madonna cignalessa non senza essersi debitamente pisciato addosso dal ridere.
O che ci volete fare. Io ero uno di quelli che, persino alle scuole medie, quando si faceva la Rivoluzione Francese tifavo quasi da stadio quando il professore spiegava degli incendi appiccati dai contadini alle avite tenute di quei parassiti merdosi, delle teste che rotolavano nei panieri, del cittadino Luigi Capeto portato al patibolo la livida mattina del 21 gennaio 1793 e di quella schifosa dell'Austriaca alleggerita anch'essa della testolina. Non mi hanno mai fatto brillare gli occhi né le vicende della Primula Rossa, né quelle dei Vandeani. Magari, all'epoca, è ragionevolmente certo che prima o poi anch'io sarei stato passato per l'invenzione del citoyen De Guillotin, ma pazienza; dé, vo' mètte. Abbasso tutti questi luridi, in ogni epoca e in ogni paese; e mi sia scusato se, nell'attuale paese dell'amore mi ostino a fare queste decise dichiarazioni di odio di classe.
Questi mica sono come me e come te, lettrice o lettore, anticaccia o cacciatore che tu sia. Questi trasformano ogni cosa in separazione, in recinzione. Le loro meravigliose tenute dove fanno i loro preziosissimi vinelli, come ad esempio il Sassicaia di quelle contrade lì: per farne una Molotov bisognerebbe averci fior di bigliettoni per acquistarne una bottiglia millesimata (e, peraltro, le molotov vengono meglio con le bottigliacce da spumante da du' soldi, quelle col fondo rialzato e di vetro spesso). Le loro élites. Il loro lusso orrendo mentre qui si crepa. Le loro spose, i loro figli e i loro avi che mica si possono chiamare come noi comuni mortali: il defunto Orlando era figlio di Sibilla e i suoi figli si chiamano Cloe e Tancredi. T'an credevi, eh, di finì sparato come un cognato qualsiasi di Montaione o di Vicchio del Mugello. T'an credevi che la tua "dinastia leader imprenditoriale nel campo del rame" (chissà se si serviva anche delle miniere cilene riprivatizzate da Pinochet...) tu non te la potessi più godere, proprio ora che il prezzo del rame, l' "oro rosso", è schizzato alle stelle, e che non so quanti poveracci e diseredati lo vanno persino a rubare dalle linee elettriche ad alta tensione o dalle traversine ferroviarie, rimettendoci sovente la buccia in un modo un po' meno nobiliare ed anche ben più atroce.
E allora, unendomi per una volta ai cignali che se la spassano, li invito a cantare assieme a me il Ça Ira!, che ce n'è uno in meno. Via questa merda puzzolente dalla faccia della terra. Via aristocratici, conti, baroni, grassi borghesi, imprenditori leader; e che la Maremma, e le sue terre, e le sue antiche case, i suoi boschi ed anche i suoi animali siano restituiti a chi lavora. Saremmo nati o no per marciare sulla testa dei re? Beh, intanto potremmo anche farlo su un nobile imprenditore sbudellato per la sua stronzata di rito millenario. Se ne fosse rimasto a passare la domenica a trombarsi la sua bella sposa, invece d'alzarsi all'alba per andare a giocherellare con le carabine, non gli sarebbe successo.
Nessun commento:
Posta un commento